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Ardengo Soffici
(✶1879   †1964)

Ardengo Soffici (Rignano sull'Arno, 7 aprile 1879 – Vittoria Apuana, 19 agosto 1964) è stato uno scrittore, saggista, poeta e pittore italiano.

Ardengo Soffici, Veduta serale del Poggio, 1952 (Fondazione Cariplo).

Nato da famiglia di agiati agricoltori, nella primavera del 1893 si trasferì a Firenze con la famiglia e assistette, senza nulla poter fare, alla rovina finanziaria del padre che li condusse alla povertà.

Vocazione per l'arte

I suoi studi, indirizzati verso l'arte e solo marginalmente verso la letteratura, furono presto interrotti ed egli dovette presto cercarsi un lavoro presso lo studio di un avvocato fiorentino. Risalgono a questo periodo i suoi contatti con un ristretto gruppo di giovani artisti che si muovevano intorno all'Accademia delle Arti e alla Scuola del Nudo dove erano maestri Giovanni Fattori e Telemaco Signorini. Soffici giunse attraverso la pittura nel mondo della cultura e da autodidatta divenne scrittore.

Il soggiorno parigino

Era intanto morto il padre e la madre si era trasferita presso alcuni parenti a Poggio a Caiano; così Soffici nel 1900 decise di abbandonare l'ambiente ristretto in cui viveva e, imitando alcuni amici artisti, si recò a Parigi. A Parigi Soffici lavora come illustratore su riviste importanti come L'Assiette au Beurre; è malpagato e conduce una vita di stenti e rinunce. Qui però ha la possibilità di incontrare artisti emergenti e già affermati come Guillaume Apollinaire, Pablo Picasso e Max Jacob, e frequentare il mondo vivace che si era formato intorno alla rivista La plume.

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Per quest'ultima e per L'Europe artiste scrive numerosi articoli. Importanti anche gli incontri con artisti e scrittori italiani, come Giovanni Vailati, Emilio Notte, Mario Calderoni e Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini, con il quale stringerà, al ritorno in Italia, una forte amicizia, nonostante la diversità di carattere. È in questo periodo che si formano le radici di Soffici scrittore. Egli infatti inizia a scrivere articoli di critica d'arte che invia al Papini. Gli articoli saranno pubblicati sul Leonardo con lo pseudonimo di Stefan Cloud ("nuvola di corone", ma forse solo "Stefano Nuvola").

Il ritorno in Italia

Rientrato a Firenze nel 1907 e stabilitosi a Poggio a Caiano, Soffici consolida la sua amicizia con Papini che incontrava al caffè Paszkowski, o che invitava nella casa del Poggio. Di quell'epoca è anche l'amicizia con Giuseppe Prezzolini, i cui scritti comparivano sul Leonardo sotto lo pseudonimo di Giuliano il Sofista. Quando Papini e Prezzolini fondano La Voce, nel 1908, egli ne disegna la testata e in seguito, con la cura delle rubriche d'arte, ne diventa uno dei più impegnati collaboratori.

Contemporaneamente inizia la collaborazione ad una singolare rivista mensile, La Riviera Ligure, pubblicata dai fratelli Angiolo Silvio e Mario Novaro ad Oneglia alla quale contribuivano con i loro scritti Giovanni Pascoli, Grazia Deledda, Giovanni Marradi, Luigi Pirandello, Francesco Chiesa e gli allora meno noti Marino Moretti e Massimo Bontempelli.

Intanto, grazie alla guida di Papini e Prezzolini e alla parte attiva che egli prende nelle discussioni e nelle polemiche tra idealisti, materialisti, spiritualisti, romantici, classicisti e modernisti dell'arte, si allarga il suo orizzonte culturale. Nel 1913, insieme a Giovanni Papini e Aldo Palazzeschi, fonda la rivista futurista Lacerba, che sarà pubblicata fino al 1915. In questo periodo (1910) Soffici ritorna a Parigi, dove viene a conoscenza dell'opera di Arthur Rimbaud, poeta allora quasi ignoto in Italia: nel 1911 pubblicherà nei Quaderni de La Voce una monografia su di lui.

Lo scontro con i futuristi

Rientrato in Italia nel 1911, visita una mostra di opere futuriste a Milano riportandone, come egli stesso dice, una "delusione sdegnosa" che manifesta in un articolo di critica su La Voce. La reazione dei futuristi è violenta: Marinetti, Russolo, Boccioni e Carrà, raggiungono Soffici a Firenze mentre siede al caffè delle "Giubbe Rosse" in compagnia di Prezzolini e Rosso.

Boccioni schiaffeggia Soffici e dalla reazione di questi e dei suo amici nasce una rissa furibonda, sedata da un commissario di Polizia. Il tumulto si rinnova la notte seguente alla stazione di Santa Maria Novella, quando Soffici e i suoi amici Prezzolini, Slataper e Spaini, vogliono rendere la pariglia ai futuristi in partenza per Milano. Lo scontro causerà grande clamore sulla stampa e ottima pubblicità per entrambe le fazioni. La riconciliazione con i futuristi avverrà più tardi, grazie alla mediazione dell'amico Aldo Palazzeschi.

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Gli anni di "Lacerba"

«...centro d'attrazione di quanti erano spiriti indipendenti, ardenti, appassionati di pura bellezza e di verità ardite spietate, di enunciazioni magari scandalose (...) di energia giovanile che ci spinge al combattimento ideale, un bisogno di aria nuova, un'allegra volontà di spoltrire il mondo circostante, di spalancar le frontiere dell'intelligenza e dell'arte per un principio di nuova umana universalità.»
(Stralcio del programma di Lacerba)

Con il passare del tempo l'insofferenza di Soffici e di Papini per Prezzolini si acutizza a causa dell'impostazione positivista con la quale quest'ultimo dirige La Voce.

La rivista pubblicava infatti dei Quaderni aperti ad ogni tendenza e ai più disparati argomenti, a somiglianza dei Cahiers de la Quinzaine, pubblicati a Parigi a cura di Charles Péguy; ma Prezzolini era ancorato a una formula "scientifica", mentre Papini e Soffici erano maggiormente aperti verso la letteratura e la poesia. Il 1º gennaio del 1913 Soffici, insieme a Papini, fonda la rivista Lacerba, che diventa l'organo ufficiale del futurismo. Il 21 febbraio 1913 partecipa alla storica "serata" futurista del teatro Costanzi, a Roma.

Nello stesso anno promuove la prima mostra futurista a Firenze e la tumultuosa serata futurista al Teatro Verdi. Nel 1914 pubblica con Papini "L'almanacco purgativo" e produce le opere più significative della sua stagione futurista, in cui dialoga con Cézanne e con i cubisti, influenzando molti altri aderenti al movimento di area fiorentina, tra cui Primo Conti, Roberto Iras Baldessari ed Emilio Notte. Alla fine del 1914 avviene la rottura con il movimento futurista milanese, siglato dal noto articolo di Papini "Il cerchio si chiude", apparso su Lacerba del 14 febbraio. La polemica è incentrata sul cosiddetto "marinettismo", considerato intriso di modernolatria e del culto per la macchina. Nello stesso anno pubblica Cubismo e oltre e Arlecchino. Nel 1915 appariranno invece per le Edizioni della Voce Giornale di bordo e BÏF§ZF+18. Simultaneità e chimismi lirici, che già dall'inconsueto titolo annuncia sperimentazioni letterarie condotte sul registro degli elementi strutturali della poesia.

In quel tempo incontra anche Dino Campana, che gli affida il manoscritto de Il più lungo giorno sperando di trovare in lui, grazie all'ampia conoscenza che egli aveva dell'ambiente culturale dell'epoca, un aiuto per la pubblicazione della raccolta. Ma Soffici non dà riscontro alla richiesta, ed anzi dimentica il manoscritto in una soffitta, dove verrà poi ritrovato dopo la sua morte. Lo smarrimento del manoscritto costrinse il poeta di Marradi a riscrivere a memoria l'intero poema.

La partecipazione alla guerra

Giunse la guerra, che Soffici aveva con forza auspicato sui fogli del Lacerba come reazione contro la "Kultur" germanica, considerata una minaccia mortale per l'intera umanità, ed egli si arruolò come volontario partecipando a diversi combattimenti sulla Bainsizza, restando ferito due volte e ottenendo una decorazione al valore militare. Da questa esperienza nasce il Kobilek-Giornale di battaglia (1918) e dall'esperienza seguente a Caporetto, come ufficiale addetto all'ufficio propaganda della 2ª Armata, nel 1917, La ritirata del Friuli, che uscirà nel 1919.

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Il Soffici del dopoguerra

Terminata la guerra Soffici diventa collaboratore de Il Popolo d'Italia, del Corriere della sera, di cui diresse la terza pagina, e di Galleria (mensile del Corriere Italiano). Nel 1919 fonda con Papini la rivista La Vraie Italie, che mira a un'intesa intellettuale tra l'Italia e gli altri Paesi europei: la rivista cessa le pubblicazioni dopo 12 numeri.

Soffici e il fascismo

Intanto, con il trascorrere degli anni, si andava manifestando un "uomo diverso". Il Soffici che aveva fatto conoscere agli amici fiorentini Cézanne, i cubisti, Apollinaire e che aveva espresso e ravviato l'entusiasmo per Rimbaud, ripiega verso uno stile decoroso e foscoliano classico e in politica aderisce al fascismo. Nel 1925 firma il Manifesto degli intellettuali fascisti, nel 1937 si allontana da Mussolini ma rimarrà fedele al regime fino alla sua caduta.

Nel 1938 compare nel manifesto, pubblicato sui giornali, firmato da molti intellettuali in appoggio alle leggi razziali appena emanate. Dopo l'armistizio di Cassibile aderisce alla Repubblica Sociale Italiana e, insieme a Barna Occhini, fonda la rivista Italia e civiltà che esce per 23 numeri nel 1944, propugnando l'amor patrio, il carattere sociale del fascismo, la fedeltà ai tedeschi. Dopo la guerra fu brevemente internato per collaborazionismo (assolto per insufficienza di prove), a Collescipoli vicino a Terni, insieme a Occhini.

Produzione letteraria

Le origini di Soffici scrittore sono da rintracciare nei Vagabondages lyriques pubblicati tra il 1904 e il 1906 sulle riviste La Plume e Europe artiste. Seguono i saggi di critica d'arte pubblicati sulla rivista Leonardo con lo pseudonimo di Stefan Cloud, ma la prima vera opera letteraria di Soffici è la stesura definitiva dell'Ignoto toscano che risale al 1907 nata da una scelta di pensieri, vedute e sentimenti di carattere letterario e religioso.

Il libretto doveva essere titolato Tragedia, oppure Figure (o figure allegre) su fondo nero volendo, come egli stesso dice in Fine di un mondo, "adombrare con questo titolo la sua concezione dell'universo". Il libretto viene stampato nel 1909 dal tipografo Vallecchi ed è composto da circa trenta pagine corredato da note sotto forma di una lettera semiseria indirizzata all'ipotetico Professor S.C., e porta una dedica a Filippo Ottonieri, a Didimo Chierico e al dottor Teufeldroeck.

Precedentemente, nel 1908, vi era stato il Saggio su Cézanne pubblicato su Vita d'Arte, che era piaciuto molto a Prezzolini, ed è del 1909 Il caso Rosso e l'impressionismo che dà inizio alla campagna in favore dello scultore italiano terminata con l'esposizione del 1910 a Firenze delle opere di Medardo Rosso e degli impressionisti francesi. A questi anni risale la traduzione dei racconti più significativi di Cechov che furono pubblicati sui Quaderni della "Voce" e conosciuti per la prima volta in Italia.

Per la rivista di Papini Cultura dell'anima, Soffici traduce anche, insieme allo scrittore danese Knud Ferlov, In vino veritas di Kierkegaard. Risalgono al 1911 le monografie su Arthur Rimbaud, il poète maudit, primo saggio critico straniero dedicatogli, e su Lemmonio Boreo che avrebbe dovuto svilupparsi in diversi volumi ed avere un significato avventuroso e satirico. Nel 1914 esce L'Arlecchino, una raccolta di prose varie che erano state precedentemente pubblicate su La Voce e su Riviera Ligure e da molti giudicato, insieme a Giornale di bordo, una delle opere più originali di Soffici.

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Seguiranno Simultaneità e Chimismi lirici nel 1915 dal titolo e dai contenuti fortemente futuristi (di quest'opera nel 2002 è stata fatta ristampa anastatica dall'editore Vallecchi). Papini scriverà che essi nascono «in uno stranissimo libro album che ha per copertina una compenetrazione di manifesti colorati a mano da lui coi più vivi blu, verdi, gialli, rossi che restassero ancor in Italia dopo la chiusura dell'importazione tedesca. Questo libro è tirato a trecento esemplari, costa cinque lire ed esce durante la guerra il che vuol dire che sarà letto da pochi. Eppure questo quaderno bizzarro resterà come uno dei punti più significativi e più vitalmente importanti della nostra letteratura».

Sono del 1918–19 i due libri di guerra, Kobilek e La ritirata del Friuli che possiedono la struttura del diario autobiografico. Da La giostra dei tempi a Salti nel tempo, raccolte di pensieri e prose che comprendono scritti che vanno dal 1920 al 1939, si rivela sempre di più un Soffici narratore che non presenta particolari sorprese. Così in Elegia dell'Ambra come nei versi dell'Adunata, pur essendoci un certo gusto neoclassico e riferimenti e cadenze del Leopardi delle Ricordanze e del Foscolo delle Grazie, manca il ritmo poetico.

Nel 1933 esce il Taccuino d'Arno Borghi un altro giornale di bordo che raccoglie pagine belle e alcune impressioni rare ma senza particolare evoluzione di stile. Nel 1948 viene riordinato in volume l’Itinerario inglese che era uscito nel 1928 sulla Gazzetta del Popolo e si giunge all'Autoritratto di un artista italiano nel quadro del suo tempo che reca la data 1951-1955 e che si articola in quattro volumi: L'uva e la croce, Passi tra le rovine, Il salto vitale e Fine di un mondo, nel quale Soffici, con una prosa discorsiva e familiare, narra i casi della sua vita, dall'infanzia alla maturità, fino alla guerra. Per l' "Autoritratto" gli viene conferito il Premio Marzotto, 1955.

Nel dopoguerra, negli anni 1949-1950, Ardengo Soffici aderisce al progetto della importante collezione Verzocchi (avente a tema Il lavoro nella pittura contemporanea ed attualmente conservata presso la Pinacoteca civica di Forlì), inviando, oltre ad un autoritratto, l'opera "La vangatura". Per concludere si ricordano le numerose opere di critica d'arte, da Cubismo e oltre, Cubismo e futurismo, Scoperte e massacri, Statue e fantocci, ecc. fino a Selva, arte che è del 1943 e ai 30 artisti moderni italiani e stranieri che è del 1950.

Poetica

Soffici, più che un futurista vero e proprio, può essere considerato, come dice nel suo saggio Pier Vincenzo Mengaldo, «un Apollinaire italiano in formato ridotto». Egli infatti era legato alle poetiche recenti per gusto di modernità stilistica come era d'uso a Parigi. Da Marinetti egli coglie la retorica e la tecnica dell'analogia, da Apollinaire l'assenza di punteggiatura, dalla pittura cubo-futurista gli accostamenti fantastici e dal nuovo cinema lo scorrere continuo delle immagini. Soffici usa con estrema disinvoltura un forte plurilinguismo, che va dal toscanismo al francesismo creando l'equivalente lessicale della sua poetica. Una poetica che si può chiamare della simultaneità spaziale e temporale.

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Opere

Poesia

Simultaneità – Chimismi lirici , Edizioni della "Voce", Firenze 1915
Elegia dell'Ambra, Firenze 1927
Marsia e Apollo, Vallecchi, Firenze 1938
Thréne pour Guillame Apollinaire, Milano 1927

Narrativa e prosa

Ignoto toscano, Firenze 1909
Lemmonio Boreo, Libreria della "La Voce", Firenze 1912
Arlecchino , Firenze 1914
Giornale di bordo, Libreria della "La Voce", Firenze 1915
Kobilek: giornale di battaglia, Vallecchi, Firenze 1918
La giostra dei sensi, Firenze 1918
La ritirata del Friuli, Vallecchi, Firenze 1919
Rete mediterranea, Firenze 1920
Battaglia fra due vittorie, Firenze 1923
Ricordi di vita artistica e letteraria, Firenze 1931
Taccuino di Arno Borghi, Firenze 1933
Ritratto delle cose di Francia, Roma 1934
L'adunata, Firenze',' 1936
Itinerario inglese, Firenze 1948
Autoritratto d'artista italiano nel quadro del suo tempo: 1. L'uva e la croce, Firenze 1951, 2. Passi tra le rovine, Firenze 1952, 3. Il salto vitale, Firenze 1954 4. Fine di un mondo, Firenze 1955
D'ogni erba un fascio. Racconti e fantasie, Firenze 1958
1939-1945, (con G. Prezzoloni), Milano 1962

Saggistica

Il caso Medardo Rosso e l'impressionismo, Firenze 1909
Arthur Rimbaud, Firenze 1911
Cubismo e oltre, Firenze 1913
Cubismo e futurismo, Firenze 1914
Serra e Croce, Firenze 1915
Cubismo e futurismo e oltre, Firenze 1919
Scoperte e massacri, Firenze 1919
Primi principi di un'estetica futurista, Firenze 1920
Giovanni Fattori, Roma 1921
Armando Spadini, Firenze 1925
Carlo Carrà, Milano 1928
Periplo dell'arte, Firenze 1928
Medardo Rosso: 1858-1928, Firenze 1929
Ugo Bernasconi, Milano 1934
Apollinaire, Firenze 1937
Salti nel tempo, Firenze 1938
Selva: arte, Firenze 1938
Trenta artisti moderni italiani e stranieri, Firenze 1950

Epistolari

G. Prezzolini – A. Soffici, Carteggio. I. 1907-1918, a cura di M. Richter, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1977
G. Ungaretti, "Lettere a Soffici 1917-1930", a cura di P. Montefoschi e L. Piccioni, Sansoni, Firenze, 1981.
G. Prezzolini – A. Soffici, Addio a Papini, a cura di M. Attucci e L. Corsetti, Poggio a Caiano – Prato, Associazione Culturale Ardengo Soffici – Pentalinea, 2006
A. Soffici – U. Bernasconi, Carteggio 1923-1960, a cura di M. d'Ayala Valva, Poggio a Caiano – Prato, Associazione Culturale Ardengo Soffici – Pentalinea, 2008
A. Soffici, "Vedo che il cielo tende a schiarsi..."."Lettere a Stanislao Paszkowski (1945-1946)", a cura di Anna Casini Paszkowski, Poggio a Caiano – Prato, Associazione Culturale Ardengo Soffici – Pentalinea, 2008
Marco Moretti, Ardengo Soffici a Dilvo Lotti. Lettere inedite 1940-1963, Ed. Pentalinea, 2002.
A. Soffici, S. Férat, H. d'Oettingen, Correspondance 1903-1964, édition établie par B. Meazzi, postface de F. Livi, Lausanne, L'Âge d'Homme, 2013.

Archivio personale

Presso la Soprintendenza archivistica per la Toscana è depositato il suo archivio personale contenente: lettere, carte personali, taccuini e diari, manoscritti e bozze, ritagli di giornali con suoi articoli, rassegne stampa su di lui, cataloghi di mostre, foto.

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Bibliografia

Emilio Cecchi, «SOFFICI, Ardengo». In: Enciclopedia Italiana Treccani, 1936.
G. Raimondi – L. Cavallo, Ardengo Soffici, Firenze, Nuovedizioni Enrico Vallecchi, 1967
M. Richter, La formazione francese di Ardengo Soffici 1900-1914, Milano, Vita e Pensiero, 1969.
Sigfrido Bartolini, "Ardengo Soffici. L’opera incisa", introduzione di G. Prezzolini, Prandi, Reggio Emilia, 1972.
"Ardengo Soffici L’artista e lo scrittore nella cultura del 900" a cura di G. Pampaloni, atti del Convegno di studi, Villa Medicea, Poggio a Caiano, 7-8 giugno 1975, Centro Di, Firenze, 1976.
F. Grisi, Il tessitore arabo, Ardengo Soffici, in La penna e la clessidra, Giovanni Volpe Editore, Roma 1980, pp.233–235.
Giuseppe Antonio Camerino, «SOFFICI, Ardengo». In: Enciclopedia Italiana Treccani - IV Appendice, 1981.
L. Cavallo, Soffici. Immagini e documenti (1879-1964), Firenze, Vallecchi, 1986.
Ardengo Soffici: l'originalità del frammento, in Storia della Letteratura italiana del Novecento, a cura di Giacinto Spagnoletti, Newton Compton, Roma 1994, pp. 176-178.
Pagine per Soffici a quarant'anni dalla scomparsa, a cura di L. Corsetti e M. Moretti, Poggio a Caiano – Prato, Associazione Culturale Ardengo Soffici – Pentalinea, 2004
M. Richter, Papini e Soffici. Mezzo secolo di vita italiana (1903-1956), Firenze, Le Lettere, 2005.
G. Ballerini, Ardengo Soffici. La grande mostra del 1920, Poggio a Caiano – Prato, Associazione Culturale Ardengo Soffici – Pentalinea, 2007.
Soffici 1907/2007. Cento anni dal ritorno in Italia, catalogo della mostra di Poggio a Caiano a cura di L. Cavallo, Prato, Claudio Martini Editore, 2007.
Simonetta Bartolini, "Soffici, il romanzo della vita", Firenze, Le Lettere, 2009.
Sigfrido Bartolini "Con Soffici- Resti di memoria", Ed. Vallecchi, Firenze, 2003.
L’Uomo del Poggio – Ardengo Soffici, a cura di Sigfrido Bartolini, con scritti di G. Accame, S. Bartolini, P. Buscaroli, F. Gianfranceschi, V. Horia, F. Messina, E. Nistri, B. Occhini, M. Richter, R. Ridolfi, S. Solinas e M. Tobino, Ed. Volpe, Roma, 1979.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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