Indietro Indice Autori Italiani

Carlo Cassola
(✶1917   †1987)

Carlo Cassola (Roma, 17 marzo 1917 – Montecarlo, 29 gennaio 1987) è stato uno scrittore e saggista italiano.

Si affaccia alla letteratura all'incirca all'inizio della seconda guerra mondiale, dopo la prosa d'arte, esperienza a lui estranea, accanto all'ermetismo. Dell'ermetismo accoglieva il gusto dell'essenzialità, della poesia come assoluto, anche nella prosa (al di fuori dunque del «resoconto», della psicologia, delle determinazioni ideologiche e culturali sentite come ingombranti rispetto alla pura intelligenza spirituale del vivere), che egli interpretava, nel campo narrativo suo proprio, come attenzione esclusiva all'esistenziale.

Le origini familiari e la fanciullezza

Carlo Cassola nacque a Roma, nel quartiere Salario, il 17 marzo 1917, ultimo di cinque figli, da Maria Camilla Bianchi di Volterra e da Garzia Cassola, di origini lombarde, ma trapiantato da molto tempo in Toscana. Il nonno paterno, Carlo, era un magistrato e un fervente patriota che aveva partecipato alle dieci giornate di Brescia e poi era stato esule in Svizzera per sfuggire alle numerose condanne. Al termine del Risorgimento era poi diventato presidente del tribunale di Volterra e si era sposato, a cinquantadue anni, con Rosa Belli. Così scriveva lo scrittore nel 1966 in una lettera a Indro Montanelli

«S'era sposato tardi (...) (e questo spiega perché tra lui e me ci corra un secolo, anzi 103 anni); tuttavia ebbe lo stesso sette figli»
(a Montanelli, 8 febbraio 1966.)

Il padre era invece un militante socialista e redattore dell'«Avanti!» al tempo della direzione di Leonida Bissolati: «Mio padre era un uomo dell'800. Io lo ricordo così, e non credo di ricordarlo male. Non si rendeva conto che nel nostro secolo i problemi erano cambiati. Non si rendeva conto soprattutto che il nazionalismo avrebbe fatto solo del male e, nell'era atomica, un male irreparabile».

continua sotto




La fanciullezza di Cassola «non era quella di un bambino, di un ragazzo felice» causa della sua infelicità può farsi risalire al fatto che, avendo fratelli molto più grandi di lui, si sentisse un po' nella situazione di figlio unico per i genitori. Si aggiunge inoltre la sua indole che lo portava all'isolamento, il suo scarso spirito di iniziativa e la fervida immaginazione che sarà negli anni giovanili la più attiva e dominante. Come Cassola stesso scriverà nei suoi Fogli di diario, «... bastava un nome a emozionarlo, a mettergli in moto la fantasia, col risultato di allontanargli spesso e deprezzargli tutto ciò che sapeva di reale e obbediva a ragioni pratiche.»

Sempre nei Fogli di diario egli ci lascerà testimonianza di questo suo particolare modo di sentire e infatti per lui aveva un senso, più di quello che vedeva, ciò che apprendeva indirettamente, magari solamente dietro l'evocazione di un nome. «Una volta mio fratello (...) disse qualcosa a proposito di un tale che andava tutti i giorni a Settecamini. Venni a sapere che Settecamini era vicino a Roma. Ora Roma mi pareva una città morta, appunto perché ci stavo. Malgrado ciò, quella borgata divenne per me un posto meraviglioso. Ci fantasticai per mesi. Settecamini! Non era un puro nome, si associava ad esso l'immagine di quel tale che ci andava in motocicletta. Ma supponiamo che mio fratello mi avesse detto: andiamo a Settecamini. Che magari mi avrebbe proposto di andare in motocicletta. Credo che avrei rifiutato. Perché? Perché sapevo in partenza che sarebbe stata una delusione. La Settecamini vista con i miei occhi non avrebbe mai posseduto l'incanto della Settecamini evocata dalle parole di mio fratello».

Carlo si rifugiava volentieri nei libri che, fin da quando non sapeva leggere, lo attiravano molto. «I libri mi attirarono quando ancora non sapevo leggere. Due voluminosi trattati di zoologia furono tra i primi a capitarmi fra le mani: uno era dedicato ai Mammiferi, l'altro agli Uccelli». Più avanti, quando ormai aveva acquisito la padronanza della lettura, legge e si appassiona ai romanzi d'avventura di Salgari e di Verne che gli lasciano immaginare vasti spazi geografici e incontri straordinari. Leggerà anche le Poesie del Carducci che gli riportano le immagini della Toscana con la Maremma, il Chiarone, la Torre di Donoratico, i cipressi di Bolgheri.

continua sotto




L'educazione scolastica e le prime esperienze

L'educazione scolastica del futuro scrittore fu regolare, anche se l'esperienza della scuola verrà in seguito considerata un fallimento, tanto da fargli scrivere, nel 1969, «Scuola di criminalità, ecco cos'è la scuola oggi, non solo da noi ma dappertutto. E la colpa risale alla cultura laica o religiosa che sia. A questa grande spacciatrice di droghe; a questo autentico oppio del popolo».

Nel 1927 Cassola inizierà a frequentare il Regio liceo-ginnasio Torquato Tasso e nel 1932 si iscriverà al liceo classico Umberto I ma di quegli anni ricorda che leggeva solamente Pascoli e che dai classici e dal modo in cui gli venivano insegnati ebbe solamente "disgusto". Per scoprire il piacere della letteratura e sentirla come una cosa viva dovrà scoprire gli scrittori contemporanei da solo o con l'aiuto di qualche amico che frequenta. È quello l'anno in cui Riccardo Bacchelli pubblica Oggi, domani e mai, Antonio Baldini Amici miei e Leonida Répaci I fratelli Rupe, libri che il giovane Cassola riesce a procurarsi.

Cassola negli anni del liceo frequenterà i figli di Mussolini (era compagno di classe di Vittorio), Ruggero Zangrandi e Mario Alicata e collaborerà ad una rivista studentesca, La penna dei ragazzi, fondata proprio da Vittorio. La rivista, che prese nel 1934 il nome di Anno XII per segnare l'età fascista, terminerà con Anno XIII quando ormai i suoi promotori avevano finito il liceo. Fu proprio nel numero del 10 gennaio 1935 di Anno XIII che Cassola ebbe il primo riconoscimento come scrittore, anzi di poeta.

Nel 1933 assisterà, nel cinema del quartiere dove viveva a Roma, alla prima proiezione del film Á nous la liberté di René Clair che fu determinante per la sua maturazione artistica. «... cominciai a guardare il film con crescente interesse. Senza che me ne fossi accorto, ero mutato e avevo cominciato a guardare le cose in altro modo. Fu Piero Santi a farmelo capire: molto più tardi, nel luglio del 1935. Io ero un passatista; fu lui a farmi capire la bellezza dell'arte moderna».

L'adesione al Movimento Novista Italiano
Il 16 marzo 1933 Zangrandi, insieme con Vittorio Mussolini (che però presto si ritirerà) e altri cinque adolescenti, tra cui il quindicenne Cassola, aveva fondato un movimento che venne denominato «Novismo» di dissidenza giovanile antifuturista e che ebbe nel maggio il suo bravo Manifesto; si trattava di una presa di posizione che aveva immediatamente suscitato reazioni sul settimanale «Futurismo» per le inevitabili implicazioni dei rapporti arte-politica e la pretesa dei futuristi di essere gli unici depositari dell'arte nel fascismo.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

1/7
Pagina successiva
Indietro Indice Autori Italiani