Usmare

Da “Domande e Risposte” del Treccani in rete: «Ho letto, in una recente pubblicazione a stampa, il termine “usmare”. Ne ho ricercato il significato anche sul vostro sito, ma inutilmente. Dal contesto in cui è stato usato, ho dedotto che il senso del verbo possa essere ricondotto al significato di “annusare in modo rumoroso”, tipico degli animali che, con foga e/o eccitazione, si concentrano su un oggetto o su un altro animale che ne abbia attirato l’attenzione. È corretta tale mia interpretazione?»

L’interpretazione è corretta. La parola, che ha corrispettivi in molte parlate dialettali qui e là per l’Italia (si va dal calabrese settentrionale osimareal lombardo usmà), è di diffusione regionale, ma va detto che nella letteratura ha i suoi estimatori senza declinazioni localistiche.
Leggendo la voce usmarenel Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia, scopriamo che il verbo è stato usato da Carlo Emilio Gadda (nel romanzo La cognizione del dolore) e, più di recente, da Stefano Benni, nel significato per l’appunto di odorare, fiutare.
Certo, l’usmareè tipico degli animali — si pensa subito ai cani da caccia che seguono l’usta lasciata dalla preda —, ma Gadda ne fa, come ci si poteva aspettare, un uso espressionisticamente figurato: «E poi scoppia fuori in un verso che è buono solo lui di farlo, come fosse il diavolo a ridere, ai piedi d’un morto, che lo ha appena usmato e sta per beccarselo via».
Usmare ha corrispondenze anche in altre lingue d’area romanza, dice il Battaglia, citando lo spagnolo antico osmar e il portoghese usmar. Proviene da una voce latina non attestata per iscritto, osmare, a sua volta dal verbo greco ὀσμάομαι, osmáomai (che deriva dal sostantivo ὀσμή, osmé, fiuto).

Il verbo in questione è “immortalato” in numerosi libri.

16-06-2017 — Autore: Fausto Raso