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Giordano Bruno
(✶1548   †1600)

De umbris idearum

Il volume comprende due testi, il De umbris idearum propriamente detto, e l'Ars memoriae. Nelle intenzioni dell'autore, il volume, di argomento mnemotecnico, è distinto così in una parte di carattere teorico e in una di carattere pratico.

Per Bruno l'universo è un corpo unico, organicamente formato, con un preciso ordine che struttura ogni singola cosa e la connette con tutte le altre. Fondamento di quest'ordine sono le idee, principi eterni e immutabili presenti totalmente e simultaneamente nella mente divina, ma queste idee vengono ombrate e si separano nell'atto di volerle intendere. Nel cosmo ogni singolo ente è dunque imitazione, immagine, ombra della realtà ideale che la regge. Rispecchiando in sé stessa la struttura dell'universo, la mente umana, che ha in sé non le idee ma le ombre delle idee, può raggiungere la vera conoscenza, ossia le idee e il nesso che connette ogni cosa con tutte le altre, al di là della molteplicità degli elementi particolari e del loro mutare nel tempo. Si tratta allora di cercare di ottenere un metodo conoscitivo che colga la complessità del reale, fino alla struttura ideale che sostiene il tutto.

Tale mezzo si fonda sull'arte della memoria, il cui compito è di evitare la confusione generata dalla molteplicità delle immagini e di connettere le immagini delle cose con i concetti, rappresentando simbolicamente tutto il reale.

Ars memoriae

Nel pensiero del filosofo, l'arte della memoria opera nel medesimo mondo delle ombre delle idee, presentandosi come emulatrice della natura. Se dalle idee prendono forma le cose del mondo in quanto le idee contengono le immagini di ogni cosa, e ai nostri sensi le cose si manifestano come ombre di quelle, allora tramite l'immaginazione stessa sarà possibile ripercorrere il cammino inverso, risalire cioè dalle ombre alle idee, dall'uomo a Dio: l'arte della memoria non è più un ausilio della retorica, ma un mezzo per ri-creare il mondo. È dunque un processo visionario e non un metodo razionale quello che Bruno propone.

A similitudine di ogni altra arte, quella della memoria ha bisogno di sostrati (i subiecta), cioè "spazi" dell'immaginazione atti ad accogliere i simboli adatti (gli adiecta) tramite uno strumento opportuno. Con questi presupposti, l'autore costruisce un sistema che associa alle lettere dell'alfabeto immagini proprie della mitologia, in modo da rendere possibile la codifica di vocaboli e concetti secondo una particolare successione di immagini. Le lettere possono essere visualizzate su diagrammi circolari, o "ruote mnemoniche", che girando e innestandosi l'una dentro l'altra, forniscono strumenti via via più potenti.

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Cantus Circaeus

L'opera, sempre in latino, è composta da due dialoghi. Protagonista del primo è la maga Circe che risentita dal constatare che gli umani si comportino come animali, opera un incantesimo trasformando gli uomini in bestie, mettendo così in luce la loro autentica natura. Nel secondo dialogo Bruno, dando voce a uno dei due protagonisti, Borista, riprende l'arte della memoria mostrando come memorizzare il dialogo precedente: al testo si fa corrispondere uno scenario che viene via via suddiviso in un maggior numero di spazi e i vari oggetti lì contenuti sono le immagini relative ai concetti espressi nello scritto. Il Cantus resta dunque un trattato di mnemotecnica nel quale però il filosofo già lascia intravedere tematiche morali che saranno ampiamente riprese in opere successive, soprattutto nello Spaccio de la bestia trionfante.

Candelaio

Ancora nel 1582 Bruno pubblica infine il Candelaio, una commedia in cinque atti in cui alla complessità del linguaggio, un italiano popolaresco che inserisce termini in latino, toscano e napoletano, corrisponde l'eccentricità della trama, fondata su tre storie parallele.

Esterno della chiesa di Santa Maria Assunta dei Pignatelli, in Largo Corpo di Napoli, presso il Seggio del Nilo, dove Bruno ambienta il suo Candelaio. Il nome deriva dalla statua del dio Nilo.

La commedia è ambientata nella Napoli-metropoli del secondo Cinquecento, in posti che il filosofo ben conosceva per avervi soggiornato durante il suo noviziato. Il candelaio Bonifacio, pur sposato con la bella Carubina, corteggia la signora Vittoria ricorrendo a pratiche magiche; l'avido alchimista Bartolomeo si ostina a voler trasformare i metalli in oro; il grammatico Manfurio si esprime in un linguaggio incomprensibile. In queste tre storie si inserisce quella del pittore Gioan Bernardo, voce dell'autore stesso che con una corte di servi e malfattori si fa beffe di tutti e conquista Carubina.

In questo classico della letteratura italiana, appare un mondo assurdo, violento e corrotto, rappresentato con amara comicità, dove gli eventi si succedono in una trasformazione continua e vivace. La commedia è una feroce condanna della stupidità, dell'avarizia e della pedanteria.

Interessante nell'opera la descrizione che Bruno fa di sé stesso:

«L'autore, si voi lo conoscete, direste ch'ave una fisionomia smarrita: par che sii in contemplazione delle pene dell'inferno, par sii stato alla pressa come le barrette: un che ride sol per far come fan gli altri: per il più lo vedrete fastidito e bizzarro, non si contenta di nulla, ritroso come un vecchio d'ottant'anni, fantastico com'un cane ch'ha ricevute mille spellicciate, pasciuto di cipolla.»
(da Il candelaio, a cura di Augusto Guzzo, introduzione di Antonio Riccardi, Milano, Mondadori, 1994, p. 16)
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In Inghilterra

Nell'aprile 1583 Giordano Bruno lascia Parigi e parte per l'Inghilterra dove, a Londra, è ospitato dall'ambasciatore di Francia Michel de Castelnau. Nelle deposizioni lasciate agli inquisitori veneti egli sorvola sulle motivazioni di questa partenza, riferendosi genericamente ai disordini là in corso per questioni religiose. Sulla partenza restano però aperte altre ipotesi: che Bruno fosse partito in missione segreta per conto di Enrico III; che il clima a Parigi si fosse fatto pericoloso a causa dei suoi insegnamenti.

Nel mese di giugno Bruno è a Oxford, e nella chiesa di St. Mary sostenne con uno di quei professori una disputa pubblica. Tornato a Londra, vi pubblicò, in un unico testo, l'Ars reminiscendi, l'Explicatio triginta sigillorum e il Sigillus sigillorum, nel quale testo inserì una lettera indirizzata al vice cancelliere dell'Università di Oxford, scrivendo che là «troveranno dispostissimo e prontissimo un uomo col quale saggiare la misura delle proprie forze». È una richiesta di poter insegnare nella prestigiosa Università. La proposta viene accolta: nell'estate del 1583 Bruno parte per Oxford.

Sigillus sigillorum

Opera considerata di argomento mnemotecnico, il Sigillus, in lingua latina, è una concisa trattazione teorica nella quale il filosofo introduce tematiche decisive nel suo pensiero, quali l'unità dei processi cognitivi; l'amore come legame universale; l'unicità e infinità di una forma universale che si esplica nelle infinite figure della materia, e il "furore" nel senso di slancio verso il divino, argomenti che saranno di lì a poco sviluppati a fondo nei successivi dialoghi italiani. È presentato inoltre in quest'opera fondamentale un altro dei temi nucleari del pensiero di Bruno: la magia come guida e strumento di conoscenza e azione, argomento che egli amplierà nelle cosiddette opere magiche.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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