Essere pettegolo come una taccola

Questo modo di dire dovrebbe esser noto ai lettori veneti derivando, la voce pettegolo, dal dialetto veneto, appunto, petegolo (propriamente piccolo peto, vale a dire rumore intemperante e sgradevole). Il pettegolo, infatti, con le sue chiacchiere e commenti maliziosi su altre persone non emette sempre un chiacchiericcio, quindi, un rumore sgradevole? E perché come una taccola? È presto detto.
La taccola, un uccello dei passeriformi simile alla cornacchia, vive in comunità e si unisce sempre a gruppi di corvi emettendo un verso continuo e articolato che unito ai versi degli altri uccelli appare come un ininterrotto chiacchiericcio. Di qui il paragone metaforico con la persona pettegola.
Occorre dire, però, per dovere di cronaca, che alcuni autori fanno derivare la voce, o meglio la connettono a putus, ragazzo, attraverso una forma diminutiva di puticolus (fanciullo e i fanciulli — si sa — non stanno mai zitti); altri a petere, andare verso, ricercare e il petente — anche questo si sa — non sta mai zitto: con le sue richieste diventa assillante.
Il modo di dire si usa anche nella variante pettegolo come una portinaia, ossia chiacchierone, come la tradizione descrive le portinaie, che solitamente si intromettono nei fatti degli altri e sanno tutto ciò che riguarda gli inquilini del palazzo.

04-09-2020 — Autore: Fausto Raso