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Erminio Juvalta
(✶1863   †1934)

Una volta riconosciuto il contenuto di quel postulato morale e pensato come un valore che può essere vissuto ed accettato da un soggetto agente e concreto, allora si creano i presupposti di base perché una coscienza riconosca in esso un'intrinseca validità, che trova una sua precisa giustificazione solo a partire dalla sua intima natura assiologica. È proprio questo suo riferimento al contenuto di valore morale che costringe Juvalta a rivedere i limiti di una filosofia morale incardinata su binari formalistici e a non accettare tout court la filosofia morale di Kant.

L'ambito della giustificazione e l'ambito esecutivo

Assumere come principi della ricerca etica l'autonomia, l'antifondazionalismo, l'antiformalismo porterà Juvalta a distinguere l'ambito della giustificazione, cioè il momento riflessivo che ci vede impegnati nella ricerca di ragioni che possano difendere razionalmente la scelta dei nostri fini e dei nostri valori, dall'ambito esecutivo che invece coinvolge il momento motivazionale dell'azione ed è fortemente condizionato da elementi contingenti legati al momento storico, sociale e culturale nel quale gli uomini si trovano ad agire. Con un atteggiamento tipicamente moderno Juvalta difenderà la possibilità dell'esistenza di una pluralità di fini morali sia sul piano teorico che pratico, e con la stessa energia cercherà di trovare una soluzione per definire le precondizioni teoriche che rendano possibile una compatibilità tra i diversi valori.

Il vecchio e il nuovo problema della morale

La modernità ha definito un passaggio epocale e pieno di tensione nel campo della filosofia morale ed ha segnato il tramonto di un'unica, grande e coerente visione dell'etica. Con l'avvento dell'epoca moderna si è fatta strada l'idea del tutto legittima dell'accettazione di differenti sistemi di valori e di diverse visioni del mondo, i quali trovano, da questo momento, una loro precisa dignità e legittimità in virtù delle ragioni che le diverse dottrine filosofiche hanno saputo elaborare in favore della loro sostenibilità. Juvalta invita a prendere coscienza di questo cambiamento di prospettiva e a considerarlo, asetticamente, come un passaggio dal vecchio problema della morale, in cui il fine principale era la ricerca di una fondazione dell'etica e di una giustificazione dell'esigenza del bisogno di moralità all'interno di ogni coscienza, al nuovo problema della morale riassumibile nella domanda; come possiamo decidere i beni e i valori desiderabili in sé una volta che abbiamo accertato l'esistenza di una pluralità dei postulati di valutazione morale?

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La scelta del fine supremo e i limiti del razionalismo etico

Juvalta vede nel momento della determinazione della scelta del fine supremo, il cui contenuto costituisce la base per il postulato di valore primario, il principale limite del razionalismo etico. La razionalità può solamente giustificare, cioè portare ragionamenti a favore di una tesi, o stabilire relazioni e deduzioni tra elementi di un sistema, in questo caso valori, che sono legati dalla loro stessa natura; ma essa non può imporre i fini. La razionalità accetta, per così dire, il giudizio di valore morale come un dato, ma non lo può stabilire lei in via preliminare perché nel campo etico la razionalità non riesce a cogliere interamente la natura dei nostri giudizi di valore.

“la ragione per quanto si faccia non dà valori; la ragione esige la coerenza; teorica: dei giudizi fra di loro e con i principi e i dati su cui si fondano; pratica: delle valutazioni derivate e mediate con le valutazioni direttamente o postulate, e delle azioni con le valutazioni.”

“…le valutazioni sono, come espressioni di una esperienza interiore sui generis, valide di per sé…”

I valori ultimi di Libertà e Giustizia

Tuttavia il messaggio di Juvalta contiene anche un aspetto propositivo, non secondario. Anche se esiste una pluralità di valori che la coscienza può scegliere come fini, i quali si costituiscono come le linee guida della nostra condotta individuale, una volta adottato il criterio razionale di universalizzazione dei valori è possibile intuire che le scelte si riducono rispetto a quelle che la ragione può immaginare come possibili e, soprattutto, viene meno la completa arbitrarietà della scelta originaria. Juvalta è convinto che due valori su tutti debbano essere visti come i fini supremi su cui improntare la nostra vita e organizzare le nostre società, vale a dire i valori di libertà e giustizia. Libertà e giustizia costituiscono le precondizioni della vita morale e gli unici valori, tra quelli possibili, che risultano universalizzabili; essi sono le sole precondizioni che permettono ad ogni essere umano di realizzare il proprio fine e di raggiungere i propri beni (valori), in vista di una totale e piena realizzazione della natura umana, senza limitare la ricerca della moralità degli altri membri della società. Libertà e giustizia rappresentano per così dire i cardini di ogni sistema morale con i quali poter impostare se non un vero e proprio ripensamento di ogni pratica umana almeno una profonda critica ai modelli di società dominanti quali l'individualismo liberale, l'autoritarismo o la proposta socialista.

“La libertà esprime l'esigenza delle condizioni soggettive necessarie a fare dell'uomo una persona padrona di sé di fronte a sé e di fronte ad ogni altra persona; la giustizia esprime l'esigenza delle condizioni obbiettive necessarie all'esercizio universalmente efficace di questa libertà.”

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Opere

Juvalta non fu un pensatore sistematico e non cercò mai di definire un sistema filosofico che rendesse ragione dell'organicità del suo pensiero. Egli era sostanzialmente contrario a ingabbiare la riflessione filosofica in grandi narrazioni o in arbitrari sistemi, dal momento che era fermamente convinto che il pensiero soprattutto etico sfuggisse per così dire all'idea di sistematicità e organicità che aveva così profondamente caratterizzato la maggior parte del lavoro filosofico ottocentesco. Per questo motivo non troveremo dunque un corpus di studi juvaltiano che si configuri come summa del suo pensiero. D'altra parte questo non significa che non esiste un'evoluzione all'interno della sua riflessione, o che la sua proposta nel campo della filosofia morale non trovi una sua coerenza e una struttura di fondo ben definita. La sua produzione si caratterizza per essere organizzata in una serie di articoli apparsi nelle riviste di filosofia italiane più apprezzabili di inizio novecento. Tutti gli articoli più significativi sono stati poi raccolti nel volume I limiti del razionalismo etico, curato dal suo allievo Ludovico Geymonat. Tra saggi contenuti nel volume vale la pena ricordare alcuni importanti lavori che hanno segnato lo sviluppo del pensiero di Juvalta:

E. Juvalta, I limiti del razionalismo etico, a cura di L. Geymonat, Einuadi, Torino 1945.

Il volume raccoglie i seguenti saggi:

Prolegomeni a una morale distinta dalla filosofia, Tip. Bizzoni, Pavia 1901.
Le dottrine delle due etiche di Herbert Spencer, in «Rivista filosofica», VI (1904).
Per una scienza normativa morale, in «Rivista filosofica», VII (1905).
Il fondamento intrinseco del diritto secondo il Vanni, in E. JUVALTA Su la possibilità e i limiti della morale come scienza, Bocca, Torino 1905.
Il metodo dell'economia pura nell'etica, in «Rivista filosofica», IX (1907).
Postulati etici e postulati metafisici, in «Rivista di filosofia», II (1910).
Postulati etici e imperativo categorico, «Atti IV congresso internazionale di filosofia» (Bologna 1911) vol. III, Formiggini, Genova 1991.
Su la pluralità dei postulati di valutazione morale, in «Atti del IV congresso della società filosofica» (Genova 1912), Formiggini, Genova 1912.
Il vecchio e il nuovo problema della morale, Zanichelli, Bologna 1914.
In cerca di chiarezza. Questioni di morale. I. I limiti del razionalismo etico, Lattes, Torino 1919.
Per uno studio dei conflitti morali, in «Rivista di filosofia», XIX (1927).
Osservazioni sulla dottrina morale di Spinoza, in «Rivista di filosofia», XXI (1929).

Scritti su Erminio Juvalta

D. Basciani, Erminio Juvalta e l'etica della giustizia, Desclèe, Roma 1966.
F. Picardi, Morale e filosofia della morale in Erminio Juvalta, (pubblicazioni dell'istituto di filosofia. Facoltà di magistero dell'università di Genova, 24), Marzorati, Milano 1978.
Maurizio Viroli, L'etica laica di Erminio Juvalta, FrancoAngeli, Milano 1987.
AA.VV., Sul pensiero di Erminio juvalta, fascicolo monografico della «Rivista di storia della filosofia», XLI (1986), Franco Angeli, Milano, pp.416–664.
Piergiorgio Donatelli, «JUVALTA, Erminio», in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. LXII, Istituto dell'Enciclopedia italiana Treccani, 2004 (on line)

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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