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Francesco Petrarca
(✶1304   †1374)

Da Napoli a Milano

Verso la fine del 1343 ritornò, per incarico di Papa Clemente, a Napoli, ripassò da Parma e si recò, infine, a causa della guerra che turbava l'Emilia, a Verona, dove scoprì i primi sedici libri delle Epistole ad Attico e le Epistole a Quinto e a Bruto di Cicerone. Dall'autunno del 1344 al 1347 risiedette a Valchiusa, donde lo distolse l'entusiastica adesione alla rivolta di Cola, ben presto smorzata amaramente dagli eventi, quando già aveva varcato le Alpi.

Rinunciò al viaggio romano e si arrestò a Parma, dove lo raggiunse la notizia (19 maggio 1348) della morte di Laura, colpita dalla peste così come gli amici Sennuccio del Bene, Giovanni Colonna, Francesco degli Albizzi. Fu nominato canonico del duomo di Padova nel 1349 per intercessione dell'amico Jacopo II da Carrara. Il signore di Padova intese in tal modo trattenere in città il poeta il quale, oltre alla confortevole casa, in virtù del canonicato ottenne una rendita annua di 200 ducati d'oro, ma per alcuni anni Petrarca avrebbe utilizzato questa abitazione solo occasionalmente.

Lasciata Parma, Petrarca riprese a vagabondare per l'Italia (fu a Carpi, a Ferrara, tornò a Padova su invito di Francesco, successore di Jacopo II, a Mantova ospite di Guido Gonzaga, a Firenze ove rinnovò i legami di amicizia con Giovanni Boccaccio e altri letterati toscani, e a Roma), fino al 1351, quando, rifiutata ogni altra offerta, rientrò (anche su pressione papale) in Provenza, dove scrisse le prime Epistole a Carlo IV di Boemia affinché scendesse in Italia a sedare le rivolte cittadine.

Nel giugno del 1353, in sèguito alle aspre e pungenti polemiche ingaggiate con l'ambiente ecclesiastico e culturale di Avignone, Petrarca lasciò definitivamente la Provenza e accolse l'ospitale offerta di Giovanni Visconti, arcivescovo e signore della città, di risiedere a Milano. Malgrado le critiche di amici e nemici, che gli rimproveravano la scelta di mettersi al servizio di un signore che avrebbe presumibilmente limitato la sua libertà, collaborò con missioni e ambascerie (a Genova, a Venezia e a Novara, incontrò l'imperatore a Mantova e a Praga) all'intraprendente politica viscontea, cercando di indirizzarla verso la distensione e la pace.

In Italia, fino alla morte

Nel giugno del 1359 per sfuggire alla peste abbandonò Milano per Padova. Probabilmente nel 1361 ricevette il beneficio di canonico presso la vicina Monselice. Nel 1362 Petrarca fu a Venezia, dove la Repubblica di Venezia gli donò una casa in cambio della promessa di donazione, alla morte, della sua biblioteca, che era allora certamente la più grande biblioteca privata d'Europa, alla città lagunare. Si tratta della prima testimonianza di un progetto di "bibliotheca publica".

Il tranquillo soggiorno veneziano, trascorso fra libri e amici, fu turbato nel 1367 dall'attacco maldestro e violento mosso alla cultura, all'opera e alla figura sua da quattro filosofi averroisti: amareggiato per l'indifferenza dei veneziani, Petrarca, dopo alcuni brevi viaggi, accolse l'invito di Francesco da Carrara e si stabilì a Padova; di lì a poco (1370), si trasferì con i suoi libri ad Arquà, un tranquillo paese sui colli Euganei, nel quale si era occupato - come sua abitudine - di far adattare e restaurare una modesta casa, generoso dono del tiranno padovano. Tra le famiglie padovane che gli furono più vicine ci fu quella dei Peraga, in particolare i due fratelli frati Bonsembiante e Bonaventura Badoer Peraga.

Da Arquà (dove l'aveva raggiunto la figlia Francesca assieme al marito Francescuolo da Brossano) si mosse di rado: una volta per sfuggire alla guerra scoppiata tra Padova e Venezia, un'altra per pronunciare una solenne orazione che ratificava la pace tra le due città venete. Tanto che rifiutò la nomina a diventare segretario papale ad Avignone con la conseguente carica di cardinale.

Colpito da una sincope, morì ad Arquà nella notte fra il 18 e il 19 luglio del 1374, esattamente alla vigilia del suo settantesimo compleanno e, secondo la leggenda, mentre esaminava un testo di Virgilio, come auspicato in una lettera al Boccaccio. Il frate dell'Ordine degli Eremitani di sant'Agostino Bonaventura Badoer Peraga fu scelto, da tutte le autorità, per tessere l'orazione funebre a nome di tutti. Per volontà testamentaria, le spoglie di Petrarca furono sepolte nella chiesa parrocchiale del paese; furono poi collocate dal genero in un'arca marmorea accanto alla chiesa.

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Opere

Opere latine in versi

Africa – scritto fra il 1339 e il 1342 e in seguito corretto e ritoccato è un poema eroico incompleto che tratta della seconda guerra punica e in particolare delle gesta di Scipione.

Bucolicum carmen – composto fra il 1346 e il 1357 e costituito da dodici egloghe, gli argomenti spaziano fra amore, politica e morale.

Epistolae metricae – scritte fra il 1333 e il 1361, sono 66 lettere in esametri, di cui alcune trattano d'amore ma in maggioranza si occupano di politica, morale o di materie letterarie. Alcune sono autobiografiche.

Carmina varia – Si ricompone un materiale testuale disperso in vari luoghi:
- 1-6: F. Petrarchae, Poemata minora quae extant omnia, vol. III, Mediolani 1834.
- 7-24: K. Burdach, Von Mitteralter zur Reformation. IV. Aus Petrarcas Altestem Deutschen Schülerkreise, Berlin 1929.
- 25: E.H. Wilkins, The Making of the "Canzoniere" and other petrarchan Studies, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 1951, pp.303.
- 26: G. Billanovich, Un carme ignoto del Petrarca, "Studi petrarcheschi", V (1989) pp.101-25.

Opere latine in prosa

De viris illustribus – (1337) è una raccolta di biografie di uomini illustri in prosa latina redatta a partire dal 1337 e dedicata a Francesco da Carrara signore di Padova nel 1358. Nell'intenzione originale dell'autore l'opera doveva trattare la vita di personaggi della storia di Roma da Romolo a Tito, ma arrivò solo fino a Nerone. In seguito Petrarca aggiunse personaggi di tutti i tempi, cominciando da Adamo e arrivando a Ercole. L'opera rimase incompiuta e fu continuata da un amico di Petrarca, Lombardo della Seta, fino alla vita di Traiano.
Rerum memorandarum libri – sono una raccolta di esempi storici e aneddoti a scopo d'educazione morale in prosa latina. La redazione risale al 1350 circa e l'opera rimase incompiuta rispetto alle intenzioni del poeta.
Itinerarium ad sepulcrum Domini, descrizione dei luoghi che si incontrano viaggiando da Genova a Gerusalemme.
Secretum o De secreto conflictu curarum mearum – (composta tra il 1347 ed il 1353, ed in seguito riveduta) è un'opera in prosa latina, articolata come un dialogo immaginario in tre libri tra il poeta stesso e sant'Agostino, alla presenza di una donna muta che simboleggia la Verità. Si tratta di una sorta di esame di coscienza personale nel quale si affrontano temi intimi del poeta e per questo non sembra essere stato concepito per la divulgazione (da cui, forse, il titolo Secretum). Tuttavia, come ha osservato Alberto Asor Rosa, il poeta non si mostra mai tutto "contrito" nei confronti di Agostino, ma si colloca alla pari con il Santo e al termine dell'esame egli non risulterà "guarito" o pentito.
Il primo libro tratta del male in generale e conclude, appunto secondo il pensiero agostiniano, che esso non esiste, ma è causato da un'insufficiente volontà di bene, causata dalle passioni terrene che annebbiano lo spirito: Petrarca stesso non può non guarire, ma non vuole (per questo si è soliti affermare che la sua malattia è una "voluptas dolendi", una voglia nel contempo di liberarsi dall'accidia, ma continuare a conviverci, perché era questa la "scusa" dietro cui l'autore si nascondeva e rifugiava spesso).
Nel secondo libro vengono analizzate le passioni negative del Petrarca stesso, tra le quali egli si sofferma soprattutto sull'accidia che lo tormenta, sottolineando di essere affetto dalle colpe di tutti i peccati capitali, tranne l'invidia (era stato più volte accusato di invidiare il Sommo Poeta Dante, accuse che cercò immediatamente di dissipare).
Nel terzo si esaminano altre due passioni del poeta, in particolare l'amore per Laura e l'amore per la gloria, considerate le due più gravi colpe di Petrarca, che gli impediscono di raggiungere l'equilibrio spirituale cui tanto aspirava: per quanto il poeta dia ragione ad Agostino che gli consiglia di rinunciarvi, egli però non sa come poterne fare a meno.
De vita solitaria – (1346-1356 circa) Il De vita Solitaria ("la vita solitaria") è un trattato di carattere religioso e morale. Fu elaborato nel 1346 ma successivamente ampliato nel 1353 e nel 1366. L'autore vi esalta la solitudine, tema caro anche all'ascetismo medioevale, ma il punto di vista con cui la osserva non è strettamente religioso: al rigore della vita monastica Petrarca contrappone l'isolamento operoso dell'intellettuale, dedito alle letture e alla scrittura in luoghi appartati e sereni, in compagnia di amici e di altri intellettuali. L'isolamento dello studioso in una cornice naturale che favorisce la concentrazione è l'unica forma di solitudine e di distacco dal mondo che Petrarca riuscì a conseguire, non considerandola in contrasto con i valori spirituali cristiani, in quanto riteneva che la saggezza contenuta nei libri, soprattutto nei testi classici, fosse in perfetta sintonia con quelli. Da questa sua posizione è derivata l'espressione di "umanesimo cristiano" di Petrarca.
De otio religioso – (1346– 1356) è un trattato in prosa latina, redatto all'incirca tra il 1346 e il 1356 ed è un'esaltazione della vita monastica. Simile al De vita solitaria, esalta la solitudine in particolare quella legata alle regole degli ordini religiosi (otium = tranquillità di spirito), definita come la migliore condizione di vita possibile.
De remediis utriusque fortunae – (1360–1366) è una raccolta di brevi dialoghi scritti in prosa latina, redatta all'incirca tra il 1360 e il 1366 ed composta da 254 scambi di battute tra entità allegoriche: prima il "Gaudio" e la "Ragione", poi il "Dolore" e la "Ragione". Simile ai precedenti Rerum memorandarum libri, questi dialoghi hanno scopi educativi e moralistici, proponendosi di rafforzare l'individuo contro i colpi della Fortuna sia buona che avversa.
Invectivarum contra medicum quendam libri IV – (1355)
De sui ipsius et multorum ignorantia – (1368)
Invectiva contra cuiusdam anonimi Galli calumnia o Contra eum qui maledixit Italie
Epistole (Familiares, Seniles, Sine nomine, Variae)
De gestis Cesaris
Psalmi penitentiales
Posteritati - epistola esclusa per sua stessa volontà dalla raccolta Seniles, in cui Petrarca si descrive per i posteri con gli attributi che poi saranno propri dell'umanista (cioè il recupero della civiltà classica e l'amore per il latino)
Contra quendam magni status hominem
Collatio laureationis
Collatio coram Johanne rege
Collatio inter Scipionem, Alexandrum, Hannibalem
Arringhe
Orationes
Testamentum

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Raccolte epistolari

Di estrema importanza le epistole latine. Raccolte "d'autore" delle lettere inviate da Petrarca, disposte in ordine cronologico, le epistole contribuiscono a costruire l'immagine autobiografica che il poeta stesso ha voluto offrire di sé ai posteri. Petrarca infatti tendeva sempre a offrire di sé una figura ideale. Le epistole (come del resto anche i fragmenta) per essere inserite nelle raccolte passavano attraverso tre fasi:
- Fase gamma: le epistole sono sciolte e atte a dare una comunicazione immediata, è la fase più antica. Non ha interesse a raccoglierle ed a pubblicarle.
- Fase beta: le epistole vengono raccolte ed è la fase mediana. Petrarca decide di pubblicarle e metterle tutte insieme.
- Fase alfa: le epistole sono ultimate ed è la fase finale. Procede con le correzioni e le pubblica.

Petrarca fu uno scrittore di lettere eccezionalmente proficuo. Le sue sono lettere nell'accezione Ciceroniana, Senechiana e poi umanista. Sono scritti rivolti a singoli interlocutori che abbiano però un forte impegno concettuale. Il fatto che siano lettere diverse da come noi le intendiamo è chiaro per due fattori:
1 - Petrarca non solo ritocca e modifica alcune lettere vecchie, ma ne scrive ex novo retrodatandole.
2 - Alcune delle sue lettere non sono indirizzate a corrispondenti reali, bensì a grandi personaggi dell'antichità.

Le raccolte di epistole petrarchesche sono note come Familiares, Seniles e il Sine nomine liber, contenente epistole di natura politica e polemica che miravano a tenere nascosto il nome dell'interlocutore; infine le Variae (titolo con cui gli studiosi designano tutte le lettere che Petrarca non inserì nelle altre raccolte).

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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