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Giambattista Roberti
(✶1719   †1786)

In quest'opera il gesuita osserva, valuta e critica l'umanità (intesa come solidarietà umana e onestà di costumi, come inclinazione alla realizzazione dei principi di uguaglianza e libertà) troppo spesso chiacchierata, vanesia e vuota del suo secolo, spesso vissuta in maniera contraddittoria e discontinua, professata a gran voce ma praticata poco, preoccupata della felicità dell'intero universo, ma miope su chi vicino a noi giace nel bisogno. Questo tema si dilata in una riflessione su una questione cruciale del suo tempo, la tratta degli schiavi. Roberti sferra un attacco sferzante alla falsità ipocrita del suo tempo, non risparmiando una ferma e onesta critica all'Europa cristiana, invitando in nome della vera umanità a porre fine alla pratica aberrante e disumana del commercio degli uomini. Nonostante queste posizioni “umanitarie”, non si può sostenere che Roberti fu vicino al pensiero illuminista, o che il suo pensiero prevalse ottenendo adesioni e riconoscimenti facendo eco nei salotti delle capitali; è però giusto affermare che egli ebbe una coscienza culturale nuova, dialettica, di ampio respiro, maturò un'apertura intellettuale di difficile riscontro in molta parte della classe intellettuale italiana dell'epoca.

Anche con il mondo culturale e letterario della sua epoca il Roberti si confronta criticamente, toccando il centro della questione nel trattato Del leggere libri di metafisica e di divertimento, nel quale mostra di individuare con chiarezza nella produzione romanzesca i caratteri di irreligiosità e di licenziosità tipici del mondo dei lumi. Il successo che quest'opera ebbe oltralpe si deve anche al fatto che l'argomento poteva tornare di attualità nel mondo tedesco che vedeva le prime prove di Wieland e di Goethe. La stampa conobbe nel Settecento una diffusione sempre più vasta e capillare; essa servì a divulgare nell'intera Europa il pensiero dei Philosophes i quali combattevano una battaglia per strappare definitivamente la cultura all'egemonia del mondo cristiano, che a detta loro l'aveva monopolizzata e mortificata imprigionandola al servizio della loro élite. Al successo di questa avanzata corrispondeva la laicizzazione del sapere, contro alla quale la Chiesa reagiva con difficoltà.

È su questo problema che interviene il Roberti, il quale discute della buona e della cattiva stampa, e dell'azione degli stampatori nel suo secolo. Lo scrittore in particolare esamina e contesta il romanzo, genere di divertimento nuovo e alla moda. Qui il Roberti veste i panni del moralista quanto del critico letterario moderno. Egli divide i romanzi in due categorie: quelli licenziosi e quelli vani. I romanzi seminano e diffondono un modello di vita e costumi manifestamente rilassati e contrari all'etica cristiana: offrono “una pittura dei delitti” e insieme una “apologia dei delitti”.

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La collaborazione con i Remondini

Una conferma dell'impegno culturale del Roberti è data dalla sua collaborazione con l'importante tipografia bassanese dei fratelli Remondini, per i quali offre la sua consulenza, suggerendo e caldeggiando agli stampatori opere di cui aveva notizia: si tratta dell'esempio più interessante di un ex-gesuita avviatosi a collaborare con un editore emergente, e non è che una prova ulteriore di quanto il Roberti fosse preparato e attento sul terreno della cultura contemporanea.

Ai Remondini, che pubblicarono le opere che Roberti scrisse negli ultimi anni, rimase in eredità il compito di raccogliere e pubblicare l'opera omnia del conte gesuita. A tre anni dalla sua morte fu realizzata la prima raccolta definitiva delle opere di Giambattista Roberti, in dodici volumi. Opere dell'Abate Giambattista Co. Roberti, Bassano, Remondini, 1789 (12 voll.).

Fortuna e studi

Benché le sue opere godessero di stima e diffusione presso i contemporanei, e per quanto la sua grandezza di scrittore sia riconosciuta dallo stesso Giacomo Leopardi che inserisce Roberti fra gli autori della sua Crestomazia Italiana, la critica ha mantenuto un certo velo di silenzio sul Roberti. L'interesse di Leopardi non è casuale: egli lo frequenta nell'arco di ben diciotto anni, anche molto oltre la "conversione" materialistica, utilizzandone, anche a fini poetici pratici, e non solo culturali e speculativi, l'opera. Si veda, ad esempio, la costante rilettura della Lettera sopra l'uso della fisica in poesia.

La sua figura torna alla luce in un lungo e denso lavoro monografico di G.Sandonà, Ragione e carità. Per un ritratto di Giambattista Roberti, (Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere e arti, 2002). Lo studio intende ricostruire i molteplici aspetti della figura umana e intellettuale del gesuita, dedicando molto spazio alla sua produzione epistolare: quest'opera, per la ricchezza dei materiali consultati e la profondità della loro lettura, resta il più completo studio finora mai realizzato su Giambattista Roberti.

Bibliografia

Giovanni Battista Sandonà, Ragione e carità per un ritratto di Giambattista Roberti (1719-1786), Venezia, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2002, 299 p. (Memorie Classe di Scienze morali, lettere ed arti, 103).
Giovanni Biancardi, Giacomo Leopardi ed un settecentesco autore di favole, Giambattista Roberti, Otto Novecento, 1992, nn. 3-4, pp. 183-95
Pietro Pelosi, Una lettura leopardiana: Giovan Battista Roberti, Edisud, Salerno, 1988, 65 p.
Giambattista Roberti. Lettera sopra l'Uso della Fisica nella Poesia (1765), A cura di S. Baragetti, LED Edizioni Universitarie, Milano 2014, ISBN 978-88-7916-652-2

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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