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Giovanni di Bernardo Rucellai
(✶1475   †1525)

Giovanni di Bernardo Rucellai detto anche Giovanni II per distinguerlo dal nonno Giovanni di Paolo Rucellai (Firenze, 20 ottobre 1475 – Roma, 3 aprile 1525) è stato uno scrittore italiano del Quattrocento.

Il padre Bernardo Rucellai fu un famoso umanista, marito di Nannina de' Medici, la sorella maggiore del suo fraterno amico Lorenzo il Magnifico. Fu avviato agli studi classici ed ebbe modo di viaggiare in Veneto e in Provenza per arricchire la sua formazione. Venne bandito dalla città nel 1494 assieme ai Medici per la sua stretta parentela e si rifugiò a Roma, rientrando a Firenze solo nel 1512, dopo che la potente famiglia alla quale era legato venne riammessa in città.

Vestì in seguito l'abito ecclesiastico e fu un uomo di fiducia della fazione medicea, soprattutto di suo cugino il cardinale Giovanni de' Medici, poi Papa Leone X, che gli affidò alcuni importanti incarichi e ambascerie, come quella a Francesco I di Francia.

Più tardi Papa Clemente VII, sempre un Medici, lo nominò castellano di Castel Sant'Angelo, un prestigioso ufficio che ricoprì insediandosi a Roma e conservandolo fino alla morte. Fu comunque una persona riservata, amante dello spirito bucolico e campestre (visse molto nella Villa di Quaracchi presso Firenze) con una moderata ambizione verso le onorificenze.

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Appassionato studioso di Virgilio, scrisse tra il 1523 e il 1524 il poemetto Le api parafrasando il libro IV delle Georgiche, e lo dedicò al suo stretto amico Gian Giorgio Trissino. L'opera però, grazie alla viva conoscenza del mondo della campagna, non manca di spunti vivaci e originali, nati dall'osservazione diretta degli alveari: secondo Azelia Arici seppe dare alla sua opera un tono di fresca intimità campagnola (Grande dizionario enciclopedico Utet, Torino 1976).

Scrisse anche due tragedie, tra le prime opere di questo genere scritte in volgare, la Rosmunda, ispirata all'Antigone di Sofocle e l'Oreste, scritto sullo schema dell'Ifigenia in Tauride di Euripide. Altre opere sono la Oratio ad Hadrianum IV e le Lettere.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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