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Giovanni Verga
(✶1840   †1922)

Le prime esperienze a Catania

In Sicilia si verificò un periodo di violente sommosse popolari per l'abolizione del dazio sul macinato e, soprattutto nella provincia catanese, si assistette alla reazione dei contadini che, esasperati, arrivarono ad uccidere e a saccheggiare le terre. Sarà Nino Bixio che, con la forza, riuscirà a riportare l'ordine. Nella novella Libertà, il Verga rivive con forza drammatica una di queste rivolte, quella di Bronte.

«Sciorinarono dal campanile un fazzoletto a tre colori, suonarono le campane a stormo, e cominciarono a gridare in piazza: "Viva la libertà!". Come il mare in tempesta. La folla spumeggiava e ondeggiava davanti al casino dei galantuomini, davanti al Municipio, sugli scalini della chiesa: un mare di berrette bianche, le scuri e le falci che luccicavano.»

Con l'arrivo di Garibaldi a Catania venne istituita la Guardia Nazionale e Verga, nel 1860, si arruolò in essa prestando servizio per circa quattro anni ma, non avendo inclinazioni per la disciplina militare, se ne liberò con un versamento di 3.100 lire alla Tesoreria Provinciale. Nel frattempo, insieme a Nicolò Niceforo, conosciuto con lo pseudonimo di Emilio Del Cerro, fondò il settimanale Roma degli Italiani, che si basava su un programma anti-regionale, e lo diresse per tre mesi oltre a collaborare alla rivista L'Italia contemporanea. Il settimanale passerà in seguito sotto la direzione di Antonino Abate.

Nel 1862, Verga e Niceforo ritentano l'esperienza con la rivista letteraria L'Italia contemporanea sulla quale il Verga pubblica la sua prima novella verista, Casa da thè. La rivista però ha breve durata e, dopo il primo numero, viene assimilata da Enrico Montazio alla rivista fiorentina Italia, veglie letterarie.

Anche il giornale l'Indipendente, fondato e diretto da Verga sempre nel '62, venne, dopo dieci numeri, lasciato alla direzione dell'Abate. In quello stesso anno Verga pubblicò sulla Nuova Europa le prime due puntate del romanzo Sulle lagune che verranno sospese per un anno e infine riprese dall'inizio e terminate il 15 marzo 1863 dopo 22 puntate.

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Gli anni fiorentini

Nel 1865 si recò per la prima volta , a malincuore, lasciando la provincia, a Firenze e vi rimase dal 13 gennaio fino al 14 maggio. In questo periodo scrisse una commedia, che è stata pubblicata solo nel 1982, dal titolo I nuovi tartufi, che venne inviata, sotto forma anonima, al Concorso Drammatico bandito dalla Società d'incoraggiamento all'arte teatrale ma senza successo e il romanzo Una peccatrice.

Firenze era a quei tempi la capitale del Regno e rappresentava il punto d'incontro degli intellettuali italiani e il giovane Verga avrà modo di conoscere, in questo primo breve periodo, Luigi Capuana, allora critico della Nazione, i pittori Michele Rapisardi e Antonino Gandolfo, il maestro Giuseppe Perrotta e il poeta Mario Rapisardi.

A Firenze ritornerà nell'aprile 1869 dopo che la nuova epidemia di colera diffusasi nel 1867 l'aveva costretto, insieme alla famiglia, a trovare rifugio dapprima nelle proprietà di Sant'Agata li Battiati e poi a Trecastagni.

A Firenze, dove rimarrà fino al 1871, decise quindi di stabilirsi avendo compreso che la sua cultura provinciale era troppo restrittiva e che gli impediva di realizzarsi come scrittore.

Nel 1866 l'editore torinese Negro gli aveva intanto pubblicato Una peccatrice, un romanzo di carattere autobiografico e fortemente melodrammatico, che narra la vicenda di un piccolo borghese catanese, Pietro Brosio, che, pur avendo ottenuto la ricchezza e il successo, ed essere riuscito a conquistare la donna dei suoi sogni, Narcisa, ritornerà alla sua mediocrità dopo che Narcisa, impazzita per amore, si toglierà la vita.

Gli anni fiorentini saranno fondamentali per la formazione del giovane scrittore che avrà modo di conoscere artisti, musicisti, letterati e uomini politici oltre che frequentare i salotti più conosciuti del momento.

Con una lettera di presentazione di Mario Rapisardi si introdusse facilmente in casa dello scrittore e patriota Francesco Dall'Ongaro dove incontra Giovanni Prati, Aleardo Aleardi, Andrea Maffei e Arnaldo Fusinato.

Introdotto dal Dall'Ongaro presso i salotti culturali di Ludmilla Assing e delle signore Swanzberg, madre e figlia entrambe pittrici, conobbe Vittorio Imbriani e altri letterati. Iniziò quindi a condurre una vita mondana frequentando il Caffè Doney, dove conosce letterati e attori, il Caffè Michelangelo luogo d'incontro dei pittori macchiaioli più noti dell'epoca e recandosi spesso alla sera a teatro.

Risale a questo periodo la stesura del romanzo epistolare Storia di una capinera che apparve nel 1870 sul giornale di moda Il Corriere delle Dame e che l'anno seguente verrà pubblicato, per interessamento del Dall'Ongaro, dalla tipografia Lampugnani di Milano. La prefazione al romanzo venne scritta dal Dall'Ongaro che riportava la lettera da lui scritta a Caterina Percoto per presentarle il libro. Il romanzo ebbe un gran successo e Verga incominciò ad ottenere i suoi primi guadagni.

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Il ventennio a Milano

Il 20 novembre 1872 Verga si trasferì a Milano dove si fermerà, pur con diversi e lunghi ritorni a Catania, fino al 1893. Lo presenteranno l'amico Capuana con una lettera per il romanziere Salvatore Farina direttore della Rivista minima e il Dall'Ongaro con una al pittore e scrittore Tullo Massarani.

A Milano frequenterà in modo assiduo il salotto Maffei dove conosce i maggiori rappresentanti del secondo romanticismo lombardo e si incontra con l'ambiente degli scapigliati, legando soprattutto con Arrigo Boito, Emilio Praga e Luigi Gualdo.

Frequentando i ristoranti, come il Cova e il Savini, ritrovo di scrittori e artisti, conosce Gerolamo Rovetta, Giuseppe Giacosa, Emilio Treves e il Felice Cameroni con il quale intreccerà una fitta corrispondenza epistolare molto interessante sia per le opinioni sul verismo e sul naturalismo espresse, sia per i giudizi dati sulla narrativa contemporanea, da Zola a Flaubert, a D'Annunzio. Conoscerà inoltre il De Roberto con il quale sarà amico per tutta la vita.

Gli anni milanesi saranno ricchi di esperienze e favoriranno la nuova poetica dello scrittore. Risalgono a questi anni Eva (1873), Nedda (1874), Eros e Tigre reale (1875). Sono opere che si iscrivono nella poetica tardoromantica del primo Verga, ad eccezione di Nedda, anticipo verista, corrente di cui lo scrittore catanese sarà il massimo esponente dalle novelle di Vita dei campi in poi.

Lo scrittore intanto si era avvicinato ad autori nuovi per tematiche e forme, come Zola, Flaubert, Balzac, Maupassant, Daudet, Bourget, e aveva iniziato un abbozzo del romanzo I Malavoglia.

Nel 1877 verrà pubblicata dall'editore Brigola una raccolta di novelle, Primavera e altri racconti, che erano precedentemente apparsi sulle riviste Illustrazione italiana e Strenna italiana, che presentano stile e soggetto diversi dai precedenti scritti.

Nel 1878 apparve sulla rivista Il Fanfulla la novella Rosso Malpelo e nel frattempo egli iniziò a scrivere Fantasticheria. Lo stesso anno morì sua madre.

Risale a questi anni il progetto, annunciato in una lettera del 21 aprile all'amico Salvatore Paolo Verdura, di scrivere un ciclo di cinque romanzi, Padron 'Ntoni, Mastro-don Gesualdo, La Duchessa delle Gargantas, L'onorevole Scipioni, L'uomo di lusso, che in origine avrebbero dovuto essere titolati la Marea per poi essere cambiati in I vinti, che, nell'intenzione del Verga, dovevano rappresentare ogni strato sociale, da quello più umile a quello più aristocratico e sarà questo "l'inizio della più felice e fervida stagione narrativa dello scrittore catanese".

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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