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Girolamo Savonarola
(✶1452   †1498)

Girolamo Maria Francesco Matteo Savonarola (Ferrara, 21 settembre 1452 – Firenze, 23 maggio 1498) è stato un religioso, politico e predicatore italiano.

Appartenente all'ordine dei frati domenicani, profetizzò sciagure per Firenze e per l'Italia propugnando un modello teocratico per la Repubblica fiorentina instauratasi dopo la cacciata dei Medici.

Nel 1497 fu scomunicato da papa Alessandro VI, l'anno dopo fu impiccato e bruciato sul rogo come «eretico, scismatico e per aver predicato cose nuove», e le sue opere furono inserite nel 1559 nell'Indice dei libri proibiti. Gli scritti del Savonarola sono stati riabilitati dalla Chiesa nei secoli seguenti fino ad essere presi in considerazione in importanti trattati di teologia. Ora è servo di Dio. La causa della sua beatificazione è stata avviata il 30 maggio 1997 dall'arcidiocesi di Firenze.

Origini

Nacque a Ferrara Il 21 settembre 1452, terzogenito del mercante Niccolò di Michele dalla Savonarola e di Elena Bonacolsi (o Bonacossi), discendente della nobile famiglia dei Bonacolsi, già signori di Mantova; dei fratelli maggiori, Ognibene e Bartolomeo, non si hanno notizie, mentre degli altri fratelli, Maurelio, Alberto, Beatrice e Chiara, si sa solo che Alberto fu medico e Maurelio fu frate domenicano come Girolamo.

I Savonarola, originari di Padova, si erano trasferiti nel 1440 a Ferrara dove il nonno Michele (1385-1468), noto medico e autore di testi di medicina, fu archiatra del marchese Niccolò III d'Este e della corte ferrarese. Michele Savonarola fu uomo profondamente religioso, cultore della Bibbia, di costumi semplici e severi e, pur cortigiano, o piuttosto proprio per questo, sprezzatore della vita di corte; in vecchiaia scrisse anche opuscoli come De laudibus Iohanni Baptistae che, unitamente ai suoi insegnamenti e al suo stile di vita, dovettero avere notevole influsso sulla formazione di Girolamo: fu, del resto, proprio il nonno a prendersi cura della sua prima educazione insegnandogli la grammatica e la musica, oltre ad apprendere da sé il disegno.

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La formazione (1468-1482)

Dopo la morte del nonno, il padre Niccolò, desiderando avviarlo alla professione medica, gli fece studiare le arti liberali; dapprima appassionato ai Dialoghi di Platone, tanto da scrivervi un commento, poi da lui stesso distrutto, passò presto all'aristotelismo e al tomismo. Dopo aver conseguito il titolo di maestro in arti liberali, iniziò gli studi di medicina che tuttavia abbandonò già a diciotto anni per dedicarsi allo studio della teologia; scrisse componimenti poetici: risale al 1472 la sua canzone De ruina mundi nella quale ricorrono già temi delle sue future predicazioni: ...La terra è sì oppressa da ogne vizio, / Che mai da sé non levarà la soma: / A terra se ne va il suo capo, Roma, / Per mai più non tornar al grande offizio... e ancora nel 1475, nell'altra sua canzone, De ruina Ecclesiae, assimila la Roma papale all'antica, corrotta Babilonia.

Con questo spirito sentì nella chiesa di Sant'Agostino a Faenza le parole di un predicatore che, commentando il passo della Genesi Pàrtiti dalla tua terra e dalla tua famiglia e dalla casa del padre tuo, secondo quanto egli stesso scrive, lo spinsero il 24 aprile 1475 a lasciare la famiglia per entrare nel convento bolognese di San Domenico.

Sulla sua vocazione probabilmente influì la percezione di una forte decadenza dei costumi. Infatti in una sua lettera alla famiglia scrisse: «Scelgo la religione perché ho visto l'infinita miseria degli uomini, gli stupri, gli adulteri, le ruberie, la superbia, l'idolatria, il turpiloquio, tutta la violenza di una società che ha perduto ogni capacità di bene... Per poter vivere libero, ho rinunciato ad avere una donna e, per poter vivere in pace, mi sono rifugiato in questo porto della religione».

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Il 26 aprile 1475 ricevette l'abito di novizio dal priore fra Giorgio da Vercelli, l'anno dopo ricevette i voti, il 21 settembre 1476 fu promosso suddiacono e il 1º maggio 1477 divenne diacono. I suoi superiori lo volevano predicatore e in quel convento Studium generale approfondì lo studio della teologia avendo fra i suoi maestri Pietro da Bergamo, famoso teologo autore della Tabula aurea, Domenico da Perpignano e Niccolò da Pisa. Nel 1479 venne inviato dal convento a Ferrara e tre anni dopo a Reggio Emilia dove, in occasione del capitolo della Congregazione domenicana lombarda del 28 aprile 1482, venne nominato lettore nel convento fiorentino di San Marco.

Nel convento di San Marco (1482-1487)

Giunto nella Firenze di Lorenzo de' Medici - allora la capitale culturale della penisola o, come si esprimerà lo stesso Girolamo, il cuore d'Italia - nel maggio del 1482, ebbe il compito nel convento di San Marco di esporre le Scritture e di predicare dai pulpiti delle chiese fiorentine: e le sue lezioni conventuali erano esse stesse delle predicazioni.

Nella quaresima del 1484 gli venne assegnato il pulpito di San Lorenzo, la parrocchia dei Medici; non ebbe successo, come testimoniano le cronache del tempo, per la sua pronuncia romagnola che doveva suonare barbara alle orecchie fiorentine e per il modo della sua esposizione: il Savonarola stesso scrisse poi che "io non aveva né voce, né petto, né modo di predicare, anzi era in fastidio a ogni uomo il mio predicare" e ad ascoltare venivano solo "certi uomini semplici e qualche donnicciola".

Intanto il 29 agosto Giovanni Battista Cybo venne eletto papa col nome di Innocenzo VIII dopo la morte di papa Sisto IV, il 12 agosto 1484. Forse fu in questo periodo che il Savonarola ebbe, meditando in solitudine nella chiesa di San Giorgio, quella illuminazione, di cui parlò al termine della vita, durante il processo, apparendogli "molte ragioni per le quali si mostrava che alla Chiesa era propinquo qualche flagello".

Venne mandato a San Gimignano per le prediche quaresimali e subito, nel marzo del 1485 predicò nella Collegiata che la Chiesa "aveva a esser flagellata, rinnovata e presto": è la prima volta che vengono attestate le sue predicazioni "profetiche"; il 9 marzo e poi il 23 ottobre di quell'anno ricevette per lettera dalla madre a Ferrara le notizie della morte del padre e dello zio Borso.

Ancora dal pulpito della Collegiata, l'anno successivo affermò che "aspettiamo presto un flagello, o Anticristo o peste o fame. Se tu mi domandi, con Amos, se io sono profeta, con lui ti rispondo Non sum propheta" ed elencò le ragioni del prossimo flagello: le efferatezze degli uomini - omicidi, lussuria, sodomia, idolatria, credenze astrologiche, simonia - i cattivi pastori della Chiesa, la presenza di profezie - segno di prossime sventure - il disprezzo per i santi, la poca fede. Non vi sono notizie, tuttavia, che tali prediche abbiano suscitato scalpore e scandalo, come non ne suscitarono le prediche quaresimali tenute dal Savonarola nel 1487 nella chiesa fiorentina di Santa Verdiana.

Avendo terminato il suo ufficio di lettore a Firenze, quello stesso anno ottenne la prestigiosa nomina di maestro nello Studium generale di San Domenico a Bologna da dove, dopo aver insegnato per un anno, tornò a Ferrara nel 1488.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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