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Giulio Perticari
(✶1779   †1822)


«O se tu genio presente
qui fra' tuoi respiri e vivi,
o se cerchi ombra silente
il gran Tebro e i sette clivi,
del tuo nido Compitano
salve, o Giulio, eterno amor,
o del bel nome romano
salve pio restitutor!»

(Giosuè Carducci, A Giulio Perticari, vv. 1 - 8)

Giulio Perticari (Savignano sul Rubicone, 5 agosto 1779 – San Costanzo, 26 giugno 1822) è stato un poeta e scrittore italiano.

Giulio Perticari nacque in una famiglia aristocratica, figlio del conte Andrea e della contessa Anna Cassi, e fratello di Gordiano, Giuseppe e Violante. Compì i suoi studi dapprima nel Collegio di S. Carlo di Fano, per poi cimentarsi a Pesaro in studi letterari e umanistici; nel 1801 si recò a Roma, dove si laureò in giurisprudenza all'Archiginnasio Romano. Qui iniziò il suo periodo di attento osservatore delle questioni politiche italiane del tempo, divenute instabili a causa della frammentazione della penisola italiana in tante realtà sociali e politiche diverse e rimase affascinato dai nuovi venti patriottici e romantici che spiravano dalla borghesia intellettuale progressista.

Perticari abbandonò presto la giurisprudenza a beneficio della sua vera passione: la letteratura. Cominciò a comporre versi ed entrò nell'Accademia dell'Arcadia con il nome di Alceo Compitano. Maria Romano racconta come «l'animo del Perticari era un misto di nobili e di bassi sentimenti, di disinteresse e di avarizia, di ardire e di pusillanimità, di amore per la famiglia e di indifferenza, spiegabile solo con la predisposizione alla stranezza, atavica nella famiglia Perticari». Una cosa è sicura: in mezzo a un carattere debole e a tratti meschino l'amore per la poesia era sincero, se più avanti il generale Guglielmo Pepe avrebbe riconosciuto a Giulio il merito di averlo fatto innamorare della poesia di Dante.

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Nel 1810, da una relazione con la popolana pesarese Teresa Ranzi nacque il figlio naturale Andrea Ranzi.

Il 6 giugno 1812 a Fusignano, vicino Ravenna, Giulio Perticari sposò, grazie alla viva amicizia col poeta Vincenzo Monti, la figlia di questi Costanza. Costanza Monti, bella figlia di bella madre, era stata dapprima promessa in matrimonio al grecista corcirese Andrea Mustoxidi, di cui si era innamorata, da lui ricambiata. Questi era uno studioso valorosissimo e dotato di notevoli doti morali, ma spiantato, di brutto aspetto e soprattutto povero. Per quanto si fosse creato tra Mustoxidi e il padre di Costanza un rapporto di mutua riconoscenza (il grecista aveva aiutato Monti nella traduzione dell'Iliade mentre il secondo lo aveva accolto nella propria casa, offrendogli in un primo momento la mano della figlia), Teresa Pichler, la madre della fanciulla, si oppose alle nozze, e il marito la accontentò, facendo allontanare Mustoxidi da Costanza. Mossisi alla ricerca di un nuovo pretendente, i genitori costrinsero la ragazza a sposare il conte Perticari, che era altrettanto erudito del Mustoxidi, ma anche bello della persona, affabile, faceto e ricco, seppur di cagionevole salute.

Il matrimonio non fu felice, ma il conte tenne sempre la moglie in grande considerazione, e anche Costanza, rimasta vedova, riserverà al marito dolci parole dimostrando di averlo amato.

Anche Costanza, come Giulio, era entrata nel Bosco Parrasio già prima delle nozze. La figlia di Vincenzo Monti aveva scelto il nome di Telesilla Meonia.

Intorno al 1820 fu impegnato nella grande discussione della lingua italiana, in cui l'intellettuale pesarese propose una versione alighieriana della lingua, nel rifiuto dei dialetti locali e nella promozione della lingua del Trecento in chiave moderna. Fra i suoi saggi, in riferimento a questo tema, spiccano "Dell'amor patrio di Dante Alighieri e del suo libro intorno al volgare eloquio", "Degli scrittori del Trecento e de' loro imitatori" e "Difesa di Dante".

Coinvolto completamente dal patriottismo, si mise in contatto con gli ambienti carbonari pesaresi e instaurò un importante epistolario con alcuni famosi uomini intellettuali di Pesaro. Si ricordi che gran parte delle sue lettere, le quali disegnano l'ideologia e la personalità del Perticari, sono conservate nella Biblioteca dei Musei Oliveriani di Pesaro.

Morì a San Costanzo, comune in provincia di Pesaro e Urbino, nel 1822.

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Perticari e Stendhal

Stendhal nutriva per lui una grande ammirazione; in Roma, Napoli, Firenze, lettera del 15 gennaio 1817, si esprime in questi termini lusinghieri: "Il signor conte Perticari, di Pesaro, in questo momento è il primo dei letterati italiani; il che non vuol dire molto". Nella stessa lettera, cita un lungo brano di Perticari, come esempio del modo naturale di scrivere:

"Buono sia ai colti Pesaresi che, ancora con pubblico monumento dedicato, donarono della loro cittadinanza l'Orfeo de' giorni nostri; nato, egli è vero, a Pesaro di madre Pesarese, ma generato di padre Lughese, che venne egli agli stipendi di quel comune in qualità di tubatore, dilungandosi dal suo luogo nativo, dov'ebbe ed ha tuttora il suo tetto avito. Né perciò sia diminuita a Lugo la gloria d'esser patria di Gioachino Rossini. Imperroché, sebbene gli scrittori di storia e di filologia abbiano lasciato incerto, se la patria si nomini dal luogo dove si nasce, o da quello donde si è oriondi, o finalmente da quello della stirpe istessa della madre (come si racoglie in un luogo di Livio, lib. XXIV, C. VI, e da un altro di Virgilio, Aen. VIII, v. 510-511) niente di meno per giusta ragione d'etimologia, et per antico dettato di legge è manifesto che patria si dice a patre (l. I., C., ubi pet. tut-l. nullus C. de decurionibus). E non è patria ogni terra natale, ma quella sola nella quale è nato il padre naturale; quella onde si è oriondi. Quindi Cicerone (de Leg., XI, 2, ap. Cujac, tome VI, p. 79 E): germana patria est ea ex qua pater naturalis naturalem originem duxit. Il che è confermato dalla legge 3 Cod. de munic. et origin., e dal voto del gravissimo Cujaccio, che conchiude (l. c.): Itaque natus Lutetiae, si pater sit oriundus e Roma, non Lutetiam, sed Romam habet patriam; Romanus nuncupatur, nisi et ipse pater Lutetiae natus sit. E così finalmente esser debbe: altrimenti che nasce in mare non avrebbe patria, e il diritto pubblico sarebbe assai poco determinato nella parte dei pesi comuni."

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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