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Giuseppe Verdi
(✶1813   †1901)

1834-1842: le prime opere

A metà del 1834 Verdi cercò di acquisire la posizione che fu di Provesi a Busseto, ma senza avere successo. Tuttavia, con l'aiuto di Barezzi, ottenne il posto secolare del maestro di musica. Insegnò, impartì lezioni e diresse la Filarmonica per diversi mesi prima di tornare, nei primi mesi del 1835, a Milano. Nel luglio successivo ottenne la sua certificazione da Lavigna. Alla fine del febbraio 1836 Verdi fu nominato Maestro di Musica del Comune di Busseto con un contratto di tre anni. Il 4 maggio del 1836 sposò nell'oratorio della Santissima Trinità Margherita, ventiduenne figlia del suo benefattore, con la quale due anni più tardi andò a vivere a Milano in una modesta abitazione a Porta Ticinese. Margherita, il 26 marzo 1837, dette alla luce la loro prima figlia, Virginia Maria Luigia, a cui seguì Icilio Romano l'11 luglio 1838. Nel 1837, il giovane compositore chiese l'assistenza di Massini per mettere in scena una sua opera a Milano.

Gli anni successivi furono segnati da gravi lutti familiari: morirono infatti i suoi figli: Virginia, il 12 agosto 1838, e Icilio, il 22 ottobre 1839, entrambi all'età di circa un anno e mezzo.

Nel frattempo, nel 1839 riuscì finalmente, dopo quattro anni di lavoro, a far rappresentare la sua prima opera alla Scala: l'Oberto, Conte di San Bonifacio, su libretto originale di Antonio Piazza, largamente rivisto e riadattato da Temistocle Solera. LOberto era un lavoro di stampo donizettiano, ma alcune sue peculiarità drammatiche piacquero al pubblico tanto che l'opera ebbe un discreto successo e fu rappresentata in quattordici repliche, a seguito delle quali Merelli offrì a Verdi un contratto per altri tre lavori. L'impresario della Scala, Bartolomeo Merelli, nel novembre 1839 accettò di inserire in cartellone un suo lavoro, che raggiunse il rispettabile numero di 13 repliche.

Mentre Verdi stava lavorando alla sua seconda opera, Un giorno di regno, la moglie Margherita, il 18 giugno 1840, morì di encefalite all'età di 26 anni. Un giorno di regno, opera di genere comico, fu messa in scena a settembre ed ebbe un esito disastroso, tanto che fu rappresentata una sola volta. Il compositore, a proposito del fallimento dell'opera ammise: "vi ebbe certo una parte di colpa la musica, ma una parte vi ebbe anche l'esecuzione". L'insuccesso dell'opera fu dovuto, con ogni probabilità, anche al momento dolorosamente difficile durante il quale fu composta. A causa di quel fallimento e dei lutti subiti, Verdi in seguito dichiarò che in quel periodo aveva deciso di smettere di comporre. La sua risoluzione dovette essere sincera, anche se poi disattesa; infatti, l'opera successiva, Nabucco, vide la luce dopo 18 mesi, un periodo relativamente lungo.

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Fu ancora Merelli a convincerlo a non abbandonare la lirica, consegnandogli personalmente il testo del Nabucco, un soggetto biblico dal quale Temistocle Solera aveva tratto un libretto d'opera, inizialmente rifiutato dal compositore Otto Nicolai. Verdi, ancora scosso dalla tragedia familiare, ripose il libretto senza neanche leggerlo, sennonché, una sera, per spostarlo, gli cadde per terra e si aprì, caso volle, proprio sulle pagine del Va, pensiero. Quando Verdi lesse il testo del famoso brano rimase scosso. Dopodiché andò a dormire, ma non riuscì a prendere sonno: si alzò e rilesse il testo più volte; alla fine lo musicò e, una volta musicato il Va, pensiero, decise di leggere e musicare tutto il libretto. In seguito Verdi ricordò: "Questo versetto oggi, domani quello, qui una nota, c'è una frase intera, e a poco a poco l'opera è stata scritta".

L'opera andò in scena il 9 marzo 1842 al Teatro alla Scala e il successo fu questa volta trionfale. Fu replicata ben cinquantasette volte, solo tra agosto e novembre, un risultato mai raggiunto fino allora per il teatro milanese. Nei tre anni successivi fu rappresentata anche a Vienna, Lisbona, Barcellona, Berlino, Parigi e Amburgo; nel 1848 fu la volta di New York e nel 1850 di Buenos Aires.

Con Nabucco iniziò la parabola ascendente di Verdi. Sotto il profilo musicale l'opera presenta ancora un impianto belcantistico, in linea con i gusti del pubblico italiano del tempo, ma teatralmente è un'opera riuscita, nonostante la debolezza e alcune ingenuità del libretto. Lo sviluppo dell'azione è rapido, incisivo, e tale caratteristica avrebbe contraddistinto anche la successiva, e più matura, produzione del compositore. Alcuni personaggi, come Nabucodonosor e Abigaille, sono fortemente caratterizzati sotto il profilo drammaturgico, così come il popolo ebraico, rappresentato nella condizione della cattività babilonese che si esprime in forma corale, unitaria, e che forse rappresenta il protagonista vero di questa prima, significativa, creazione verdiana. Uno dei cori dell'opera, il celebre Va, pensiero, con l'immedesimazione del popolo italiano nella figura del popolo ebraico prigioniero, finì per divenire una sorta di canto doloroso o inno contro l'occupante austriaco, diffondendosi rapidamente in Lombardia e nel resto d'Italia.

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1843-1850: gli "anni come galeotto"


«Dal Nabucco in poi non ho avuto, si può dire, un'ora di quiete. Sedici anni di galera!»

Nabucco segnò l'inizio di una folgorante carriera. Per quasi dieci anni Verdi scrisse mediamente un'opera all'anno, da I Lombardi alla prima crociata a La battaglia di Legnano, passando per I due Foscari, Giovanna d'Arco, Alzira, Attila, Il corsaro, I masnadieri, Ernani e Macbeth. Questi anni non furono privi di frustrazioni e sconfitte per il giovane compositore che si sentì spesso demoralizzato e tali opere giovanili, ad eccezione delle ultime due, pur presentando talvolta al loro interno pagine di acceso lirismo e una lucida visione dei meccanismi e delle dinamiche teatrali, non danno testimonianza di un'evoluzione del maestro verso forme musicali e drammaturgiche più personali e si adagiano su schemi già sperimentati in passato e legati alla tradizione melodica italiana precedente. Furono creazioni generalmente di successo rappresentate in molti teatri italiani ed europei, ma composte spesso su commissione, con ritmi di lavoro talvolta massacranti e non sempre sorrette da una genuina ispirazione. Nell'aprile 1845, a proposito de I due Foscari, scrisse: "Sono felice, non importa che riscontro arriverà, io sono completamente indifferente a tutto ciò. Non vedo l'ora che questi prossimi tre anni passino. Devo scrivere altre sei opere, poi addio a tutto". Per tale ragione, Verdi definì questo periodo della propria vita "gli anni di galera".

Grazie al successo iniziale del Nabucco, Verdi si stabilì a Milano, acquisendo numerose conoscenze influenti. Frequentò il "Salotto Maffei", il salotto letterario della contessa Clara Maffei, diventando il suo amico di una vita e corrispondente. L'incredibile numero di repliche del Nabucco alla Scala nel 1842 spinse Merelli a commissionargli una nuova opera per la stagione 1843. I Lombardi alla prima crociata, basata su un libretto di Solera, debuttò nel febbraio 1843. Inevitabilmente nacquero diversi confronti con il Nabucco; ma uno scrittore contemporaneo osservò: "Se [Nabucco] ha creato la reputazione di questo giovane, I Lombardi l'hanno confermata".

Verdi prestò molta attenzione all'aspetto finanziario dei suoi contratti, assicurandosi di essere adeguatamente remunerato al crescere della sua popolarità. Per I Lombardi ed Ernani (1844) era stato pagato 12.000 lire (ivi compresa la supervisione delle produzioni); Attila e Macbeth (1847), gli fruttarono 18.000 lire l'uno. I suoi contratti con gli editori Ricordi, stipulati nel 1847, erano molto dettagliati circa gli importi che avrebbe ricevuto per nuove opere, prime produzioni, arrangiamenti musicali e così via. Iniziò, quindi, ad usare la sua crescente prosperità per investire i proventi nell'acquisto di terreni nei pressi del suo paese natale. Nel 1844 acquisì "Il Pulgaro", 23 ettari di terreno agricolo con casa colonica e annessi e regalò nel maggio del 1844 una casa ai suoi genitori. Nello stesso anno acquistò anche Palazzo Cavalli (ora noto come Palazzo Orlandi) su via Roma, la strada principale di Busseto. Nel maggio 1848 Verdi firmò un contratto con cui acquistò la terra e le case a Sant'Agata, nel Piacentino, che un tempo erano appartenute alla sua famiglia. Qui costruì la sua nuova casa, completata nel 1880, ora conosciuta come Villa Verdi, dove visse dal 1851 fino alla sua morte.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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