Indietro Indice Autori Italiani

Italo Svevo
(✶1861   †1928)

Nel 1926 la rivista francese Le navire d'argent gli dedicò un intero fascicolo, nel 1927 tenne una famosa conferenza su Joyce a Milano, e nel marzo 1928 venne festeggiato a Parigi tra altri noti scrittori, tra cui Isaak Ėmmanuilovič Babel'.

Il 12 settembre 1928, mentre tornava con la famiglia da un periodo di cure termali a Bormio, il 67enne Svevo è coinvolto in un incidente stradale presso Motta di Livenza (provincia di Treviso), in cui rimane ferito, apparentemente in maniera non grave. Nella vettura c'erano il nipote Paolo Fonda Savio, l'autista e la moglie Livia. Secondo la testimonianza della figlia, Svevo si fratturò solo il femore, ma, mentre veniva portato all'ospedale del paese, ebbe un attacco di insufficienza cardiaca con crisi respiratoria, anche se non morì immediatamente. Raggiunto il nosocomio peggiorò rapidamente: in preda all'asma, morì 24 ore dopo l'incidente, alle ore 14:30 del 13 settembre. La causa del decesso fu asma cardiaco, sopraggiunto per l'enfisema polmonare di cui soffriva da tempo e lo stress psicofisico dell'incidente. Il quarto romanzo, Il vecchione o Le confessioni del vegliardo, una "continuazione" de La coscienza di Zeno, rimarrà incompiuto.

I funerali si svolsero a Trieste il 15 settembre, secondo il rito ebraico.

Gli interessi letterari

In Svevo confluiscono filoni di pensiero contraddittori e difficilmente conciliabili: da un lato il positivismo, la lezione di Darwin, il marxismo; dall'altro il pensiero negativo e antipositivista di Schopenhauer, di Nietzsche e di Freud. Ma questi spunti contraddittori sono in realtà assimilati da Svevo in un modo originalmente coerente: lo scrittore triestino assume dai diversi pensatori gli elementi critici e gli strumenti analitici e conoscitivi piuttosto che l'ideologia complessiva.

Così dal positivismo e da Darwin, ma anche da Freud, Svevo riprende la propensione a valersi di tecniche scientifiche di conoscenza e il rifiuto di qualunque ottica di tipo metafisico, spiritualistico o idealistico, nonché la tendenza a considerare il destino dell'umanità nella sua evoluzione complessiva. Del rapporto di Svevo con il marxismo è testimonianza il racconto - apologo La tribù nel 1897. Anche da Schopenhauer Svevo riprende alcuni strumenti di analisi e di critica, ma non la soluzione filosofica ed esistenziale: non accetta cioè la proposta di una saggezza da raggiungersi attraverso la «noluntas», la rinuncia alla volontà, e il soffocamento degli istinti vitali.

Lo stesso atteggiamento Svevo rivela nei confronti di Nietzsche e di Freud. Il Nietzsche di Svevo è il teorico della pluralità dell'io, anticipatore di Freud, e il critico spietato dei valori borghesi, non il creatore di miti dionisiaci. Quanto a Freud, che Svevo studia con passione è per lui un maestro nell'analisi della costitutiva ambiguità dell'io, nella demistificazione delle razionalizzazioni ideologiche con cui l'individuo giustifica la ricerca inconscia del piacere, nell'impostazione razionalistica e materialistica dello studio dell'inconscio. Ma Svevo rifiuta sempre di aderire totalmente al sistema teorico di Freud: accetta la psicoanalisi come tecnica di conoscenza, ma la respinge sia come visione totalizzante della vita, sia come terapia medica.

Il rifiuto della psicoanalisi come terapia rivela nello Svevo de La coscienza di Zeno una difesa dei diritti dei cosiddetti "ammalati" rispetto ai "sani". La nevrosi, per Svevo, è anche un segno positivo di non rassegnazione e di non adattamento ai meccanismi alienanti della civiltà, la quale impone lavoro, disciplina, obbedienza alle leggi morali, sacrificando la ricerca del piacere. L'ammalato è colui che non vuole rinunciare alla forza del desiderio. La terapia lo renderebbe sì più "normale", ma a prezzo di spegnere in lui le pulsioni vitali. Per questo l'ultimo Svevo difende la propria "inettitudine" e la propria nevrosi, viste come forme di resistenza all'alienazione circostante. Rispetto all'uomo efficiente ma del tutto integrato nei meccanismi inautentici della società borghese, egli preferisce essere un "dilettante", un "inetto", un "abbozzo" aperto a possibilità diverse.

continua sotto




Poetica di Svevo

Negli anni dell'elaborazione de La coscienza di Zeno e dell'ultima produzione narrativa e teatrale, la letteratura è da lui concepita come recupero e salvaguardia della vita. L'esistenza vissuta viene sottratta al flusso oggettivo del tempo. Soltanto se l'esistenza sarà narrata o «letteraturizzata» sarà possibile evitare la perdita dei momenti importanti della vita e rivivere nella parola letteraria l'esperienza vitale del passato, i desideri e le pulsioni che nella realtà sono spesso repressi e soffocati. Su questa tesi di fondo si aprono Le confessioni del vegliardo. La vita può essere difesa solo dall'«inetto», dall'ammalato o dal nevrotico, da chi nella società è un "diverso", e dunque dallo scrittore.

Dalla letteratura realista e naturalista Svevo deriva la critica al "bovarismo" agli atteggiamenti da sognatore romantico dei protagonisti dei primi due romanzi, e una struttura narrativa, in Una vita e in Senilità, ancora tributaria all'impianto narrativo tradizionale. Da Dostoevskij e da Sterne desume la spinta all'analisi profonda dell'Io e a un rinnovamento radicale delle strutture narrative. Caratteristica della poetica di Svevo un contrasto tra ciò che è razionale e ciò che è ideale. Su questo piano agisce anche l'influenza di Joyce. Essa si risolve però in molteplici gestioni culturali (l'attenzione all'inconscio) e la tendenza a correlare l'analisi del profondo alla ricerca di un nuovo impianto narrativo più che in una effettiva analogia di soluzioni formali. La confessione di Zeno resta ben lontana dal "flusso di coscienza" dell'Ulisse, il capolavoro di Joyce.

Attività letteraria

Il primo romanzo: Una vita

Una vita (1892). Alle origini il romanzo venne presentato all'editore Treves con il titolo "Un inetto", in seguito Svevo fu invitato dallo stesso Treves a modificare il titolo del romanzo, reintitolandolo così "Una vita". Detto ciò il romanzo presenta nello schema una storia tardoverista, configurandosi come racconto di un vinto, cioè di un uomo sconfitto dalla vita. Ma rispetto al romanzo naturalista è evidente lo scarto: Alfonso è sconfitto non da cause esterne, sociali, ma interiori, proprie del suo modo di essere. Il protagonista incarna la figura dell'inetto, cioè di un uomo caratterizzato non da un'incapacità generica, ma da una volontà precisa di rifiutare le leggi sociali e la logica della lotta per la vita.

Breve sintesi del romanzo
Alfonso Nitti, trasferitosi dalla campagna a Trieste, trova un impiego in banca, ma non riesce a stabilire contatti umani e vede le sue ambizioni economiche e letterarie frustrate. Vive una relazione con Annetta Maller, figlia del proprietario della banca. Sposando Annetta, potrebbe veder realizzate le proprie ambizioni, ma Alfonso, preso dall'inettitudine, fugge al paese natale, dove trova la madre gravemente ammalata. In seguito alla morte della madre è convinto di aver trovato finalmente il suo modus vivendi, che consiste nel dominare le passioni. In realtà il protagonista è ben presto ripreso da queste ultime. Infatti ritornato a Trieste, rivede Annetta e le scrive una lettera, questa però è promessa sposa a Macario, giovane appassionato di letteratura conosciuto in casa Maller. Annetta non risponderà a questa lettera. Nel frattempo il fratello di Annetta sfida a duello Alfonso. Il protagonista preferisce suicidarsi con una pistola, conscio del proprio fallimento.

continua sotto




Il secondo romanzo: Senilità

Nel 1898 appare sull'Indipendente a puntate il suo secondo romanzo Senilità che verrà pubblicato, sempre a spese dell'autore, nello stesso anno ma non otterrà alcun successo. L'ultima edizione, sempre rivista dall'autore, è del 1927. Il titolo ha significato metaforico: appunto "senilità" indica l'incapacità di agire che è propria degli anziani, ma nel romanzo qualifica tale quella del protagonista che è abbastanza giovane.

Breve sintesi del romanzo
Emilio Brentani, 35 anni, è conosciuto a livello cittadino per aver scritto un romanzo, e lavora come impiegato in una compagnia di assicurazioni. Vive un'esistenza grigia e monotona in un appartamento con la sorella Amalia, che lo accudisce. Emilio conosce Angiolina, di cui si innamora, e ciò lo porta a trascurare la sorella e l'amico Stefano Balli, scultore, che compensa i pochi riconoscimenti artistici con i successi con le donne. Stefano non crede nell'amore, e cerca di convincere Emilio a "divertirsi" con Angiolina, che è conosciuta in città con una pessima fama. Emilio dimostra invece tutto il suo amore nei confronti di questa donna, arrivando anche a trascurare gli indizi degli amici che cercano di avvertirlo dei suoi numerosi tradimenti. Stefano comincia a frequentare casa Brentani con maggiore assiduità, e Amalia finisce per innamorarsene.

Emilio, geloso della sorella, allontana Stefano, e Amalia, tornata triste e malinconica, comincia a stordirsi con l'etere, finché non si ammala di polmonite. Emilio segue la sorella malata, ma col pensiero sempre rivolto ad Angiolina, arrivando anche ad abbandonare la sorella più volte per andare ad un appuntamento con l'amata. Dopo la morte della sorella Amalia, Emilio smette di frequentare Angiolina, pur amandola, e si allontana da Stefano Balli. Viene poi a sapere che Angiolina è fuggita con il cassiere di una Banca. Anni dopo, nel ricordo, Emilio vede le due donne fuse in una singola persona, con l'aspetto dell'amata e il carattere della sorella.

Il ritorno al lavoro

Deluso dall'insuccesso letterario decide di dedicarsi al commercio e diventa curatore di affari nel colorificio Veneziani che appartiene al suocero Gioacchino. Per motivi d'affari legati al colorificio, negli anni tra il 1899 e il 1912 Svevo deve intraprendere diversi viaggi all'estero e sembra aver completamente dimenticato la sua passione letteraria. In realtà egli continua a scrivere e certamente a questo periodo risalgono le opere Un marito, Le avventure di Maria e una decina di racconti.

Il periodo bellico e la ripresa letteraria

Nel 1915, allo scoppiare della prima guerra mondiale, la famiglia abbandona Trieste e Svevo rimane da solo a dirigere il colorificio che però verrà chiuso qualche anno dopo. Senza più l'attività lavorativa, egli riprende i suoi studi letterari e intraprende la lettura degli autori inglesi interessandosi inoltre al metodo terapeutico di Freud del quale, in collaborazione con un nipote medico, traduce Über den Traum che è una sintesi del Interpretazione dei sogni.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

Pagina precedente
2/10
Pagina successiva
Indietro Indice Autori Italiani