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Italo Svevo
(✶1861   †1928)

Per questo l’opera di Svevo è idealmente vicina a quella di Luigi Pirandello, di James Joyce, di Marcel Proust: essa testimonia il male dell’anima moderna. Emerge all’analisi di Svevo una condizione di alienazione dell’uomo che risulta lucidamente incapace di avviare un rapporto operoso con la realtà che lo circonda. Zeno ad esempio è un vinto consapevole ma senza grandezza, perché l’inettitudine esclude la lotta. Questa condizione però, per Svevo, non è connaturata all’uomo, bensì deve imputarsi a precise ragioni storiche. La spirale produttivistica di una società come l’attuale ha ridotto così l’umanità e potrebbe produrre la catastrofe, come si capisce dall’ultima pagina del romanzo:

«la vita attuale è inquinata alle radici […]. Qualunque sforzo di darci la salute è vano. Questa non può appartenere che alla bestia che conosce un solo progresso, quello del proprio organismo […]. Ma l’occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c’è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca a chi li usa. Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l’uomo diventa sempre più furbo e più debole. Anzi si capisce che la sua furbizia cresce in proporzione alla sua debolezza. I primi suoi ordigni parevano prolungazioni del suo braccio e non potevano essere efficaci che la forza dello stesso, ma oramai, l’ordigno non ha più alcuna relazione con l’arto. Ed è l’ordigno che crea la malattia con l’abbandono della legge che fu su tutta la terra la creatrice. La legge del più forte sparì e perdemmo la selezione naturale. Altro che psico – analisi ci vorrebbe: sotto la legge del possessore del maggior numero di ordigni prospereranno malattie ed ammalati. Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie»

Per lo scenario apocalittico di una società del genere non c’è salvezza. Svevo condanna senza clemenza la società borghese capitalista e non ne vede alternative sul piano storico. L’unica alternativa è infatti sul piano individuale: la sola salvezza per il singolo individuo è nell’acquisizione della coscienza, nella consapevolezza della condizione umana, delle menzogne e degli alibi con i quali mascheriamo le nostre fughe dalla realtà, laddove ci si sappia adattare, come Zeno, alla propria inettitudine. Le uniche vie di salvezza, insomma, sono l’autocoscienza e l’ironia. Ed ecco allora l’ironia che si avverte in tante pagine de La coscienza di Zeno, il vedersi vivere spesso divertito del protagonista. In questa lucidità ironica sta la principale differenza con i precedenti protagonisti sveviani, e la profondità psicologica ed esistenziale di Zeno Cosini: un ultimo per forza del destino, il cui nome inizia con l'ultima lettera dell'alfabeto; un inetto per definizione, come si capisce dallo striminzito cognome; così come è indicativo il fatto che tutte le sue donne invece posseggano un nome che comincia con la lettera "A", ad indicare l'irraggiungibilità della Donna in quanto tale e l'abissale baratro che separa il personaggio dell'inetto dalla possibilità di vivere una vera vita.

Il critico Giorgio Luti ha rilevato come i romanzi di Svevo evidenziano l'inquietudine dell'uomo moderno, la nuova coscienza "storica" della borghesia che sente esaurirsi il proprio "compito sociale" e la propria funzione direttiva. Svevo a Trieste "si trovò a partecipare alla crisi del mondo austro-ungarico che andava sempre più perdendo la propria funzione di coordinamento centro-europeo". Nello scrittore triestino si riflettono perciò "la solitudine del borghese, la disperata assenza di una ragione di vita, di una fede solida di fronte al crollo delle vecchie strutture economiche" (Alfonso Nitti, protagonista di Una vita, intraprende un'impari lotta contro un organismo socio-economico che lo stritola, con la torturante coscienza di sapersi una vittima). Rispetto ad Alfonso Nitti, Emilio Brentani, protagonista di Senilità, è alla "ricerca di una giustificazione sociale alla propria condizione di vinto in anticipo"; allo scrittore "occorre la spiegazione clinica della situazione interiore del personaggio". Ne risulteranno sempre il fallimento, la rinuncia, la solitudine dell'individuo. Zeno Cosini è poi "documento della malattia universale", emblema, scrive Luti, di una "crisi estrema che non è soltanto economica, politica e culturale, ma crisi che mette in dubbio anche la giustificazione dello stesso valore morale dell'individuo".

Nell'opera di Svevo è presente l’idea della vita come lotta: Svevo seguendo Darwin e Nietzsche è convinto che la vita sia una lotta per l’affermazione di sé e che gli uomini si dividano perciò in vincitori e vinti. Se da Darwin mutua la concezione della selettiva e violenta lotta per la vita (darwinismo sociale), di Marx condivide la condanna della civiltà industriale con tutte le sue malattie (alienazione) e i suoi ordigni. Nel romanzo Una vita c'è anche un richiamo alla filosofia di Schopenhauer, alla contrapposizione tra "lottatori" e "contemplatori".

Dall'opera di Schopenhauer (Il mondo come volontà e rappresentazione) attinge l'idea del "carattere inconsistente" del nostro agire e dei nostri desideri: secondo il filosofo tedesco non siamo infatti noi a volere, ma vuole in noi, durante la nostra esistenza illusoria, una cieca volontà irrazionale, assolutamente senza scopo, "che anima l'universo in ogni sua fibra". L'io si rivela dunque come sforzo, volontà di vivere più o meno presente nei singoli a seconda che appartengano ai "lottatori" o ai "contemplatori". L'attivismo che schiaccia l'individuo è dunque un aspetto che viene dal pensiero di Schopenhauer, mentre da Joyce viene l'idea di scavo della coscienza umana e da Proust lo studio del fluire della memoria per capire le cause dei comportamenti umani ed analizzare il passato. Il critico Salvatore Guglielmino scrive: “è certo che Svevo, assieme a Pirandello, è la voce che può degnamente inserirsi nel coro europeo che in quegli anni scopre il volto enigmatico ed oscuro del vivere (si pensi sotto certi aspetti a Kafka); è certo che lo scacco dei suoi personaggi di fronte alla vita è – l’ha notato il Crémieux - quello che Chaplin esemplificava nel suo Charlot“.

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Opere

Romanzi e racconti

Il primo amore (marzo 1880, perduto)
Le Roi est mort, vive le Roi! (luglio 1880, perduto)
I due poeti (1880, perduto)
Difetto moderno (febbraio 1881, perduto)
I tre caratteri, poi La gente superiore (marzo 1881, perduto)
Una lotta, come E. Samigli, in "L'Indipendente", 6,7, e 8 gennaio 1888.
Una vita, Trieste, Libreria Editrice Ettore Vram, 1893 (ma 1892); Milano, Morreale, 1930; Milano, Dall'Oglio, 1938; Milano, A. Mondadori, 1956.
Senilità, Trieste, Libreria Editrice Ettore Vram, 1898; Milano, Morreale, 1927; Milano, Dall'Oglio, 1938; 1949.
La coscienza di Zeno, Bologna, Cappelli, 1923; Milano, Morreale, 1930; Milano, Dall'Oglio, 1938; 1947; 1957.
La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti, Milano, Morreale, 1929; Milano, Dall'Oglio, 1938; 1951.
La novella del buon vecchio e della bella fanciulla (1926)
La madre (1926)
Una burla riuscita (1926)
Vino generoso (1926)
Il vecchione (1928, incompiuto)
Corto viaggio sentimentale e altri racconti inediti, Milano, A. Mondadori, 1949.
Corto viaggio sentimentale (incompiuto)
L'assassinio di via Belpoggio, già ne "L'Indipendente", 4 luglio-13 ottobre 1890
Proditoriamente
La morte
Orazio Cima
Il malocchio
La buonissima madre
L'avvenire dei ricordi (1877)
Incontro di vecchi amici
Argo e il suo padrone
Marianno
Cimutti
In Serenella
La tribù
Giacomo
Le confessioni del vegliardo
Umbertino
Il mio ozio
Un contratto
Lo specifico del dottor Menghi

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Saggi

Storia dello sviluppo della civiltà a Trieste nel secolo presente, in "La Nazione" (Trieste), 2 agosto 1921.
Profilo autobiografico (1929), in Livia Veneziani Svevo, Vita di mio marito, Trieste, Edizioni dello Zibaldone, 1950.
Saggi e pagine sparse, Milano, A. Mondadori, 1954.
Favole
- L'asino e il pappagallo
- I due colombi
- Colpa altrui
- Non c'è gusto
- Indispensabile
- Un suicidio
- Arte
- Il vecchio ammalato
- Madre natura
- La lucertola e il vertebrato
- L'uomo e i pesci
- L'uccellino e lo sparviero
- La lepre e l'automobile
- La differenza
- Denaro e cervello
- Il dono
- Follia umana
- La libertà
- La formica morente
- Rapporti difficili
- Piccoli segreti
- Articoli
- Saggi diversi
- Scritti su Joyce
- Lo specifico del dottor Menghi (racconto)
Diario per la fidanzata (1896), Trieste, Edizioni dello Zibaldone, 1962.
La storia dei miei lavori (1881), in Bruno Maier, Lettere a Svevo; Diario di Elio Schmitz, Milano, Dall'Oglio, 1973.

Teatro

Commedie, Milano, A. Mondadori, 1960.
- Le ire di Giuliano (1885-92)
- Le teorie del conte Alberto (1885-92)
- Una commedia inedita (1885-92)
- Prima del ballo(1891)
- La verità (1927)
- Terzetto spezzato (1927)
- Atto unico
- Un marito (1931)
- Inferiorità (1932)
- Il ladro in casa (1932)
- L'avventura di Maria (1937)
- Con la penna d'oro (incompiuta)
- La rigenerazione
Ariosto governatore, in Bruno Maier, Lettere a Svevo; Diario di Elio Schmitz, Milano, Dall'Oglio, 1973 (frammento in versi del 1880)

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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