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Leonardo da Vinci
(✶1452   †1519)

La Danae e i lavori al Castello Sforzesco
Il 31 gennaio 1496, il successo della messa in scena del Paradiso venne replicato dall'allestimento della Danae di Baldassarre Taccone, rappresentata a Milano in casa del conte di Caiazzo Francesco Sanseverino. Sul verso di un folio leonardesco, conservato al Metropolitan Museum of Art, si trova uno studio preparatorio per l'impianto scenico: al centro di una nicchia si trovava un personaggio, forse Giove, fiammeggiante e in una mandorla, circondato da un palcoscenico con ali ricurve, forse riservate ai musici. Altre fonti ricordano come gli dei dell'Olimpo calassero dall'alto, rimanendo sospesi nel vuoto tra effetti luminosi che simulavano un cielo stellato; un sistema di argani e carrucole dava agli attori la capacità di muoversi con disinvoltura.

In quel periodo Leonardo lavorò contemporaneamente alla decorazione dei camerini in Castello Sforzesco che interruppe nel 1496; in quest'anno, da una sua nota di spese per una sepoltura, si è dedotta la morte della madre.

Dell'opera resta oggi solo la decorazione della volta della Sala dell'Asse, con una fitta trama vegetale di notevole sensibilità naturalistica, oggi apprezzabile solo a livello generale per via delle ridipinture rese necessarie a più riprese per coprire le lacune.

Del 2 ottobre 1498 è l'atto notarile col quale Ludovico il Moro gli donò una vigna tra il convento di Santa Maria delle Grazie e il monastero di San Vittore al Corpo. Intanto nubi minacciose si addensavano sull'orizzonte milanese: nel marzo 1499 Leonardo si sarebbe recato a Genova insieme con Ludovico, sul quale incombeva la tempesta della guerra che egli stesso aveva contribuito a provocare; mentre il Moro era a Innsbruck, cercando invano di farsi alleato l'imperatore Massimiliano, il 6 ottobre 1499 Luigi XII conquistava Milano. Il 14 dicembre Leonardo fece depositare 600 fiorini nell'Ospedale di Santa Maria Nuova a Firenze e abbandonò Milano.

Il periodo errabondo (1499-1508)

La partenza da Milano, occupata dai francesi, segnò l'inizio di un periodo di viaggi e peregrinazioni, che lo condussero a visitare più corti e città, tornando per brevi periodi a Firenze.

A Mantova
Riparò a Mantova, ospite di Isabella d'Este, la quale aveva visto la Dama con l'ermellino restandone colpita. Essa commissionò a Leonardo un ritratto mai completato, del quale si conserva il cartone preparatorio, oggi al Museo del Louvre.

Nonostante le lusinghe di Isabella, che voleva fare di Leonardo il pittore di corte sostituendo l'anziano Andrea Mantegna, del quale non apprezzava l'arte nel ritratto, Leonardo ripartì presto, trovando l'ambiente mantovano forse troppo soffocante e tutto sommato con limitate prospettive di guadagno per i continui problemi economici del piccolo ducato.

A Venezia
Giunse così a Venezia nel marzo 1500. La presenza dell'artista fiorentino nella Serenissima è testimoniata da Luca Pacioli, che forse l'accompagnò in città per approntare insieme la stampa del De divina proportione, che era illustrato con disegni forse derivati da prototipi di Leonardo. Vasari non citò la trasferta, forse perché legata alle attività di ingegnere e matematico piuttosto che alle discipline artistiche.

Qui venne incaricato di progettare alcuni sistemi difensivi contro la continua minaccia turca. Leonardo ideò una diga mobile, da collocare sull'Isonzo e sul Vilpacco, in grado di provocare inondazioni sui presidi in terraferma del nemico. In ogni caso anche da Venezia ripartì presto. Forse a Venezia fece o comunque lasciò alcuni dei suoi innovativi studi sulle caricature e volti grotteschi, la cui influenza si legge in alcune opere successive prodotte a Venezia, come La Vecchia di Giorgione o il Cristo dodicenne tra i dottori del soggiorno veneziano di Albrecht Dürer. Inoltre Leonardo aveva con sé il cartone per il Ritratto di Isabella d'Este, che potrebbe essere stato un esempio per spingere gli artisti locali all'approfondimento psicologico nel ritratto e a una maggiore sensibilità verso gli effetti luminosi.

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Il ritorno a Firenze
Dopo aver visitato Roma e Tivoli, nell'aprile 1501 tornò a Firenze, dove non metteva piede da vent'anni. Trovò accoglienza presso il canonico Amadori a Fiesole, fratello della matrigna Albiera, nonostante suo padre Piero fosse ancora vivo; probabilmente l'artista si sarebbe trovato a disagio nella casa piena dei fratellastri che non conosceva nemmeno e che si rivelarono poi a lui ostili dopo la morte del padre, riguardo all'eredità.

Durante la sua assenza, Firenze era cambiata sia sul piano politico che sulla scena artistica. Morto il Magnifico e cacciato suo figlio Piero nel 1494, si era restaurata la piena Repubblica, con a capo dal 1502 il gonfaloniere a vita Pier Soderini. Nuove "stelle" erano salite alla ribalta, tra cui quella di Michelangelo, di oltre vent'anni più giovane di Leonardo, con il quale non corse mai buon sangue.

Leonardo era tormentato da problemi economici e bisognoso di lavorare. Fu così che l'amico Filippino Lippi, che in passato aveva ricevuto commissioni lasciate incompiute da Leonardo, rinunciò in suo favore all'incarico di dipingere per i frati Serviti una pala d'altare per l'altare maggiore della Santissima Annunziata. Leonardo, col Salaì, si trasferì allora nel convento, ma ancora una volta non riuscì a completare l'opera affidatagli. I frati si dovettero accontentare di un cartone con la Sant'Anna, poi perduto, che godette di una straordinaria fama tra i contemporanei. Ne resta una vivace descrizione del Vasari:

«Finalmente fece un cartone dentrovi una Nostra Donna et una S. Anna, con un Cristo, la quale non pure fece maravigliare tutti gl'artefici, ma finita ch'ella fu, nella stanza durarono due giorni d'andare a vederla gl'uomini e le donne, i giovani et i vecchi, come si va a le feste solenni, per veder le maraviglie di Lionardo, che fecero stupire tutto quel popolo.»
(Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), Vita di Lionardo da Vinci.)

Pare ormai assodato che l'opera non sia il Cartone di sant'Anna oggi a Londra, che è invece un'opera dipinta forse per Luigi XII poco dopo, entro il 1505, e proveniente dalla casa milanese dei conti Arconati; piuttosto dal cartone fiorentino dovette derivare la Sant'Anna, la Vergine e il Bambino con l'agnellino del Louvre, completata comunque molti anni dopo.

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La Madonna dei Fusi
Isabella d'Este nel frattempo cercava di ottenere i servigi di Leonardo per il suo studiolo e per un ritratto, secondo il suo progetto di far competere i maggiori pittori dell'epoca, che doveva coinvolgere anche Giovanni Bellini, Giorgione e altri. Con l'intercessione del carmelitano Pietro da Novellara chiese il ritratto e in subordine, «un quadretto de la Madonna devoto e dolce como è il suo naturale», ma il frate le rispose che «li suoi isperimenti matematici l'hanno distratto tanto dal dipingere che non può patire il pennello».

Nella lettera datata 14 aprile 1501 il frate le comunicò che Leonardo stava eseguendo un "quadrettino" per il segretario del re di Francia Florimond Robertret, che raffigurava la Vergine nell'atto di "inaspare i fusi" e il Bambino mentre afferra l'aspo come se fosse una croce. Si tratta sicuramente della Madonna dei Fusi, della quale esistono molte versioni, nessuna pienamente autografa. Le più vicine alla mano leonardesca sono ritenute quella nella collezione del duca di Buccleuch nel Drumlaring Castle presso Edimburgo, forse la più antica, e quella in una collezione privata a New York.

Le lettere testimoniano comunque che Leonardo fosse ormai, anche a Firenze, pienamente occupato come pittore.

Al servizio di Cesare Borgia
Nel 1502 Leonardo venne assoldato da Cesare Borgia in veste di architetto e ingegnere militare. I due avevano già avuto modo di conoscersi a Milano nel 1499. Il figlio di papa Alessandro VI, detto "duca del Valentino", fu uno dei tiranni più feroci del momento ed occupò Leonardo, che era giunto a Cesena, in varie mansioni legate alle continue campagne militari, come rilevare e aggiornare le fortificazioni delle città di Romagna conquistate. Per lui mise a punto un nuovo tipo di polvere da sparo, formata da una miscela di zolfo, carbone e salnitro, studiò macchine volanti e strumenti per la guerra sottomarina. In agosto soggiornò a Pavia, da dove partì per ispezionare le fortezze lombarde del Borgia; disegnò inoltre mappe dettagliate per facilitare le mosse strategico-militari dell'esercito.

Leonardo accettò l'incarico ed alla fine del giugno 1502 era già ad Urbino al seguito dell'esercito di Cesare Borgia in qualità di "Architecto et Ingegnero Generale". L'investitura fu "ufficializzata" con una lettera patente (una sorta di lasciapassare) rilasciata il 18 agosto. In questo documento sono descritti con chiarezza i compiti che il Valentino affidò a Leonardo: egli doveva "vedere, mesurare, et bene extimare" allo scopo "di considerare li Lochi et Forteze e li Stati Nostri, Ad ciò che secundo la loro exigentia ed suo iudico possiamo provederli". Si doveva trattare cioè di una ricognizione al fine di individuare e progettare quelle opere militari e civili che avrebbero consolidato la signoria del Valentino e permesso una difesa efficace contro i numerosi nemici esterni ed interni.

Al seguito del Valentino assistette a una delle più sanguinose e crudeli campagne dell'epoca, l'attacco a tradimento contro Urbino. Proprio a Urbino Leonardo strinse rapporti d'amicizia con Niccolò Machiavelli, probabilmente già conosciuto a Firenze.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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