Indietro Indice Autori Italiani

Vincenzo Monti
(✶1754   †1828)

I Pensieri d'amore, un'apertura romantica?
Il suo stile abbandonò la fredda adulazione con gli endecasillabi sciolti Al principe Sigismondo Chigi, e ancor più con i celebri Pensieri d'Amore, dove freme di passione disperata per una giovinetta che la critica ha identificato nell'educanda Carlotta Stewart, che Monti aveva conosciuto tra settembre e ottobre a Firenze nella casa della livornese Fortunata Sulgher Fantastici e che aveva pensato di sposare, salvo incontrare il diniego dei parenti di lei, ricchi assai più del poeta che a Roma viveva ancora miseramente. Fortunata e il principe Sigismondo Chigi furono confidenti delle pene amorose del poeta. Il Chigi (Roma 1736 - Padova 1793), Custode del Conclave, ebbe fama di liberale e molto amava la poesia, che praticò con successo, ricevendo anche i complimenti del Visconti. Spirito libero e aperto, si sposò due volte e dovette subire l'accusa, falsa, di aver avvelenato un cardinale per gelosia.

Il modello delle due opere è da ricercare senz'altro nel Werther, che Monti lesse nell'anonima traduzione francese, e con cui condivideva il nome della protagonista femminile. I Pensieri d'amore adottano uno stile più malinconico e sincero, e costituiscono le prime avvisaglie di un avvicinamento, forse non emotivo ma certamente formale, alla poetica romantica, tanto che lo stesso Leopardi ne trarrà ispirazione per alcuni dei suoi componimenti più famosi, come si evince da questi versi:

«Alta è la notte, ed in profonda calma
dorme il mondo sepolto,
...Io balzo fuori dalle piume, e guardo;
e traverso alle nubi, che del vento
squarcia e sospinge l'iracondo soffio,
veggo del ciel per gl'interrotti campi
qua e là deserte scintillar le stelle.
Oh vaghe stelle!...»
(Pensieri d'amore, VIII, 124-132)

Ritorno al Neoclassicismo
Tuttavia è ancora presto, la sua poesia rimane nel solco della tradizione arcadica e in sintonia con la lezione degli illuministi. Monti continua a frequentare l'Accademia, e qui recita le due opere successive, il sonetto Sopra la morte (alla fine saranno quattro, e vedranno la luce nel 1788), molto popolare all'epoca, e l'ode Al signor di Montgolfier, scritta in quartine. Essa trasse spunto dal secondo volo aerostatico della storia, avvenuto a Parigi il 1º dicembre 1783. In una comunione stupita col popolo, Monti ne trae un'opera sincera, non commissionata, imbastita sul paragone tra le imprese della nave Argo e quelle della mongolfiera, in un parallelo volto ad esaltare, come nella Prosopopea, la modernità, e, in un afflato del tutto illuminista, il progresso umano.

Nel 1784 cominciò a metter mano a un testo sul quale sarebbe ritornato per tutta la vita, senza mai riuscire a completarlo. Si tratta de la Feroniade, il cui titolo rimanda alla ninfa amata da Zeus e perseguitata da Giunone. Anche qui non manca il pretesto: questa volta si vuole glorificare l'intenzione di Pio VI di bonificare le paludi dell'Agro Pontino, opera che non ebbe lieto esito ma suscitò grande risonanza, e anticipò la famosa bonifica mussoliniana. L'opera che ci è stata tramandata conta ben 2000 versi sciolti. L'idea per il tema venne al Monti nel corso delle battute di caccia che conduceva assieme al principe nella zona di Terracina, dove vide la fontana Feronia citata da Orazio, e si lavò anch'egli ora manusque (le mani e il volto, perché qui ora è naturalmente da intendersi come sineddoche). La critica ha ravvisato gli innumerevoli rimandi stilistici e tematici a Virgilio, mentre Carducci ha parlato di influenza omerica. In ogni caso, sono testimonianze che ben rilevano il gusto neoclassico dell'opera.

continua sotto




La parentesi tragica
Tra il maggio del 1781 e quello del 1783 Vittorio Alfieri trascorse il suo secondo soggiorno romano, e nell'Urbe fece conoscere alcune delle sue tragedie (sono in particolare gli anni della composizione del Saul, recitato in Arcadia il 3 giugno 1783 alla presenza del Nostro). Monti, che per Alfieri nutriva un'ammirazione mista a invidia, pensò di virare verso il genere tragico, cercando di soddisfare il pubblico che per opere di questo tipo chiedeva, come ebbe a rilevare Francesco De Sanctis, uno stile che fosse una via di mezzo tra la durezza alfieriana e l'espressività metastasiana.

In questo modo nacque l'Aristodemo, storia dei tormenti di un padre che ha ucciso la figlia per ambizione. La fonte è classica: ci narra la storia in poche righe il greco Pausania, e l'argomento era già stato messo in tragedia nel secolo precedente da Carlo de' Dottori, in un'opera che offre alcuni spunti ravvisabili nel testo montiano. L'opera, rappresentata il 16 gennaio 1787 al teatro Valle (la prima assoluta risale all'anno precedente, a Parma), riscosse un ampio successo, per quanto non siano poi mancate, in un secondo momento, delle voci critiche. In ogni caso Monti era sempre più protagonista indiscusso della vita letteraria romana. A Parma, inoltre, l'opera fu pubblicata per i tipi di Giambattista Bodoni, editore di prestigio nella città che veniva definita "Atene d'Italia".

Nell'Aristodemo il rimorso è il vero protagonista del testo, in un'atmosfera a metà strada tra il Racconto d'inverno e Delitto e castigo (seppur non allo stesso livello di pathos e di introspezione psicologica, perché Monti è sempre più leggero, anche quando è solenne), e nella compresenza di varie fonti ispiratrici; oltre a Dante, Petrarca o lo stesso Alfieri, sono ravvisabili le sirene del Nord, tali da giustificare la definizione, per l'opera, di "tragedia sepolcrale".

Fu durante una rappresentazione privata dell'opera, nel 1786, che il poeta si invaghì della sedicenne Teresa Pichler, che aveva recitato assieme a lui. Questo fu il preludio alle nozze di cinque anni più tardi.

Sull'onda del successo scrisse ancora due tragedie, una modesta, Galeotto Manfredi (1787), e una di maggior spessore, Caio Gracco, che ebbe una gestazione più lunga (1788-1800). La commissione del Galeotto fu assegnata al poeta da Costanza Falconieri, che desiderava una vicenda "domestica". La trama è tratta dalle Istorie Fiorentine del Machiavelli, dove si narra di come la moglie di Galeotto signore di Faenza e figlia di Bentivoglio signore di Bologna - corrispondente nella realtà a Francesca Bentivoglio e portata sulla scena con il nome di Matilde -, avesse ordito e portato a compimento nel 1488 un complotto per uccidere il consorte, «o per gelosia, o per essere male dal marito trattata, o per sua cattiva natura». Monti, nell'Avvertimento anteposto al testo, dichiara di aver scelto la prima ipotesi, vista la libertà in cui lo lasciavano le varie teorie di Machiavelli.

In una tessitura che richiama un po' troppo da vicino l'Otello shakespeariano, Monti non manca di fare polemica, nascondendosi nel personaggio del fido Ubaldo, cui fa da contraltare il traditore Zambrino, sotto le cui spoglie si cela Lattanzi, rivale del poeta. Nonostante ci siano quindi accenti veritieri, l'opera non riscosse successo e il poeta stesso la definì mediocre.

Il Caio Gracco, di cui Plutarco è la fonte principale, riscosse grandi apprezzamenti nella prima milanese del 1802, ma già nel 1788 mostrò i primi fermenti giacobini del poeta, mentre la Rivoluzione Francese era nell'aria. Si notano però anche tendenze patriottiche, nel riconoscimento della comune origine italica, in un anticipo risorgimentale.

continua sotto




L'ode introduttiva all'Aminta
Nell'aprile 1788 ci fu una nuova collaborazione con Bodoni, che volle ristampare l'Aminta tassesca in occasione delle nozze della figlia ultimogenita della marchesa Marianna Malaspina della Bastia, Giuseppina Amalia, con un conte parmigiano. Bodoni chiese al Monti alcuni versi di introduzione all'opera. Nacque in questo modo l'ode Alla Marchesa Malaspina della Bastia, dove, oltre alle virtù di bellezza e ingegno della nobildonna, si celebrano i meriti della famiglia Malaspina, che ospitò l'esule Dante nel 1306, e che come tale è rimasta protettrice della poesia, tanto che la marchesa prese sotto la sua ala Carlo Innocenzo Frugoni. Questi è qui paragonato a Pindaro e Orazio, nei consueti toni spropositati che in questo caso, nella denuncia degli imitatori del Frugoni, pare volessero colpire in particolare il poeta Angelo Mazza, che aveva stroncato l'Aristodemo. L'ode, in sciolti, sovrabbonda di riferimenti mitologici ed eleva l'opera tassesca a emblema dell'amore stesso.

Monti reazionario, la Bassvilliana
Il 3 luglio 1791 sposò Teresa Pikler (Roma, 3 giugno 1769 - Milano, 19 maggio 1834), o meglio Pichler figlia di Giovanni Pichler (1734-1791) famoso intagliatore di gemme della città, ma oriundo tirolese, e di Antonia Selli, romana. La celebrazione fu sobria, lontana dai clamori della ribalta, e si tenne nella chiesa di san Lorenzo in Lucina. Dal matrimonio nacquero due figli, Costanza (Roma, 1792- Ferrara, 1840), che poi sposerà il conte Giulio Perticari e coltiverà le lettere entrando anche in Arcadia, e Giovan Francesco (1794-1796), ma quest'ultimo morirà in tenera età. Alla moglie rimase profondamente fedele per il resto dei suoi giorni.

Nel 1793 due artisti lionesi furono arrestati nella capitale e rilasciati dal Pontefice. Da Napoli furono inviati Nicolas Hugon detto Bassville e La Flotte per ringraziare il Papa. Tuttavia il 14 gennaio 1793 uno di loro, Hugo Basseville, uscì nella pubblica via esibendo il simbolo dei rivoluzionari francesi, la coccarda, stimolando la reazione della folla e subendo il linciaggio. Le guardie pontificie misero La Flotte in salvo, mentre Bassville morì poche ore dopo, pentendosi e confessandosi. L'episodio esaltò gli impulsi antirivoluzionari che si agitavano in Italia e in particolar modo a Roma. Una miriade di opere fu composta per sottolineare la divina punizione cui la sacrilega Francia era andata incontro. La voce più alta la leva Monti nella celebre Cantica in morte di Ugo di Basseville, più comunemente nota come Bassvilliana, composta tra il gennaio e l'agosto di quell'anno. Senza contraddire le proprie basi arcadiche, il poeta traspone i ghiribizzi del suo stile elevato ed etereo in un componimento che ha una portata certamente maggiore rispetto a quelli precedenti. Il successo è immediato, tanto da portare a 18 edizioni nel giro di sei mesi.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

Pagina precedente
2/7
Pagina successiva
Indietro Indice Autori Italiani