145. dopo avere, tenere, fare e sim. con un aggettivo per lo più di senso neutro (P. I, cap. II, § 7 verso il fine), o un sostantivo per lo più di senso personale. Questo Ippocrate ha del mirabile e del divino. G. Gozzi. – Quell’ingrato popolo .... Che tiene ancor del monte e del macigno. Dante. – Tu fai dell’animoso ora e del fiero. Berni. – L’ignorante vuol fare dell’istruito, il rustico del contadino. Leopardi;

146. dopo dare, nel senso di attribuire un titolo ad alcuno. Si comincerà a dare dell’eminenza ai vescovi. – Manzoni. Dar del baggiano a un Milanese è come dar dell’illustrissimo a un cavaliere. Manzoni. Per lo stesso costrutto si usa dar del tu, dar del lei, dar del voi (vedi P. I, cap. VI, § 16).

Duplicazione del complemento partitivo
147. Duplicazione del complemento partitivo. Il complemento partitivo si duplica nella stessa proposizione colla particella ne (vedi addietro, § 20), quando il soggetto o l’oggetto del verbo resterebbero indeterminati e non si saprebbe a che cosa si riferissero; ma non si duplica, quando sono determinati di per sè; p. es., dei libri ne ho molti o ne ho molti de’ libri. Invece: dei libri ho soltanto Dante e il Petrarca.

148. Nella duplicazione del partitivo si usa talvolta, almeno parlando familiarmente, omettere la preposizione; p. es. libri ne ho molti, non ne vendo salsiccie.

Parti secondarie: complementi avverbiali

Complementi avverbiali
149. Il verbo che si trova nella proposizione, oltre a determinarsi direttamente coll’oggetto, può altresì farlo indirettamente per mezzo de’ complementi avverbiali, parole che determinano le modalità e le condizioni d’un’azione.

150. Questi complementi possono essere o avverbii propriam. detti, o frasi formate con preposizioni; sia che costituiscano vere frasi avverbiali come a caso, a un tratto, in breve ecc., sia che conservino al sostantivo tutto il suo valore come nella città, nella campagna, durante la notte, intorno alla casa, davanti al giudice, contro i nemici ecc. (Vedi la Gramm., P. II, cap. XXVIII, e la Sintassi, P. I, cap. XXV e XXVI). I complementi avverbiali modificano, quali il solo verbo, quali anche aggettivi, avverbii, e quei sostantivi che contengono senso di azione o di stato, p. es. amore (azion di amare), coraggio (essere coraggioso) ecc. ecc.

151. Noi, lasciando al vocabolario tutti quei complementi che hanno chiaro in sè stessi il significato e la costruzione, spiegheremo soltanto quelli più semplici e più generali, che si formano con preposizioni proprie e che, appunto per la loro semplicità, comprendono in sè tutti gli altri, mentre per la moltiplicità dei significati che possono avere, sono assai difficili ad usarsi bene.