136. Coll'infinito e il gerundio la particella si può, ugualmente bene, posporre. Io mi sento al fine della mia vita, non essendosi potuto trovar mai rimedio ecc. Tasso. - Per non smarrirsi. Dante.

137. Se un infinito dipende da un altro verbo, come potere, volere, dovere, sapere (nel senso di potere), cominciare o finire di; andare o mandare a ecc. o un gerundio dipende da andare, stare ecc. (Vedi P. I, cap. XVI, § 22 e seg.), la particella o le parti celle congiuntive tanto possono appiccarsi all'infinito e al gerundio, quanto accompagnarsi col verbo che li regge.

138. L'aquila già la voleva ciuffare (o voleva ciuffarla). Firenzuola. - Saprebbe insegnarmi la strada più corta ecc. (o mi saprebbe ecc.)? Manzoni. - Vi sto attendendo colla maggiore impazienza (o sto attendendovi). Ganganelli. - Dubito che lo finirei di schiacciare. Leopardi.

139. L'infinito dipendente da vedere, udire, sentire, fare, lasciare, regolarmente respinge la particella accanto a tali verbi; p. es. ti sento parlare (e non sento parlarti), ti lascio battere (e non lascio batterti).

140. Di più particelle pronominali che si trovino insieme presso un verbo, quella che corrisponde ad un complemento d'interesse (mi, ti, gli ecc. = a me, a te, a lui) si colloca prima; e le si pospone quella che corrisponde ad un oggetto (lo, la ecc. = quello, quella ecc.) Secondo le norme date nella Grammatica (Gramm. P. I, cap. XIII, § 6), l'i finale delle particelle poste innanzi alle forme comincianti da l (lo, la ecc.) e alla ne avverbiale (vedi § seg.) si cangia in e, e le particelle, quando vanno posposte, si appiccano tutte e due al verbo. Benchè ve lo vediate presente .... non dubitate di cicalare. Segneri. -

141. Non ci si offerisse modo alcuno di poter mettere questa cosa ad effetto. Firenzuola. - Se tu me le levassi, verrebbero dell'altre (mosche) assetate. Caro. - Non ti si può dare misura alcuna certa. Adriani il G. - Promise all'omicida ogni sicurezza e gliela mantenne. Segneri. - Quando la cosa è brutta, ci s'insegna che fuggiamo la propria voce che la significa. Caro.

142. Delle particelle avverbiali ne, ci, vi accozzate colle pronominali o con sè stesse, ne piglia l'ultimo posto, ci sta dopo mi, ti e vi pronominale, ma sta davanti a si e alle forme comincianti da l (lo, la, li, le); vi sta dopo mi, ma sta davanti a ti, si, ci, lo, la, li, le. Anche ci e vi avverbiali dinanzi alle forme comincianti da l o da n cambiano l'i finale in e. Esempii: Sperate forse qualche privilegio che ve n'esenti? sperate di sottrarvene con la fuga? Segneris -