Chiamarsi fuori

Tutti conosciamo il modo di dire sopra citato; pochi conoscono, forse, l’origine. Vogliamo vederla assieme? Bene. Affidiamoci al “re” dei modi di dire, Ludovico Passarini.
Per indicare accortezza abbiamo anche un altro modo usato comunemente dal volgo, preso dai giocatori di carte; ed è “chiamarsi fori o fora”. Quando il giocatore, numerando le sue carte, si avvede di essere arrivato o ch’è per giungere a compire il numero di punti, che ci vogliono per vincere, timoroso che il suo compagno ci arrivi anch’esso, contento della vittoria dice: ‘Mi chiamo fori’.
E se il compagno s’avvedesse di avere anch’esso accozzato i punti richiesti, e dicesse ‘mi chiamo fori anch’io’, il vincitore, verificato il numero dei punti, sarebbe l’altro, perché primo a proclamarsi fori, quasi fuor della meta da lui sorpassata. Da qui si vede che il “chiamarsi fori” è un atto di accortezza, e di lestezza, che non fatto a tempo fa perdere tutto il merito o il guadagno dell’opera.
Questo motto quindi trasportato ai tanti casi della vita, in cui potrebbe corrersi qualche pericolo per ignavia o trascuratezza, vale a significare: ‘Io mi metto in salvo’; ‘Mi dichiaro innocente’; ‘Non ne so nulla’; ‘non me n’impaccio’ e cose simili.

03-11-2017 — Autore: Fausto Raso