Superfluità ridicole

Quando scriviamo, anche una lettera a un amico, per esempio, rileggiamo con attenzione quanto scritto perché possiamo infarcire il tutto di superfluità ridicole, a scapito della bellezza e della scorrevolezza del testo. Abbiamo scritto un'ovvietà? Può darsi. Piluccando però, qua e là, in varie pubblicazioni non ci sembra, poi, una ovvietà. Vediamo, dunque.
In corsivo marcato la superfluità: «Sono stato accolto con molto calore tanto che il mese prossimo ritornerò di nuovo a trovarvi»; «Abbiamo visitato il mercato rionale: nel cesto della lattuga c'erano dei piccoli vermiciattoli»; «Dopo l'incidente, i soccorritori lo hanno trasportato al pronto soccorso: aveva una forte emorragia di sangue»»; «Durante la parata militare davanti a tutti precedeva l'alfiere con la bandiera»; «Le persone sequestrate — si apprende da fonti sicure — stanno ottimamente bene»; «Il protagonista ha mostrato di possedere una speciale singolarità d'interpretazione»; «Il ragazzo deve impegnarsi con costante assiduità»; «La colazione sarà al sacco: affettato, frutta e due o tre pagnottelle di pane».
Potremmo continuare, ma non vogliamo tediarvi oltre misura. È bene, per tanto - come dicevamo - rileggere i nostri testi perché mentre scriviamo non sempre ci accorgiamo delle castronerie che inavvertitamente "buttiamo giù".

26-06-2018 — Autore: Fausto Raso