La dama e lo scapolo

Il termine, dunque, è l'antico francese dame, derivato — guarda caso — dal latino domina (signora). Più esattamente è la forma accorciata di madame (ma-dame, mia-signora). La dama, quindi, in senso lato è la signora per antonomasia, la gentildonna.
Nel ballo, la donna che fa coppia con il ballerino si chiama, per analogia con il cavaliere, dama, vale a dire donna dai nobili ideali.
Con il trascorrere del tempo la dama ha assunto, poi, un significato prettamente religioso: mia dama, attribuito alla Vergine Maria, dal latino mea domina, mia Signora, appunto.
E già che ci siamo, vediamo l'etimologia di un altro termine: scapolo. Con buona pace delle nostre gentili lettrici il vocabolo in questione significa, alla lettera, sfuggito al cappio (della donna). A questo punto ci affidiamo alla penna di un insigne linguista, Aldo Gabrielli.
«Non ci mettiamo nessuna malignità (per la spiegazione di questo termine, ndr) come facilmente si dimostra col solito latino alla mano; quel latino che per dire prendere, afferrare, diceva capere. Da questo capere si fece il sostantivo càpulus per indicare ciò che serve ad afferrare, cioè il cappio (). Da càpulus, più tardi, nacquero due verbi: capulare, prendere al capulus, cioè accalappiare, e il suo contrario excapulare, uscire dal cappio, scapolare (). Ancora un passetto e ci siamo. Infatti dal nostro scapolare noi facemmo scapolo, che può considerarsi una forma contratta di scapolato, cioè sfuggito al càpulus o cappio che dir si voglia. C'è solo da precisare questo: che quando si cominciò a usare questo scapolo, verso la fine del Trecento, la parola voleva dire semplicemente libero (). Solo un paio di secoli dopo si accostò l'aggettivo non solo ai pensieri o ad altre cose astratte ma anche a cose concrete, come appunto l'uomo privo di moglie»

24-04-2019 — Autore: Fausto Raso