Il bestiame e il denaro

Nelle nostre modeste noterelle abbiamo sempre scritto che se c\'è una scienza interessantissima questa è l\'etimologia, vale a dire la scienza che ha per oggetto lo studio dell\'origine delle parole di una lingua. Questa branca della linguistica ci permette di scoprire cose... inaspettate.
Chi avrebbe mai immaginato, infatti, che l\'aggettivo pecuniario in origine non aveva nulla che vedere con il denaro? Per saperne di più diamo la parola a Lodovico Griffa.
«(Pecuniario) è aggettivo di origine dotta e deriva dal latino pecunia (denaro) che non è passato direttamente nella lingua italiana. A sua volta il termine latino deriva da pecus (bestiame). Evidentemente per i nostri antichissimi antenati, dediti alla pastorizia in territori non ancora ben divisi e dai confini incerti, la ricchezza consisteva nel numero di capi di bestiame che la famiglia possedeva e da cui ricavava sostentamento e qualche possibilità di scambio con altri.
Il bestiame, insomma, sostituiva il denaro. In tempi di più avanzata civiltà, quando già da secoli correva sui mercati come denaro il metallo coniato, il termine pecunia, non avendo più riferimento con la realtà concreta, fu soppiantato nella parlata popolare da solidus (da cui soldus e poi
soldo) e da denarius, che indicavano due monete (il nummus aureus e il denarius) correnti ai tempi dell\'impero, visibili e toccabili, anche se spesso non possedute da tutti.»
Così pecunia rimase nel latino letterario e scritto e morì con esso, mentre soldus e denarius passarono nel volgare (l\'italiano). Si possono sentire talvolta in italiano frasi come ho poca pecunia, occorre molta pecunia e simili.
Sono frasi di gergo dotto, cioè usate nella cerchia di persone sulla cui parlata influiscono i ricordi di scuola. Nel gergo udremo invece: ho poca grana; occorre molta grana. L\'italiano medio, non dotto e non gergale, suona invece ho poco denaro.

11-03-2020 — Autore: Fausto Raso