Toujours perdrix! (Sempre pernici!)
I lettori che ci onorano della fiducia e ci seguono con assiduità ci perdoneranno — siamo sicuri — se in un sito che si occupa del corretto uso della lingua italiana tratteremo una locuzione barbara (nella fattispecie francese).
Come! — griderà qualcuno — costui ha sempre lanciato anatemi contro coloro che usano i barbarismi e adesso ce ne propina uno!
Tranquilli, amici, non rinneghiamo le idee che abbiamo sempre professato: siamo e resteremo contro i barbarismi (che inquinano la lingua); questo, però, è particolare in quanto è entrato di prepotenza nel nostro idioma ed è adoperato a ogni piè sospinto con il significato di sempre la stessa minestra (questo sì, italianissimo e... conosciutissimo). Si adopera questo modo di dire, dunque, quando si vuol mettere in evidenza il fatto che anche il meglio (di qualcosa), a lungo andare, viene a noia.
La locuzione, per la verità, si usa soprattutto come rimprovero ironico nei confronti di colui che, pur vivendo agiatamente, trova sempre il modo di lamentarsi.
Un aneddoto su Enrico IV di Francia spiega l'origine del modo di dire. Vediamo. Il confessore personale del sovrano rimproverava al re frequenti scappatelle extraconiugali. Quest'ultimo, stanco dei continui rimproveri, fece servire a tavola — per diversi giorni — sempre pernici finché al servo di Dio, ormai stanco del pur prelibato piatto, non scappò di bocca quel toujours perdrix! (sempre pernici!), al quale il sovrano replicò con un elegantissimo e malizioso toujours reine (e per me... sempre regina).
Essere e avere: quale adoperare?
«Gentilissimo dott. Raso,
approfitto della sua competenza e cortesia per un altro quesito. I verbi ausiliari essere e avere — lo sappiamo — si adoperano per la formazione dei tempi composti; spesso, però, sono in dubbio su quale ausiliare adoperare. C'è una regola in proposito? Grazie e cordialità.
Severino A.
Rovigo»
Caro amico, non è possibile (oltretutto non esiste) dare una regola precisa circa l'uso dei due ausiliari; un buon vocabolario è indispensabile.
Possiamo dire, in linea di massima, che l'ausiliare essere si adopera con i verbi impersonali, con i verbi riflessivi e per la forma passiva dei verbi transitivi.
Avere, invece, si usa per la formazione dei tempi composti di tutti i verbi transitivi, di quelli intransitivi che indicano un movimento o moto fine a sé stesso (ho corso, ho volato) o esprimono un'attività dello spirito e del corpo (ho pensato, ho dormito).
Da notare, ancora, che spesso l'uso dell'uno o dell'altro ausiliare fa cambiare il significato del verbo principale: ho mancato (ho commesso una colpa); sono mancato (non ero presente).
Guardi anche ciò che dice, in proposito, l'Accademia della Crusca.
Un buon candiero
Si avvicina l'estate e che c'è di meglio di un buon candiero gelato?
Forse nessuno dei nostri lettori conosce questo termine perché non attestato nei vocabolari. Si tratta di una bevanda a base di zucchero, latte e uova.
E se i vocabolaristi lo rimettessero a lemma?

- Dizionario italiano
- Grammatica italiana
- Verbi Italiani
- Dizionario latino
- Dizionario greco antico
- Dizionario francese
- Dizionario inglese
- Dizionario tedesco
- Dizionario spagnolo
- Dizionario greco moderno
- Dizionario piemontese