Essere come la bandiera del Piovano Arlotto...

Avere, cioè, varia e discutibile provenienza e si dice, in particolare, di beni di dubbia origine, come la bandiera del piovano, che era fatta di pezze rubate. Per la spiegazione del modo di dire diamo la parola – come facciamo sovente – a Ludovico Passarini, il “mago dei detti”.
«(…) Quest’altro motto pur vivo, come fosse nato ieri, va addossato ai sarti, i quali anche al tempo del Piovano Arlotto erano poco stimati, poiché fu egli, se non erro, l’inventore della seguente storiella. Il motto è “Bandiera o non bandiera, di questo non v ‘ era”. Un sartore per gravissima malattia era vicino alla morte. Il diavolo, che non lascia morir in pace chi in vita abbia avuto che fare con lui, si fece innanzi al morente, mostrandogli una bella bandiera fatta con tutti i pezzi, piú o meno grandi, delle stoffe che quegli aveva rubacchiato a’ suoi avventori. Il sartore però, che aveva visceri forti, risanò da quel male; e fatto dentro di sé il proposito di non rubare piú tornando al mestiere, ingiunse a un suo fattore: tutte le volte che mi vedrai tagliar drappi, mi dirai: ‘bandiera’. Il fattore obbedí sempre, e il sartore si teneva fermo al proposito; ma una volta gli capitò sotto le forbici un drappo sí nuovo e bello, che dicendogli quegli, ‘bandiera’, ei quasi trasportato da entusiasmo esclamò: o bandiera o non bandiera, di questo non v ‘era. Se tutte le prediche e gli apologhi di messer Arlotto Mainardi Pievano di San Cresci di Maciucoli nella diocesi di Fiesole fossero come questo, il libro di lui, che tanto è cercato, istruirebbe piú che non diletta. La novelletta del sartore insegna bellamente quel che l’altro comune proverbio, “la volpe muta il pelo, ma non il vizio”. Quel sartore lo aveva già radicato nell’ossa, e ipocritamente a quella nuova tentazione andò a pescare che un pezzo del drappo novissimo nella diabolica bandiera non era. Cosí certi ipocriti con mendicate scuse cercano di attutire la loro coscienza allor che fanno il peccato. La predetta bandiera poi non è andata piú giú; ed anche oggi certi sartori fra loro ora per ischerzo, ed ora per insultarsi se la sciorinano innanzi (…)».

21-12-2017 — Autore: Fausto Raso — permalink


Prorogare...

Abbiamo notato che molte persone danno al verbo “prorogare” un significato che non ha: rimandare, differire, aggiornare, rinviare e simili. Il verbo in oggetto significa “prolungare nel tempo”, “continuare oltre il tempo stabilito”. È usato correttamente, quindi, in frasi tipo “i termini di scadenza sono stati prorogati al 5 settembre” (prima il termine fissato era il 28 agosto, per esempio).
Non è usato correttamente, invece, in espressioni tipo “l’udienza è stata prorogata a data da destinarsi” (come si legge spesso sulla stampa). In questi casi il verbo corretto da usare è “rinviare”, “rimandare”, “aggiornare”. Gli amatori del bel parlare e del bello scrivere cerchino di non cadere in questo… trabocchetto, tollerato da certi vocabolari.

Etimo.it - prorogare

20-12-2017 — Autore: Fausto Raso — permalink


Dintorno e... d'intorno

Crediamo di fare cosa gradita ai gentili lettori, che seguono le nostre modeste noterelle, spendere due parole su una… parola che può essere tanto avverbio quanto sostantivo: dintorno. Quando è in funzione avverbiale, con il significato di “intorno”, “da ogni parte”, “tutto in giro”, si può anche scrivere con la “d” apostrofata (d’intorno): gli sedevano tutti dintorno/d’intorno per festeggiarlo. Quando, invece, è in funzione di sostantivo e vale “vicinanza”, “luogo vicino”, la grafia deve essere tassativamente univerbata e si usa, per lo piú, nella forma plurale: i dintorni di Roma; il mio amico abita nei dintorni. Si veda anche questo collegamento:
RAI.it - Dizonario

19-12-2017 — Autore: Fausto Raso — permalink