La "console" o la "consolle"?

Molto spesso siamo incerti sulla grafia di quel mobile che si appoggia alla parete di una stanza: "console" o "consolle"? Ancora: resta invariato o si pluralizza? Non tutti i vocabolari sono di aiuto. Da parte nostra, diamo ascolto a ciò che "consiglia" il linguista Luciano Satta.


"Consolle. Così è italianizzato il nome francese - console - del noto mobiletto. Ma c'è subito un problema: bisogna dare alla parola il plurale italiano, che sarebbe 'consolli', o lasciarla invariata come numerose voci straniere (film, sport) accolte nella nostra lingua? Per la variante grafica che la 'italianizza', cioè per il raddoppiamento della 'l', e per la sua terminazione 'italiana', cioè in vocale, non ci dovrebbero essere dubbi: 'consolli', senza paura.
(...)
Sorte un poco buffa di questa parola è l'essere considerata straniera pur nella versione italiana. Se non è stato arbitrio del tipografo, così è accaduto anche al Tomasi di Lampedusa e a Enrico Emanuelli, nei libri dei quali leggiamo 'consolle' in corsivo.
Ma non diremmo che ci abbia colpa il tipografo: dev'essere una credenza generale anche fra le persone colte, la 'consolle' parola francese (oppure è la credenza particolare dell'ignorante che qui vi scrive, la 'consolle' parola italiana).
In Arrigo Benedetti leggiamo il vocabolo 'italianizzato' (così crediamo) con il plurale francese: Gli argenti schierati sulle 'consolles'; E s'irrigidivano, accanto alle 'consolles' ".

24-11-2017 — Autore: Fausto Raso — permalink


Io collàboro? Sarebbe meglio "collabòro"

Forse quasi nessuno sa - e qui ci attiriamo gli strali di qualche linguista d'assalto dell'ultim'ora - che la sola pronuncia corretta del verbo "collaborare" sarebbe quella piana: collabòro, collabòri e via dicendo.

E qui tranquillizziamo subito l'eventuale linguista "d'assalto", perché non lo sostiene l'umile linguaiolo di questo portale, ma un autorevolissimo vocabolario, il Dop, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia. Si clicchi su:

Rai.it

23-11-2017 — Autore: Fausto Raso — permalink


Toccare + infinito

Se non abbiamo preso un abbaglio sembra che tutti i linguisti siano d'accordo - una volta tanto - nel sostenere che quando il verbo "toccare", nell'accezione di "essere costretto", è seguito da un infinito è preferibile non farlo seguire dalle preposizioni "di" o "a": mi tocca partire domani mattina presto.

Alcuni Autori, però, privilegiano la costruzione del verbo con la preposizione "di".

Il principe degli scrittori, Alessandro Manzoni, invece, lega il verbo toccare all'infinito che segue con la preposizione "a": "Mi tocca a vedere e a sentir cose...!"

Il nostro modesto parere - per quel che può valere - (abbiamo fatto una rima involontaria) è di legare 'toccare' direttamente al verbo che segue: A Giovanni è toccato dare la triste notizia. Questo, sempre a nostro parere, per una questione di "armonia stilistica".

22-11-2017 — Autore: Fausto Raso — permalink