Chi giocava in giardino?

«Perseguita la vicina e le lancia molotov, arrestato stalker. Paura per la figlia di tre anni della donna che stava giocando in giardino» Chi giocava in giardino? La figlia o la donna? Ecco un caso di ambiguità che la “buona" stampa dovrebbe evitare. A questo proposito riproponiamo un nostro vecchio articolo.
Qualche domenica fa decidemmo, con la famiglia, di trascorrere una giornata lontani dalla vita caotica della città e, saliti in auto, ci dirigemmo verso i famosi castelli romani.
Giunta l'ora di pranzo, girovagando per una cittadina di cui ci sfugge il nome, ci lasciammo guidare da un buonissimo odore di arrosto che profumava l'aria riuscendo, così, a trovare un locale per rifocillarci. Appena varcata la soglia la nostra attenzione fu attirata da un vistoso cartello che faceva bella mostra di sé: «Salsicce casarecce fatte con le mie mani di porco».
Uscimmo disgustati: non avevamo intenzione alcuna di mangiare delle salsicce fatte e cucinate da un... maiale! È evidente che nel redigere il cartello era stato invertito l'ordine delle parole. Quest'inversione viene chiamata dai grammatici anfibologia (dal greco: significa discorso ambiguo e non ha nulla che vedere con gli... anfibi) perché la mal collocazione delle parole può dare adito ad ambiguità.
Coloro che cadono maggiormente nel trabocchetto dell'anfibologia sono proprio quelli che, per mestiere, dovrebbero usare la massima chiarezza perché divulgano quotidianamente la lingua: gli addetti ai lavori del mondo della carta stampata e no.
Ci capita sovente, infatti, di leggere nel corso di un articolo, frasi del tipo «dopo il pauroso incidente il signor Pasquali è uscito dall'automobile che sanguinava». Fatta la dovuta analisi logica della proposizione risulta evidente che l'automobile grondava sangue e Pasquali, bontà sua, caricatala sulle spalle l'ha portata di corsa al pronto soccorso.
Invitiamo, per tanto, tutti coloro che amano il bello scrivere (e quindi la semplicità e la chiarezza) a non cadere nell'anfibologia come fanno molto spesso, ahinoi, lo ripetiamo, i comunicatori del mondo dell'informazione. La cattiva collocazione delle parole, infatti, oltre a creare ambiguità, molto spesso dà anche una connotazione ridicola alla frase.
Poiché l'argomento ci sembra della massima importanza facciamo un altro esempio di anfibologia affinché chi ci segue abbia ben chiaro il concetto. Fino a poco tempo fa, se non cadiamo in errore, i medicinali dati in omaggio ai medici recavano questa scritta: «campione gratuito per medici di cui è vietata la vendita». Era vietata la vendita dei medici o dei campioni? I redattori del giornale hanno letto le nostre noterelle? Il titolo è stato modificato.

17-11-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink


Proferire e... profferire

Due parole, due, sul verbo proferire perché alcuni ritengono che si possa scrivere anche con due “f" (profferire) e i vocabolari, in proposito, non sono di aiuto (anzi, molto spesso confondono le idee).

Il verbo in questione, dunque, sì, si può scrivere con una o due f, ma cambiando di grafia cambia anche di significato.

Con una sola f, proferire, sta per «dire, esclamare, pronunciare» e simili: Giuseppe non proferì parola (non disse, cioè, una parola).

Con due, profferire, significa «offrire, regalare, mettersi a disposizione» (di qualcuno): Pasquale gli profferì il suo aiuto (si mise a sua disposizione per aiutarlo).

16-11-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink


Quattrenne? Non fa una grinza

«Cortese dott. Raso,
un bambino di quattro anni si può definire
quattrenne? L'insegnante di mio figlio (scuola media) lo ha definito un errore. Per costei la sola forma corretta è un bambino di quattro anni. È proprio errato?
Può dirmi qualcosa in proposito? Seguo sempre il suo meraviglioso blog e ho scaricato dalla rete il suo altrettanto meraviglioso libro
Un tesoro di lingua.
Grazie se avrò una risposta.
Cordialmente.
Antonio C. Cagliari
»

Gentile Antonio, no, non è affatto errato, anche se di uso non comune; non tutti i vocabolari, infatti, lo attestano. È un aggettivo (ma anche sostantivo maschile e femminile) composto con quattro e il suffisso -enne (dal latino ennem, da annus) e significa, per l'appunto, che ha quattro anni di età.
In proposito la rimando a un “verdetto" della Crusca.

13-11-2020 — Autore: Fausto Raso — permalink