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Cosimo de' Medici
(✶1389   †1464)

Esilio da Firenze

I nemici di Cosimo, come accennato prima, erano le antiche famiglie magnatizie degli Albizzi e degli Strozzi, a capo della politica fiorentina da oltre cinquant'anni. Queste erano riuscite infatti a prendere il potere a Firenze dal 1382, con la fine dell'esperimento del governo del popolo minuto insediatosi in seguito alla Rivolta dei Ciompi. Tra il 1382 e il 1417, le famiglie aristocratiche furono guidate con autorità da Maso degli Albizzi, il quale rafforzò la sua dittatura interna con la conquista di Pisa del 1406 e la vittoria sulle truppe di Giangaleazzo Visconti. Il prestigio in politica estera acquisito da Maso degli Albizzi cominciò a scemare col figlio Rinaldo, che condivise il potere con altri due grandi magnati: Niccolò da Uzzano e Palla Strozzi. Difatti, le interminabili guerre contro Filippo Maria Visconti duca di Milano non facevano che dissanguare Firenze di denaro e di uomini, rendendo debole la posizione dei magnati e facilitando l'ascesa dei Medici e dei loro alleati.

All'alba del 1430, Rinaldo e Palla Strozzi si accorsero della grave minaccia che costituiva Cosimo per il loro dominio e cercarono di intervenire esiliando con qualche pretesto il ricco banchiere, conati falliti a causa dell'opposizione dell'Uzzano. Quando però questi morì nel 1432, l'opposizione all'arresto di Cosimo venne meno e l'Albizzi e lo Strozzi procedettero all'incarcerazione presso il Palazzo dei Priori il 5 settembre 1433, incolpandolo di aspirare alla dittatura. Lo stesso Cosimo raccontò in modo più dettagliato i particolari della sua cattura attraverso i Ricordi da lui scritti:

«Seguì che a dì 7, la mattina sotto colore di volere la detta pratica, [gli oligarchi] mandarono per me, e giunto in Palazzo trovai la maggior parte de' compagni e stando a ragionare, dopo buono spazio mi fu comandato per parte de' Signori, ch'io andassi su di sopra, e dal capitano de' fanti fui messo in una camera, che si chiama la Barberia, e fui serrato dentro.»
(Hale, p. 22)

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In questo frangente di pericolo per la famiglia Medici, si temette per la vita di Cosimo, tanto che il fratello Lorenzo lo credette ucciso in occasione della cattura. Incarcerato su ordine del gonfaloniere Bernardo Guadagni, Cosimo si rifiutò di mangiare il cibo passatogli dagli aguzzini, in quanto temeva di essere avvelenato. Riuscito a ottenere che gli fosse portato il cibo da casa, Cosimo riuscì poi a corrompere con una grossa cifra di denaro il suo guardiano, Federico Malavolti, ottenendo di avere delle comunicazioni con l'esterno e favorire una sollevazione filo-medicea presso la popolazione. Il governo oligarchico guidato da Rinaldo degli Albizzi, scisso da opinioni diverse e spinto dagli altri Stati italiani perché Cosimo non fosse condannato a morte, decise di commutare la pena dalla carcerazione all'esilio.

Scrive il Machiavelli nelle Istorie fiorentine:

«Rimasta Firenze vedova d'uno tanto cittadino e tanto universalmente amato, era ciascuno sbigottito; e parimente quelli che avevano vinto e quelli che erano vinti temevano.»

(Machiavelli, p. 361)

Ritorno e trionfo politico

Cosimo si trasferì prima a Padova e poi a Venezia, dove si trovava una importante filiale del Banco Mediceo. Ivi trascorse un esilio dorato come un monarca in visita ufficiale, e grazie alle sue potenti amicizie e alle buone riserve di capitali, poté influenzare, seppur da lontano, le decisioni della instabile Signoria oligarchica col fine di preparare il suo rientro. Approfittando della crisi del regime oligarchico, la Repubblica decise, nell'agosto del 1434, di nominare una balìa interamente filo-medicea che, poco dopo il suo insediamento, lo richiamò a Firenze. Paradossalmente il bando dei Medici da Firenze finì per consolidare il potere di Cosimo: l'influenza che Cosimo godeva sia presso le corti straniere, sia all'interno della stessa Firenze a causa delle sue fitte reti clientelari, non fece che indebolire progressivamente Rinaldo degli Albizzi e il governo a lui fedele. L'entrata trionfale di Cosimo il 6 di ottobre, acclamato dal popolo, che preferiva i tolleranti Medici agli oligarchici e aristocratici Albizzi, segnò il primo trionfo della Casata.

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Criptosignoria medicea

Dopo aver spedito gli avversari a loro volta in esilio, Cosimo si affermò come arbitro assoluto della politica fiorentina, pur senza coprire direttamente cariche (fu solamente due volte gonfaloniere di giustizia). Attraverso il controllo delle elezioni, del sistema tributario e la creazione di nuove magistrature (come il Consiglio dei Cento) assegnate a uomini di stretta fiducia, Cosimo pose le solide basi del potere della famiglia dei Medici, rimanendo comunque formalmente rispettoso delle libertà repubblicane e mantenendo sempre una vita appartata e modesta come se fosse un privato cittadino. Molti storici lo hanno definito un criptosignore, cioè un Signore che, benché non avesse alcun ruolo istituzionale, di fatto controllava lo Stato attraverso i suoi esponenti, adottando in tal modo una politica non troppo dissimile da quella di Augusto nella Repubblica romana. Cosimo infatti teneva le redini dello stato dal suo Palazzo in Via Larga, dove ormai si recavano gli ambasciatori in visita per trattare degli affari di stato, dopo un fugace saluto di circostanza ai priori di Palazzo della Signoria, scelti fra i sostenitori dei Medici. Nella gestione del potere, Cosimo si comportò con generosità e moderazione ma, ravvisandone la necessità, seppe anche essere spietato. Quando Bernardo d'Anghiari, accusato di un complotto fu, per ordine dei priori, precipitato da una torre, Cosimo commentò: «Un nemico precipitato giù da una torre non giova a granché, ma neppure può far male» e aggiungendo che «gli stati non si governano coi paternostri».

Riforme istituzionali e basi del sostegno mediceo

Quando Cosimo rientrò a Firenze nel 1434 riuscì, grazie al potere della balìa a lui completamente legata da vincoli economici, a ottenere il controllo degli accoppiatori che, nel sistema delle elezioni dei cittadini alle cariche repubblicane, erano deputati alla loro estrazione e alla votazione da parte della Signoria. La creazione poi del Consiglio dei Cento, organo "mediatore" incaricato di vagliare le leggi prima che passassero nel Consiglio del Popolo, determinò l'ulteriore rafforzamento del ruolo delle balìe filo-medicee in quanto anche lui aveva il compito di nominare i cittadini a precise cariche istituzionali. A incrementare ulteriormente la posizione di prestigio dei Medici, bisogna ricordare anche la politica di promozione sociale di persone provenienti da ceti non abbienti (politica che verrà portata avanti anche sotto il figlio Piero e il nipote Lorenzo il Magnifico) e il mecenatismo nell'edilizia pubblica (si ricordi, per esempio, il sostegno finanziario del Banco Mediceo per la costruzione della cupola della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, opera del Brunelleschi).

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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