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Giovanni Boccaccio
(✶1313   †1375)

«Umana cosa è aver compassione degli afflitti; e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richiesto, li quali già hanno di conforto avuto mestiere, et hannol trovato in alcuni: fra’ quali, se alcuno mai n’ebbe bisogno, o gli fu caro, o già ne ricevette piacere, io son uno di quegli.»

Giovanni Boccaccio (Certaldo, fra il giugno e il luglio 1313 – Certaldo, 21 dicembre 1375) è stato uno scrittore e poeta italiano. Conosciuto anche per antonomasia come il Certaldese, Giovanni Boccaccio fu uno fra i maggiori narratori italiani ed europei del XIV secolo: con il suo Decameron, che fu subito tradotto in molte lingue, divenne infatti conosciuto ed apprezzato a livello europeo (e mondiale poi), tanto da influire, per esempio, anche nella letteratura inglese, con Geoffrey Chaucer. Da alcuni studiosi (tra i quali Vittore Branca) è considerato il maggior narratore europeo e ha avuto un ruolo egemone nel panorama letterario del XIV secolo. Scrittore poliedrico e versatile, propugnatore di uno sperimentalismo capace di inglobare varie tendenze e generi letterari, fondendoli in opere originali, fu anche tra i precursori dell'umanesimo lanciato dall'amico e maestro Francesco Petrarca, gettandone le basi a Firenze. Insieme con Petrarca e Dante, fa parte delle cosiddette «tre corone» e, nel XVI secolo, Pietro Bembo consacrò Boccaccio come modello per eccellezza della prosa. Boccaccio fu un importante promotore della figura e dell'opera di Dante, copiando codici della Commedia, proprio da lui definita divina, e dando inizio alla critica e filologia dantesca. Nel Novecento Boccaccio fu oggetto di studi critico-filologici da parte di Vittore Branca e Giuseppe Billanovich, e il suo "Decameron" fu anche trasferito sul grande schermo dal regista e scrittore Pier Paolo Pasolini e di recente da Paolo e Vittorio Taviani col titolo di "Maraviglioso Boccaccio".

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L'infanzia fiorentina (1313-1327)

Giovanni Boccaccio nacque tra il giugno e il luglio del 1313 da una relazione extraconiugale di Boccaccino di Chelino, mercante fiorentino, con una donna di umilissime condizioni. Non si conosce quale fosse esattamente il suo luogo natio, se Firenze o Certaldo: Vittore Branca sostiene che, quando Boccaccio si firma "Johannes de Certaldo", ciò indichi che Certaldo sia la patria della famiglia, ma non il luogo fisico di nascita. Il fatto di essere un figlio illegittimo dovette pesare notevolmente sulla psiche del Boccaccio, in quanto nelle opere in volgare costruì una sorta di biografia mitica, idealizzata, facendo credere di essere figlio di una donna membro della famiglia dei Capetingi, e prendendo in tal modo spunto dai viaggi mercantili che il padre compiva a Parigi. Riconosciuto in tenera età dal padre, Giovanni fu accolto, verso il 1320, nella casa paterna sita nel quartiere di San Piero Maggiore. Grazie ai buoni uffici del padre, compì i primi studi presso la scuoletta di Giovanni Mazzuoli da Strada, padre di Zanobi. Durante la giovinezza, Boccaccio imparò quindi i primi rudimenti del latino e delle arti liberali, oltre ad apprendere la Divina Commedia di Dante Alighieri, in quanto il padre si era sposato con la nobildonna Margherita de' Mardoli, imparentata con la famiglia Portinari.

L'adolescenza napoletana (1327-1340)

Un ambiente cosmopolita: la formazione da autodidatta

Boccaccino, però, desiderava che il figlio si avviasse alla professione di mercante, secondo la tradizione di famiglia. Dopo avergli fatto fare un breve tirocinio a Firenze, nel 1327 Boccaccino decide di portare con sé il giovane figlio a Napoli, città dove Boccaccino è un agente di cambio per la famiglia De' Bardi. Boccaccio arriva quindi, quattordicenne, in una realtà totalmente diversa da quella di Firenze: se Firenze era una città comunale fortemente provinciale, Napoli era invece sede di una corte regale e cosmopolita, quella degli Angiò. Il re Roberto d'Angiò (1277-1343) era un re estremamente colto e pio, un appassionato della cultura tanto da avere una notevole biblioteca, gestita dall'erudito Paolo da Perugia.

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Il padre Boccaccino vide ben presto, con suo grande disappunto, che quel suo figliolo non si trovava a suo agio negli uffici dei cambiavalute, e di come preferisse dedicarsi agli studi letterari. Pertanto, dopo aver cercato di distoglierlo da questi interessi del tutto estranei alla mercatura, Boccaccino iscrisse il figlio a giurisprudenza all'Università di Napoli. Boccaccio vi seguì per due anni (1330-31) le lezioni del poeta e giurista Cino da Pistoia, ma anziché studiare con lui il diritto canonico, preferì accostarsi alle lezioni poetiche che il pistoiese impartiva al di fuori dell'ambiente accademico. Grazie a Cino, infatti, Boccaccio approfondì la grande tradizione stilnovistica in lingua volgare, dal momento che Cino stesso fu in amichevoli rapporti con l'amato Dante. Inoltre, Giovanni incominciò a frequentare la corte angioina (dove conobbe, oltre a Paolo da Perugia, anche Andalò del Negro) e ad occuparsi di letteratura: scrive sia in latino, sia in volgare, componendo opere come il Teseida, il Filocolo, il Filostrato e la Caccia di Diana.

Altro elemento inusitato per l'educazione tipica dell'epoca è l'apprendimento di alcune nozioni grammaticali e lessicali del greco da parte del monaco e teologo bizantino Barlaam di Seminara, giunto nell'Italia Meridionale in ambasceria per conto dell'imperatore bizantino. La giovinezza napoletana non si esaurisce, però, soltanto nella frequentazione degli ambienti accademici e di corte: le fiabe e le avventure dei mercanti che Boccaccio sente mentre presta servizio al banco commerciale saranno fondamentali per il grande affresco narrativo che prenderà vita col Decameron.

Fiammetta
A questo punto il poeta, divenuto un autodidatta colto ed entusiasta, crea il proprio mito letterario, secondo i dettami della tradizione stilnovistica: Fiammetta, forse tale Maria d'Aquino, figlia illegittima di Roberto D'Angiò. Il periodo napoletano si conclude improvvisamente nel 1340 quando il padre lo richiama a Firenze per un forte tracollo economico a causa del fallimento di alcune banche in cui aveva fatto numerosi investimenti.

L'inizio del secondo periodo fiorentino (1340-1350)

Il ritorno malinconico a Firenze
L'orizzonte di Boccaccio, col ritorno a Firenze agli inizi degli anni '40, cambia totalmente dal punto di vista economico e sociale. Insofferente verso la vita troppo ristretta e provinciale di Firenze, cercherà per tutta la vita di ritornare nell'amata Napoli, iniziando già nel 1341 con la stesura dell'Epistola V indirizzata al vecchio amico Niccolò Acciaioli, ormai divenuto connestabile del Regno di Napoli. Nonostante quest'insofferenza emotiva per l'abbandono della ridente città partenopea, Boccaccio seppe percepire quell'affettività "materna" nei confronti della sua città natale, tipico della cultura medievale, cercando di accattivarsi l'animo dei suoi concittadini attraverso la Commedia delle Ninfe fiorentine e il Ninfale fiesolano. Nonostante i successi letterari, la situazione economica di Boccaccio non diede segni di miglioramento, costringendo il giovane letterato ad allontanarsi da Firenze nel tentativo di ottenere una posizione in qualche corte emiliana.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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