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Giuseppe Garibaldi
(✶ 1807   †1882)

Dopo 13 mesi di navigazione ritornò a Nizza, ma già nel marzo 1833 ripartì per Costantinopoli. All'equipaggio si aggiunsero tredici passeggeri francesi seguaci di Henri de Saint-Simon, imbarcati di notte e controllati dalla polizia che andavano in esilio nella capitale Ottomana. Il loro capo era Emile Barrault, professore di retorica che espose le idee sansimoniane a un attento Garibaldi. Garibaldi, allora ventiseienne, fu molto influenzato dalle sue parole, ma Anita Garibaldi ipotizza che probabilmente quelle idee non gli giungessero del tutto nuove, essendogli note fin da quando aveva soggiornato nell'Impero Ottomano, luogo prescelto da tanti profughi politici dell'Europa e percorso esso stesso da fremiti di autonomia e di libertà. Tutto ciò contribuì a convincerlo che il mondo era percorso da un grande bisogno di libertà. Lo colpì in particolare Emile Barrault quando affermò:

«Un uomo, che, facendosi cosmopolita, adotta l'umanità come patria e va ad offrire la spada ed il sangue a ogni popolo che lotta contro la tirannia, è più di un soldato: è un eroe»
(Emile Barrault, frase riportata da Garibaldi ad Alexandre Dumas in "Memorie di Giuseppe Garibaldi")

Il bastimento sbarcò i francesi a Costantinopoli e procedette per Taganrog, importante porto russo sul Mar d'Azov. Qui in una locanda, incontrò un uomo detto il Credente, che espose a Garibaldi le idee mazziniane. Le tesi di Giuseppe Mazzini sembrarono a Garibaldi la diretta conseguenza delle idee di Barrault ed egli vide nella lotta per l'Unità d'Italia il momento iniziale della redenzione di tutti i popoli oppressi. Quel viaggio cambiò la vita di Garibaldi; nelle sue Memorie scrisse: «Certo non provò Colombo tanta soddisfazione nella scoperta dell'America, come ne provai io al ritrovare chi s'occupasse della redenzione patria».

La vita da ricercato

Non si ha certezza storica del primo incontro fra Garibaldi e Mazzini; quello descritto nella sua biografia mostra alcune lacune: si racconta che un certo Covi condusse il primo dal rivoluzionario in un incontro tenutosi a Marsiglia nel 1833, ma la datazione non risulta credibile in quanto il marinaio sbarcò il 17 agosto 1833 a Villefranche-sur-Mer (all'epoca Villafranca marittima) mentre Mazzini si era già trasferito, da giugno, a Ginevra. Inoltre lo stesso genovese affermò che aveva sentito di Garibaldi solo tempo dopo, nel 1834. A quell'epoca i marinai mercantili dovevano obbligatoriamente prestare servizio per 5 anni nella marina da guerra; venivano agevolati coloro che avessero frequentato rotte che portavano all'estero, essi infatti potevano decidere quando iniziare tale periodo, in ogni caso la scelta doveva cadere prima dei quarant’anni di età. Garibaldi presentò la domanda nel mese di dicembre del 1833 diventando marinaio di terza classe.

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Il 16 dicembre si presentò a Genova e il 26 si imbarcò sull'Euridice dove rimase per 38 giorni La divisa sarda nell'occasione era composta da un frac nero, una tuba, e un paio di pantaloni bianchi. Come marinaio piemontese Garibaldi assunse il nome di battaglia Cleombroto, un re spartano che combatté contro Tebe nella Battaglia di Leuttra. Non era ancora iscritto alla Giovine Italia. In quel periodo tenta, con Edoardo Mutru arruolatosi anch'esso, e Marco Pe di fare propaganda alla causa, e cercando a bordo e a terra di fare proseliti.

Frequenta l’osteria della Colomba, la cui proprietaria Caterina Boscovich, insieme alla cameriera Teresina Cassamiglia, gli saranno d'aiuto in seguito. Fa sfoggio della sua attività, offrendo da bere a sconosciuti con l’intento di arruolare nella causa nuovi elementi senza preoccuparsi con chi stesse parlando, e fu visto in pubblico, al caffè di Londra, usare parole dispregiative verso il Re. Per tale comportamento venne sorvegliato dalla polizia. Il 3 febbraio 1834 fu poi imbarcato, insieme a Mutru, sulla Conte De Geneys, che stava per partire per il Brasile. Vi restò solo un giorno in quanto il 4 febbraio, fingendosi malato, scese a terra, dopo aver dormito all'Insegna della Marina con Mutru.

Nel frattempo si era stabilito che l'11 febbraio 1834 ci sarebbe stata un'insurrezione popolare in Piemonte. Garibaldi scese a terra per mettersi in contatto con i mazziniani; ma il fallimento della rivolta in Savoia e l'allerta di esercito e polizia fecero fallire tutto. Garibaldi credeva che l'insurrezione si sarebbe comunque avviata; non tornò sulla nave per parteciparvi, venendo siglato il termine A.S.L. (Assentatosi Senza Licenza) sulla sua matricola, e divenendo in pratica un disertore; tale latitanza venne considerata come ammissione di colpa. Attese un'ora in piazza prima di andarsene, trovando riparo prima a casa della fruttivendola Natalina Pozzo e successivamente all'osteria e alla casa della padrona, Caterina Boscovich. Intanto vengono arrestati il quasi omonimo Giuseppe Giribaldi (l'8 febbraio) e poi lo stesso Mutru, il 13 febbraio. Prima di allora, il 9 o l'11, lascia Genova.

Più volte nel corso della fuga sfugge a eventuali catture, dopo aver superato il fiume Varo: la prima quando al confine venne condotto momentaneamente a Draguignan, poi in un'osteria dove canta per sfuggire agli sguardi dell'oste che minacciò di farlo arrestare. Giunse infine a Marsiglia. Intanto viene indicato come uno dei capi della cospirazione, fu condannato alla pena di morte ignominiosa in contumacia in quanto nemico della Patria e dello Stato. Garibaldi divenne così un ricercato e in quel tempo visse per un breve periodo dal suo amico Giuseppe Pares. Continua sotto falso nome, assunta l'identità dell'inglese Joseph Pane, a viaggiare: il 25 luglio salperà verso il mar Nero sul brigantino francese Union raccontando di essere un ventisettenne nato a Napoli.

Dovrebbe svolgere l'attività di marinaio ma sarà secondo in realtà. Sbarca il 2 marzo 1835, e in maggio fu in Tunisia. Quando tornò a Marsiglia trovò la città devastata da una grave epidemia di colera; offertosi come volontario, lavorò in un ospedale, in qualità di benevolo, e ci rimase per quindici giorni. In quel periodo conobbe Antonio Ghiglione e Luigi Canessa. Poiché le rotte erano chiuse in parte per via del colera, Garibaldi decise di partire alla volta del Sud America con l'intenzione di propagandare gli ideali mazziniani. L'8 settembre 1835 partì da Marsiglia sul brigantino Nautonnier, nave comandata da Beauregard, assumendo la falsa identità di Giuseppe Pane e affermando di essere nato a Livorno; data la sua paga di 85 franchi, si presuppone che non svolse in mare gli incarichi di marinaio la cui paga era inferiore.

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L'esilio in Sud America

Giunto a Rio de Janeiro nella fine del 1835 o nel gennaio del 1836, venne accolto dalla piccola comunità di italiani aderenti alla Giovine Italia, avvisati da Canessa poco prima; avviò quindi un piccolo commercio di paste alimentari nei porti vicini. La sua prima lettera venne spedita il 25 gennaio 1836. Cercò di instaurare un rapporto con Giuseppe Stefano Grondona, il «genio quasi infernale» come lo definirà lui stesso, senza però riuscirci, anche cedendogli la presidenza dell'associazione locale della Giovine Italia. Fondò una società con l'amico Luigi Rossetti, chiamato Olgiati. Scrisse direttamente a Mazzini il 27 gennaio, in una lettera mai giunta a destinazione, chiedendo che rilasciasse «lettere di marca», un'autorizzazione ad avviare una guerra corsara contro i nemici austriaci e piemontesi, una richiesta impossibile da esaudire, ma senza le quali le sue azioni sarebbero state solo atti di pirateria.

Parla apertamente contro Carlo Alberto sul Paquete du Rio cura le stampe della lettera mazziniana a Carlo Alberto e gli furono aperte le porte della loggia irregolare Asilo di Vertud.

Nella Repubblica del Rio Grande del Sud
Nel febbraio del 1837 parlò con Livio Zambeccari, detenuto nella prigione Santa Cruz in quanto segretario di Bento Gonçalves, presidente della Repubblica Riograndense, stato secessionista del Brasile. Sarà l'inizio di una collaborazione ufficiale. Il 4 maggio 1837, ottenne una Lettera di corsa, la numero sei (avevano rilasciato un totale di 12 patenti), documento firmato dal generale Joao Manoel de Lima e Silva apparentemente firmata il 14 novembre 1836. Nell’atto si leggeva la lista dei 14 uomini autorizzati a utilizzare la lancia Mazzini di 20 tonnellate, il capitano designato era João Gavazzon (o Gavarron), mentre Garibaldi figurava come il primo tenente. A João risultava intestata anche un’altra nave, la Farroupilha, di 130 tonnellate. ottenuta dal governo della Repubblica Riograndense (ora Rio Grande do Sul), ribelle all'autorità dell'Impero del Brasile guidato da Pedro II.

La nave comprata tempo prima grazie ai soldi di Giacomo Cris (vero nome di Giacomo Picasso con il quale si fece conoscere), era stata battezzata Mazzini, e con i soldi fruttati da una colletta, 800 lire verranno effettuate delle migliorie. Salperanno il 7 maggio, a bordo si contavano 12-13 uomini in tutto, fra cui il nostromo Luigi Carniglia, il timoniere Giacomo Fiorentino e Joao Baptista e Miguel un brasiliano che doveva pensare alle armi. Sul giornale Jornal do comercio si dava come destinazione del viaggio Campos e come comandante Cipriano Alves (altro nome assunto da Garibaldi) La prima preda fu una lancia da cui prese lo schiavo nero Antonio e lo affrancò rendendolo libero. L'11 maggio i corsari avvistarono una sumaca chiamata Luisa e la abbordarono. Si contavano quattro uomini e quattro schiavi che verranno resi liberi a cui si aggiunse il primo.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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