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Lorenzo de' Medici
(✶1449   †1492)

«Quant'è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza»
(Lorenzo de' Medici, Canti Carnascialeschi, Canzona di Bacco)

Lorenzo di Piero de' Medici, detto Lorenzo il Magnifico (Firenze, 1º gennaio 1449 – Careggi, 8 aprile 1492), è stato un politico, scrittore, mecenate e umanista italiano, signore di Firenze dal 1469 alla morte, appartenente alla dinastia dei Medici, rivelandosi uno dei più significativi uomini politici del Rinascimento, sia per aver incarnato l'ideale del principe umanista, sia per l'oculatissima gestione del potere.

Lorenzo, divenuto ad appena vent'anni Signore de facto di Firenze in seguito alla morte del padre Piero (sotto il cui governo, nonostante la giovanissima età, aveva contribuito a rafforzare il potere mediceo), condusse inizialmente una politica volta a rinforzare le istituzioni repubblicane in senso filo-mediceo da un lato, e dall'altro manifestando il chiaro disegno di arginare le ambizioni territoriali di Sisto IV, in nome dell'equilibrio della Lega Italica del 1454. Per questi motivi, Lorenzo fu oggetto, della Congiura dei Pazzi (1478), nella quale il fratello Giuliano rimase assassinato. Seguirono due anni di guerra contro Firenze, dalla quale il prestigio interno ed internazionale del Magnifico si rafforzarono enormemente per la sua abilità diplomatica e il suo carisma. Divenuto negli anni '80 l'ago della bilancia della politica italiana, trattato come un sovrano dai monarchi stranieri, Lorenzo legò il suo nome al periodo di massimo splendore del Rinascimento fiorentino, circondandosi di intellettuali del calibro del Poliziano, del Ficino, di Pico della Mirandola e di artisti quali Botticelli e il giovane Michelangelo. Con la sua prematura scomparsa nel 1492, da un lato Firenze si ribellò all'inetto figlio Piero, per consegnare il potere nelle mani del frate Girolamo Savonarola; dall'altro, la rivalità dei Signori italiani, non più frenati dalla diplomazia di Lorenzo, permisero a Carlo VIII di Francia di scendere in Italia e di dare inizio alle guerre franco-spagnole del XVI secolo.

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La giovinezza

L'istruzione e l'ambiente famigliare
Nipote di Cosimo de' Medici, detto il Vecchio, e figlio di Piero di Cosimo de' Medici e di Lucrezia Tornabuoni, Lorenzo nacque il 1º gennaio 1449 (secondo il vecchio calendario fiorentino, nel 1448) a Firenze, nel Palazzo Medici Riccardi, e fu battezzato il 6° di quel medesimo mese, in occasione dell'Epifania. Lorenzo, insieme al fratello Giuliano, ricevette una profonda educazione umanistica ed un'accurata preparazione politica, seguita attentamente dal nonno Cosimo e dai genitori. Nella fanciullezza, Lorenzo fu seguito e preparato da Gentile da Urbino, mentre dal 1457 l'educazione del giovane passò nelle mani di umanisti del calibro di Cristoforo Landino, Giovanni Argiropulo (per gli studi su Omero), Marsilio Ficino (per la filosofia neoplatonica), e Antonio Squarcialupi per la danza. Il nonno Cosimo, attento all'educazione dei nipoti, si affezionò in modo particolare al nipote Lorenzo, col quale era solito conversare e discutere. Precoce, inoltre, fu il suo interesse verso l'Accademia neoplatonica: a soli 12 anni, infatti, era solito partecipare alle dotte disquisizioni del Ficino nella Villa di Careggi.

Crisi di successione
Lorenzo non era che un adolescente allorché lo zio Giovanni, secondogenito di Cosimo e speranza del padre quale continuatore della sua politica, morì dopo una vita piena di stravizi nel 1463. L'ormai anziano Cosimo, da quel momento, cadde in uno stato melanconico, continuamente assillato dal problema della sua successione. Infatti, vista la pericolante salute del primogenito Piero, soprannominato proprio per questo "il Gottoso" (dal nome della malattia che lo affliggeva, la gotta), Giovanni era stato designato successore del padre alla guida del Banco dei Medici, lasciando invece la gestione dell'eredità politica (ritenuta meno onerosa) a Piero il Gottoso. Cosimo pensò allora di riporre le sue speranze nei due nipoti, Lorenzo appunto e Giuliano, quali aiutanti e successori del padre infermo. Pertanto, prima di morire, Cosimo raccomandò a Piero loro padre di non trascurare la loro educazione e di considerarli già come uomini, nonostante la loro giovane età.

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Tra Venezia e Milano (1465)
Prima di poter farlo entrare nella vita politica cittadina, il padre Piero pensò di affidargli alcune missioni diplomatiche a Milano e a Venezia, dove vi erano due filiali del Banco dei Medici, permettendogli di acquisire una panoramica generale della situazione politica italiana, tastando di persona gli animi dei vari governanti. Il 17 aprile 1465 Lorenzo conobbe, nella città di Pisa, il principe Federico di Napoli, diretto a Milano per il matrimonio tra Ippolita Maria Sforza e il fratello Alfonso. Il giovane Medici, nonostante avesse stretto amicizia con Federico, fu costretto a partire dalla Toscana in direzione di Venezia, seguendo un percorso che l'avrebbe portato a conoscere le principali personalità politiche dell'epoca: a Bologna conobbe Giovanni Bentivoglio; a Ferrara invece, il giovane Medici fu accolto da Borso d'Este. Da lì poi proseguì per Venezia, dove fu presentato al doge Cristoforo Moro. Finita la sua esperienza veneziana, il Medici si recò a Milano, dove conobbe Francesco Sforza, amico e alleato del nonno Cosimo. Nella capitale del Ducato di Milano, il giovane Lorenzo fu ragguardito da Pigello Portinari, direttore della filiale medicea a Milano, sul come comportarsi nel colloquio col duca. Il soggiorno milanese durò però poco: dovette infatti rientrare a Firenze per accompagnare Ippolita Maria Sforza e Federico di Napoli, ormai novelli sposi, lungo il tragitto che li avrebbe portati nel Regno partenopeo.

Roma e Napoli (1466)
Lorenzo ripartì nel 1466 per recarsi a Roma, dove si trovava un'importante filiale del Banco dei Medici gestita da Giovanni Tornabuoni, fratello di Lucrezia e quindi zio del Magnifico. Piero il Gottoso diede istruzioni precise di verificare l'andamento della banca, e fu proprio Lorenzo a firmare il contratto che assicurava ai Medici una partecipazione nelle miniere di allume scoperte a Tolfa, vicino Civitavecchia, in accordo col papa Paolo II. Al viaggio in terra pontificia ne seguì un altro, questa volta alla corte napoletana del Re Ferrante d'Aragona, che ricevette Lorenzo con molte cerimonie prima di concedergli un incontro privato in cui Lorenzo ebbe modo di salutare il sovrano da parte del padre e di descrivergli alcune delle problematiche interne famigliari. Al rientro a Firenze, il Magnifico poteva ritenersi soddisfatto dell'esito del suo viaggio, ma la situazione interna dello Stato non permetteva di essere tranquilli.

La congiura del 1466
L'8 marzo del 1466, sopraggiunse un grave colpo alla stabilità del potere mediceo: la morte improvvisa di Francesco Sforza, duca di Milano e convinto sostenitore della criptosignoria medicea. Approfittando del vuoto di potere originatosi a Milano (Galeazzo Maria Sforza, l'erede al trono, era in Borgogna, al momento del decesso del padre) della politica finanziaria di Piero, finalizzata alla riscossione immediata dei prestiti che il padre Cosimo aveva elargito alle famiglie nobili fiorentine in cambio della loro fedeltà, della sua salute malandata e dell'intenzione di fidanzare Lorenzo con la nobildonna romana Clarice Orsini (e non con una fiorentina, come la tradizione voleva), il partito antimediceo si risvegliò. I nemici di Piero, primo tra tutti Luca Pitti, in combutta con la famiglia degli Acciaiuoli e con Diotisalvi Nerone (amico di lunga data del padre di Piero), organizzarono una congiura indirizzata all'esautoramento di Piero e all'innalzamento di Pitti quale nuovo arbitro della Repubblica. Pitti e gli altri congiurati trovarono il sostegno estero nella casa degli Este, in quanto il marchese Borso inviò a Firenze il fratellastro Ercole a capo di 1300 uomini, pronti ad intervenire per supportare l'insurrezione interna. Il colpo di stato, infatti, prevedeva l'assassinio di Piero lungo il tragitto dalla villa di Careggi a Firenze, itinerario che era solito percorrere senza una grande scorta. Il piano di Pitti, però, fu prontamente sventato dallo stesso Piero, il quale prevenne i congiurati, armandosi e avvisando tutti i suoi sostenitori di organizzare la reazione. Nel contempo, Piero riuscì a convincere Pitti a passare nella fazione medicea e, con l'aiuto di 2000 fanti milanesi inviati da Galeazzo Maria Sforza, riuscì a ripristinare la sua autorità. Diotisalvi Neroni, Angelo Acciaiuoli e Niccolò Soderini furono esiliati, mentre l'Arcivescovo di Firenze Giovanni de' Diotisalvi dovette ritirarsi a Roma. Luca Pitti, sebbene non subì alcuna persecuzione giudiziaria, venne punito da tutto il popolo fiorentino, che non lo considerò più uno dei suoi maggiori cittadini, ed anzi lo evitava e ne parlava irrispettosamente. Il ruolo di Lorenzo fu sicuramente importante, in quanto sostenne attivamente il padre e guidò il gruppo di armati legati ai Medici, distinguendosi nella difesa della vita paterna lungo la via che da Careggi portava a Firenze.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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