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Luigi Capuana
(✶1839   †1915)

Luigi Capuana (Mineo, 28 maggio 1839 – Catania, 29 novembre 1915) è stato uno scrittore, critico letterario e giornalista italiano, teorico tra i più importanti del Verismo.

Le origini e gli studi

Capuana nasce a Mineo, in provincia di Catania (nel 1839), da Gaetano Capuana e Dorotea Ragusa, in una famiglia di agiati proprietari terrieri; e a Mineo frequenta le scuole comunali. Nel 1851 si iscrive al Reale Collegio di Bronte che lascia dopo solo due anni per motivi di salute, proseguendo comunque lo studio da autodidatta.

Conseguita la licenza si iscrive, nel 1857, alla Facoltà di Giurisprudenza di Catania che abbandona nel 1860 per prendere parte all'impresa garibaldina in funzione di segretario del comitato clandestino insurrezionale di Mineo e in seguito come cancelliere nel nascente consiglio civico.

L'avventura letteraria

Risale al 1861 la leggenda drammatica in tre canti Garibaldi pubblicata a Catania dall'editore Galatola. Nel 1864 si stabilisce a Firenze per tentare "l'avventura letteraria", e vi rimarrà fino al 1868. A Firenze frequenta gli scrittori più noti dell'epoca, tra i quali Aleardo Aleardi, C. Capponi, C. Levi e nel 1865 pubblica i suoi primi saggi critici sulla "Rivista italica", diventando nel 1866 critico teatrale del quotidiano "La Nazione". Nel 1867 pubblica sul quotidiano fiorentino la sua prima novella dal titolo Il dottor Cymbalus che prende a modello il racconto di Dumas figlio La boîte d'argent. Tra le opere narrative migliori di Capuana sono da annoverare le novelle ispirate alla vita siciliana, ai personaggi e ai fatti grotteschi e tragici della propria provincia, come nel realismo bozzettistico di alcuni racconti della raccolta "Le paesane" e in altre che non presentano situazioni drammatiche, ma sono divertenti e cercano sempre di mettere in evidenza il lato comico anche se il caso si fa serio. Nelle novelle numerosi sono i ritratti dei canonici, dei prevosti, dei frati cercatori con la passione della caccia, del gioco e della buona tavola, tipici di tanti personaggi della narrativa del secondo Ottocento.

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Le fiabe, scritte in una prosa svelta, semplificata al massimo, ricche di ritornelli, cadenze e cantilene rimangono forse le opere più felici del Capuana. Esse non nascono da un interesse per il patrimonio folkloristico siciliano e non vengono raccolte come documenti della psicologia popolare, ma nascono dall'invenzione. Di queste l'unico volume reperibile è: Si conta e si racconta (Muglia Editore, 1913; Pellicanolibri, 1985).

Il ritorno in Sicilia

Nel 1868 ritorna in Sicilia pensando di rimanervi per poco tempo ma la morte del padre e i problemi economici, lo costringono a rimanere nell'isola.

Diventa dapprima ispettore scolastico, poi consigliere comunale di Mineo e infine viene eletto sindaco del paese. In questo periodo si accosta alla filosofia idealistica di Hegel e ha modo di leggere Dopo la laurea, un saggio del medico hegeliano e positivista Angelo Camillo De Meis in cui il pensiero filosofico si salda alla problematica letteraria, rimanendo entusiasta della sua teoria dell'evoluzione e morte dei generi letterari.

A Milano: l'attività letteraria

Nel 1875, Capuana si reca per un breve soggiorno a Roma e nello stesso anno, su consiglio dell'amico Giovanni Verga, si trasferisce a Milano dove inizia a collaborare al Corriere della Sera come critico letterario e teatrale.

Nel 1877 esce a Milano la sua prima raccolta di novelle, Profili di donne, edita da Brigola e nel 1879, ancora influenzato da Émile Zola, il romanzo Giacinta, considerato il manifesto del verismo italiano.

Nel 1880, nello stesso anno in cui Verga pubblica Vita dei campi, Capuana, che è entusiastico divulgatore del naturalismo francese e contribuisce con Verga a elaborare la poetica del verismo italiano, raccoglie i suoi articoli su Zola, i Goncourt, Verga e altri scrittori dell'epoca in due volumi di Studi sulla letteratura contemporanea (1890-1892) e ritorna a Mineo e per un breve periodo a Ispica, dove inizia a scrivere il romanzo che lo renderà celebre vent'anni dopo, dal titolo Il Marchese di Roccaverdina (originariamente Il Marchese di Santaverdina), ambientato proprio nella cittadina ragusana.

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A Roma: scrittore eclettico

Dal 1882 al 1883 lo scrittore risiede a Roma e dirige il "Fanfulla della domenica". Gli anni fino al 1888 li trascorrerà a Catania e a Mineo, per tornare infine a Roma dove rimarrà fino al 1901.

In questi anni la sua produzione letteraria fu ricchissima.

Nel 1882 pubblica una raccolta di fiabe dai molti motivi folkloristici, C'era una volta; in seguito, dà alle stampe le raccolte di novelle Homo (1883), Le appassionate (1893), Le paesane (1894) e i migliori saggi critici nei quali, staccandosi dal naturalismo, rivela una propria estetica dell'autonomia dell'arte. Sempre di questo periodo sono i suoi romanzi più noti, tra i quali Profumo, che apparve dapprima in 10 puntate su "Nuova Antologia" dal luglio al dicembre 1890 e in volume nel 1892 e Il Marchese di Roccaverdina (1901).

Nel maggio del 1888 va in scena, al teatro Sannazaro di Napoli, una commedia in cinque atti tratta dal romanzo Giacinta con buon successo di critica e di pubblico.

Nel 1900 lo scrittore ottiene la cattedra di letteratura italiana presso l'Istituto Femminile di Magistero a Roma, approfondisce la sua amicizia con D'Annunzio e conosce Pirandello che è suo collega al Magistero. Lavora inoltre al romanzo Rassegnazione che esce in cinque puntate su "Flegrea" dall'aprile al maggio dello stesso anno. Nel 1898, per i tipi di Giannotta esce a Catania Gli "ismi" contemporanei.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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