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Santorre di Santa Rosa
(✶1783   †1825)

Santorre Annibale Filippo Derossi, noto come Santorre di Santa Rosa, nonché conte di Pomerolo, signore di Santarosa (Savigliano, 18 ottobre 1783 – Sfacteria, 8 maggio 1825), è stato un patriota, militare e rivoluzionario italiano, eroe del Risorgimento italiano e della guerra d'indipendenza greca, nella quale morì.

Infanzia e prime esperienze militari

Santorre nacque a Savigliano nel 1783 da una nobile famiglia piemontese. Suo padre, Michele Derossi di Santa Rosa conte di Pomerolo, all'epoca della rivoluzione francese, era un colonnello della Regia Armata Sarda, mentre la madre, Paolina Edvige Regard de Ballon, morì nel 1790. Santorre di Santarosa entrò nell'esercito regio a tredici anni, come alfiere dei Granatieri reali comandati dal padre e prese parte alla battaglia di Mondovì del 21-22 aprile 1796 contro l'Armée d'Italie comandata da Bonaparte.

Durante l'occupazione austro-russa il padre fu colonnello del Reggimento provinciale di Asti e combatté a Marengo (14 giugno 1800) sempre contro Napoleone, dove morì. Annibale proseguì intanto gli studi a Savigliano e poi all'Università di Torino. Nel frattempo, la Savoia e il Piemonte, che solo da relativamente pochi anni si erano svincolati dall'influsso politico transalpino, passarono ai francesi.

Già da ragazzo, Santorre di Santarosa mostrò uno spiccato interesse per l'attività politica e nel 1801 cominciò a impegnarsi su questo fronte, divenendo così piuttosto conosciuto a Savigliano, dove rimase per tutta l'infanzia e l'adolescenza. Nel 1807, all'età di 24 anni, fu eletto sindaco (maire) a Savigliano: in questo modo ebbe la possibilità di approfondire la sua conoscenza del mondo politico e civile. Successivamente entrò nell'amministrazione francese e, abbandonata la carica di sindaco di Savigliano, nel 1812 divenne sottoprefetto alla Spezia, incarico che continuò a esercitare fino al 1814.

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Dopo la restaurazione della monarchia sabauda, Santorre ottenne il grado di capitano dei granatieri del Reggimento Guardie e col 1º Battaglione prese parte alla campagna austro-sarda in Savoia e nel Delfinato, essendo presente al combattimento del 6 luglio 1815 sotto le mura di Grenoble. Entrò poi nel ministero della guerra e marina come ispettore delle leve provinciali 1816. Il 15 agosto 1820 fu insignito della gran croce dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro.

Avvicinatosi alla Carboneria, Santarosa cominciò a coltivare l'idea di una campagna militare, che avrebbe dovuto essere guidata da Vittorio Emanuele I di Savoia, allo scopo di liberare i territori italiani dalla dominazione straniera. Inoltre, riteneva che il re si dovesse impegnare a concedere ufficialmente una costituzione ai sudditi del Regno, un fatto che avrebbe testimoniato l'impegno dei Savoia ad allearsi con i patrioti e ad assumere la guida del movimento liberale italiano. Tuttavia, fin dall'inizio del suo mandato, Vittorio Emanuele I s'impegnò a restaurare in Piemonte e negli altri territori un soffocante regime assolutistico, che andava in direzione opposta alle idee liberali della Carboneria e della borghesia in generale.

Insurrezione meridionale e accordi con Carlo Alberto

Allora, Santorre di Santarosa cercò di trovare un altro aiuto, quello del giovane erede al trono sabaudo Carlo Alberto di Savoia, principe di Carignano, per indurlo ad assumere la guida dei rivoluzionari. Carlo Alberto era stato infatti l'unico esponente della famiglia sabauda ad esprimere la propria solidarietà agli universitari torinesi che, nel gennaio 1821, avevano organizzato contro l'Austria una manifestazione pacifica e liberale, manifestazione repressa subito nel sangue; per questo motivo, Santorre pensò che Carlo Alberto avesse davvero a cuore la questione italiana. I primi contatti si rivelarono più che positivi e sembrava che il giovane esponente dei Savoia avesse davvero intenzione di aderire all'impresa, convincendo Santorre e altri generali piemontesi a organizzare un'insurrezione militare.

Nel 1820 le insurrezioni scoppiate in Spagna, Portogallo e Italia meridionale contribuirono a rafforzare il patriottismo italiano, in particolare quello piemontese, i cui sostenitori pensarono che la loro rivolta sarebbe stata appoggiata e seguita, con ogni probabilità, da parte dei patrioti siciliani e napoletani. Inoltre, i patrioti piemontesi cercarono in ogni modo di sostenere militarmente gli omologhi napoletani, ma non vi riuscirono per motivi legati alla scarsa organizzazione e alla tardiva notizia della partenza dell'esercito asburgico per il Regno di Napoli.

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Nella seconda metà del 1820, Santorre si incontrò spesso segretamente con alcuni generali, politici (tra cui Amedeo Ravina) e con il giovane principe di casa Savoia per definire la data e le modalità della ribellione; dopo molte riunioni, si stabilì che la rivolta dovesse scatenarsi non prima dell'inizio del nuovo anno, in modo che l'esercito austriaco, ancora impegnato nella repressione dei moti di Nola e di Napoli dello stesso anno, non fosse subito pronto a intervenire in quanto bisognoso di qualche tempo per riorganizzarsi.

1821: l'anno dell'insurrezione e del suo fallimento


Accordi con Carlo Alberto e inizio della rivolta

Il 6 marzo 1821, durante la notte, Santorre e gli altri generali si riunirono nella biblioteca del principe, insieme allo stesso Carlo Alberto, per organizzare nei dettagli l'impresa che, secondo un accordo precedente, si sarebbe dovuta iniziare nel mese di febbraio: nel corso dell'incontro, Carlo Alberto mostrò alcuni tentennamenti, soprattutto sulla loro intenzione di dichiarare guerra all'Austria, che portarono Santorre ad avere qualche dubbio sul principe e sulle sue vere intenzioni. Tuttavia Carlo Alberto lasciò intendere il suo appoggio, e per questo motivo Santorre e i suoi associati fecero pervenire il messaggio di prossimo inizio della rivolta ai reparti militari di Alessandria, che, il 10 marzo, diedero inizio all'insurrezione, seguiti subito dopo dai presidi di Vercelli e Torino. In quell'occasione fu emesso da parte dei generali insorti il famoso Pronunciamento, un proclama con il quale si decise l'adozione di una costituzione, improntata su quella spagnola di Cadice del 1812, che prevedeva maggiori diritti per il popolo piemontese e una riduzione del potere del sovrano. Ma il re, piuttosto che concedere il documento, preferì abdicare in favore del fratello Carlo Felice, che era assente dal Piemonte, trovandosi in quei giorni a Modena. La reggenza temporanea fu quindi affidata al principe Carlo Alberto di Savoia-Carignano che, assunto l'incarico, concesse la Costituzione e nominò Santorre di Santarosa ministro della guerra del governo provvisorio.

Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera

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