324. Non forse, senza la cong. che. La giovane dubitò non forse altro vento l’avesse a Lipari ritornata. Boccaccio.

325. dopo espressioni che indichino cautela; come, guardare, badare, prendersi guardia e sim. Guarda che da me tu non sia (sii) mozzo (separato). Dante. – Guardate che non v’inganni. Machiavelli. – Più raro è il non dopo evitare, proibire, impedire. Gli vietò che con la propria mano Non si passasse in quel furore il petto. Ariosto. Cominciò a pensare in che maniera potesse impedire che ciò non avesse effetto. Boccaccio:

326. Se tali verbi fossero accompagnati da negativa, questa non deve trovarsi nella proposizione subordinata.

327. dopo negare, dubitare, disperare e simili, preceduti da negazione, o posti in forma interrogativa; p. es. non si può negare, non dubito, non dispero ecc. chi negherebbe? chi dubita? ecc. Non si dubita che Prometeo non avesse a ordine una risposta in forma distinta. Leopardi. – Non è dubbio che il genere umano non vada procedendo innanzi continuamente nel sapere. Leopardi. – Io non posso negare che la fortuna e la milizia non fosser cagione dell’impero romano ecc. Machiavelli.

328. dopo le frasi impersonali mancar poco, esser per poco, tenersi a poco e sim. la prop. soggettiva prende l’avverbio non. Poco mancò ch’io non rimasi in cielo. Petrarca. – Presso fu che di letizia non morì. Boccaccio.

Infinito oggettivo
329. In molti casi l’infinito si sostituisce alla proposizione oggettiva, più spesso quando il soggetto è indeterminato o compreso nella proposizione principale, talora anche quando il soggetto è espresso.

330. Col soggetto indeterminato o compreso nella proposizione principale; dopo i verbi fare, lasciare o i verbi di percezione (vedere, udire, sentire), p. es. lascio parlare o ti lascio parlare (lascio che si parli, ovvero lascio che tu parli).