Colafizzare
Tra le parole che ci piacerebbe fossero riesumate e messe di nuovo a lemma segnaliamo il verbo colafizzare.
«Aiutatemi, amici, quest'individuo mi sta colafizzando! ». Che cosa sta facendo? vi domanderete. È presto detto: lo sta schiaffeggiando. Colafizzare significa, infatti, dare schiaffi, prendere a ceffoni.
Si veda anche qui.
Mandare (o andare) a carte quarantotto
Forse pochi sanno che il modo di dire in oggetto ha cambiato di significato nel corso dei secoli. All'inzio stava a significare mandare al diavolo e simili; poi ha acquisito l'accezione odierna di mandare all'aria, in rovina, in subbuglio e anche, figuratamente, morire.
Quest'ultima accezione, definiamola moderna, vale a dire andare in rovina, andare in subbuglio è un omaggio al Risorgimento italiano: quarantotto, nel significato di subbuglio fu coniato a Milano in seguito agli avvenimenti delle famose cinque giornate del 1848, giornate che misero tutta la città in subbuglio, appunto.
Non è molto chiara, invece, l'origine primitiva, che significava mandare al diavolo. Sembra certo che carta stesse per pagina e quarantotto indicasse il numero della carta.
Scrive, infatti, il Carena: «Nei primi tempi della stampa fu uso di numerare nei libri non le pagine, ma le carte, apponendo in ciascuna il numero progressivo solo alla prima pagina di ciascuna carta. In questo caso le due facce o pagine dai bibliografi vengono indicate coll'aggiungere al numero della carta la parola "recto" per la prima pagina e la parola "verso" per la seconda. Carte 35 recto: 35 verso. Da lungo tempo fu smesso l'uso scomodo di contare per carte i fogli dei libri, che ora sono numerati per facce o pagine».
Resta oscuro, però, il motivo per cui si dovesse andare a carte quarantotto. Probabilmente — è una nostra personale ipotesi — l'usanza di contare per carte i fogli dei libri oltre a essere scomoda richiedeva molto tempo tanto che quando ci si voleva liberare di una persona la si mandava, appunto, a carte quarantotto (al diavolo).
Un qualche...
Alcune considerazioni — che non tutti i sacri testi riportano - sull'uso corretto dell'aggettivo indefinito qualche.
Cominciamo con il dire che è solo singolare e che si antepone al sostantivo cui si riferisce: Giulio non è ancora tornato, sarà andato a fare qualche commissione urgente.
Preceduto dall'articolo indeterminativo (un, una) dà al costrutto un valore enfatico: ti prego, dammi una qualche notizia su quell'affare.
In proposizioni negative è errato — come molti fanno — dargli il significato di alcuno,
nessuno: non ho mai avuto qualche dubbio in proposito. In buona lingua si dirà: non ho mai avuto nessun (alcun) dubbio in proposito.
È altresì errato — sempre come fanno alcuni — dargli il significato di qualunque: c'è lo
sciopero dei mezzi di trasporto ma raggiungi il posto di lavoro in qualche modo. Diremo, correttamente: in qualunque modo.

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