Presuntuoso? No, ambizioso
Abbiamo notato - e speriamo di non incorrere nelle ire dei così detti linguisti d'assalto - che si va sempre più diffondendo l'uso, a nostro modo di vedere erroneo, di dare all'aggettivo ambizioso un significato che propriamente non gli appartiene: presuntuoso, sciocco, megalomane e simili.
«Giovanni è proprio una persona presuntuosa, vuole occupare la poltrona di direttore generale». No, amici, Giovanni non è una persona presuntuosa, ma ambiziosa.
L'ambizioso è colui che... desidera un pubblico riconoscimento, che brama onori e lodi; potremmo dire, insomma, un orgoglioso.
Metamorfosi morfo-sintattiche
Vediamo alcune metamorfosi che, nel corso dei secoli, si sono avute nella morfologia e nella sintassi. Con il termine morfologia (dal greco μορφὴ, (morfè), forma) si intende — in linguistica — la parte della grammatica che studia il comportamento dei singoli vocaboli nella loro forma esteriore come, per esempio, le desinenze, le coniugazioni, i troncamenti, le elisioni ecc.
Sotto questo aspetto il nostro idioma ha un andamento piuttosto regolare, costituito dal progressivo discostamento dalla lingua madre — il latino — perché sono cadute le desinenze consonantiche. Le parole casa, pane — per esempio — sono gli accusativi latini casam e panem con la perdita della desinenza consonantica m (casam e panem).
Per quanto attiene ai verbi, invece, la metamorfosi si nota benissimo in quanto la desinenza della prima persona singolare dell'imperfetto indicativo era — fino a due secoli fa — -a: io amava, io leggeva ecc. Questo perché si rifacevano ai rispettivi latini -abam, -ebam, -ibam, con la caduta della consonante finale m. La forma attuale in uso, quella con la desinenza in "-o" (io mangiavo, leggevo, dormivo ecc), è coniata per analogia con la desinenza del presente (io lodo, parlo, temo, parto). Ancora.
Anticamente la prima persona plurale dell'imperfetto indicativo del verbo essere era noi eramo, conformemente al latino eramus; quella definitiva, eravamo, si ha per analogia con i verbi regolari parlavamo, temevamo e via dicendo.
Un altro esempio di metamorfosi morfologica si ha nella forma plurale di quello, che per secoli è stata quelli, solo successivamente fu introdotta la forma quegli per alcuni casi particolari.
E passiamo alle metamorfosi che si sono avute nella sintassi, altra parte della linguistica che si occupa della disposizione delle parole nella frase, vale a dire la funzione che ciscuna di queste esercita nel contesto (soggetto, predicato, complementi ecc.)
Anche questo termine viene dal greco σύνταξις (sýntaxis), derivato di συντάσσειν (syntàssein, ordinare assieme) e significa ordinare insieme i vari elementi di una frase.
In questo campo le metamorfosi più vistose si hanno nella tendenza ad abbreviare i periodi, spezzettando il discorso in tante proposizioni brevi e indipendenti; nell'eliminazione, per quanto possibile, di proposizioni coordinate e subordinate.
Altro mutamento assai vistoso nella sintassi — e concludiamo queste modeste noterelle — è il passaggio dalle proposizioni di forma implicita (con il verbo all'infinito o con il gerundio) ad altre di forma esplicita, vale a dire con un verbo di modo finito. E viceversa, naturalmente.
Errori d'opinione
Con errori d'opinione intendiamo gli strafalcioni linguistico-grammaticali che i così detti opinionisti della carta stampata e no ci propinano a ogni piè sospinto.
Non c'è opinionista che, invitato nei vari programmi radiotelevisivi, non cada nel vezzo — a loro dire — di adoperare le particelle pronominali "ci si" con alcuni verbi quali rafforzative della coniugazione con soggetto indeterminato: ci si andava; ci si era tutti; ci si era venuti. Altro che vezzo, un vero e proprio orrore linguistico.
Le particelle ci e si unite si possono adoperare — ed è un uso correttissimo — soltanto come forma di soggetto indeterminato con i verbi riflessivi o pronominali: ci si annoiava (noi ci annoiavamo); ci si vergogna (tutti si vergognano); ci si deve lavare (tutti si debbono lavare).
Si possono usare accoppiate anche come complemento di reciprocanza (con la forma del soggetto indefinito): ci si vede domani, vale a dire ci vediamo domani; o, ancora, il ci unito al si è corretto come avverbio di luogo, con il significato, appunto, di in questo (quel) luogo: a casa tua ci si sta bene. Non è una smarronata, invece, il si va, sebbene sia un toscanismo che in buona lingua è preferibile evitare.
Ma vediamo altri errori d'opinione tra i quali possiamo includere — senza tema di essere smentiti — l'uso improprio che gli opinionisti fanno del verbo elevare in espressioni in cui il suddetto verbo non ha il significato che gli è proprio, vale a dire portare in alto. Cade quindi, in una smarronata (e non in una improprietà, a nostro avviso) colui che dice o scrive, per esempio, «gli inquirenti hanno elevato molti dubbi in proposito». I dubbi — chi può smentirci? — non si portano in alto, si suscitano.
Altro vezzo caro agli opinionisti è l'uso del partitivo con la preposizione con: «L'esponente politico è stato inquisito con dei suoi amici». Quel dei partitivo deve essere sostituito, in buona lingua italiana e come prescrive la grammatica, con alcuni: è stato inquisito con alcuni amici. Come dicevamo, per gli 'opinionisti' è un vezzo, per chi scrive queste modeste noterelle è, invece, uno strafalcione bell'e buono.
Potremmo continuare ancora, ma non vogliamo tediarvi oltre misura. Chiudiamo con un pensiero di Giuseppe Giusti, quanto mai attuale e sul quale gli opinionisti dovrebbero meditare: «L'avere la lingua familiare sulle labbra non basta: senza accompagnarne, senza rettificarne l'uso con lo studio e la ragione è come uno strumento che si è trovato in casa e che non si sa maneggiare».

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