Su e... sù
«Cortese dott. Raso,
la disturbo, dopo tanto tempo, per un altro quesito. Mio fglio, II anno dell'istituto tecnico per geometri, è stato redarguito dall'insegnante d'italiano perché in un componimento ha messo l'accento sul "su". È un errore grave?
Grazie se avrò una risposta.
Cordialmente
Sabino A.
Mantova»
Gentile Sabino, per darle una risposta precisa dovrei conoscere il contesto in cui è stato collocato il su".
Se il su incriminato era in funzione di preposizione l'accento, ovviamente, è errato: guarda su (preposizione) quel tavolo, c'è quello che cerchi.
Se, invece, il su era un avverbio l'accento non è errato, anche se si preferisce non segnarlo: vieni subito sù (avverbio) o su; ridiamoci sù.
Guardi, in proposito, cosa scrive il DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia.
Per concludere, caro amico, la legge grammaticale non condanna il su avverbiale con tanto di accento, come si evince dagli esempi riportati nel DOP.
Calcolare...
«Non calcolate sulla mia presenza...». Vi sembra un uso corretto l'...uso di questo verbo nel significato di fare affidamento? Non calcolate sulla mia presenza, vale a dire non fate affidamento sulla mia presenza. A nostro modo di vedere è un uso se non scorretto improprio.
Calcolare significa, propriamente, stabilire una quantità di qualcosa attraverso un calcolo: calcolare i danni riportati nell'incidente.
A nostro avviso, insomma, non si possono dare al verbo calcolare significati che non gli sono propri, come fanno alcuni, spalleggiati da certi vocabolari: confidare, fare affidamento, stimare, giudicare, valutare, pensare, considerare, far conto, fidarsi, fondarsi, fare assegnamento e simili. Naturalmente qualche linguista dissentirà, se dovesse imbattersi in questo portale. Ma tant'è.
PS. Dimenticavamo. I Francesi adoperano il verbo calcolare nelle accezioni che noi riteniamo improprie.
Mutar casacca
Per la spiegazione di questo modo di dire che significa cambiare — soprattutto per convenienza - comportamento e opinioni, "rubiamo" le parole all'insigne linguista Aldo Gabrielli.
«Casacca, da "cosacco", designò dapprima una larga giacca a maniche corte, aperta ai lati, poi la mantella dei moschettieri di Francia. L'espressione nacque, pare, al tempo delle guerre tra cattolici e riformatori, quando i numerosi transfughi, nel passare da un campo all'altro, badavano a presentarsi con la casacca del colore giusto, per evitare qualche colpo di archibugio».
Con lo stesso significato si adopera anche la locuzione "voltar gabbana" (quindi "essere un voltagabbana"). La gabbana (o il gabbano) era, anticamente, un soprabito con cappuccio; pare di origine araba.

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