Serata danzante
Nel periodo carnevalesco, ma non solo, si leggono spesso avvisi pubblicitari con le scritte veglia danzante; tè danzante; serata danzante e simili.
Queste frasi ci fanno sorridere, per non dire piangere, perché mettono alla berlina il nostro idioma gentil sonante e puro per dirla con l’Alfieri. Perché? Vi chiederete. è presto detto.
Danzante è il participio presente del verbo danzare e vale colui o colei che danza. Avete mai visto una veglia o un tè che danzano?
Le suddette espressioni sono state tradotte pari pari dal francese, non sono proprie della nostra lingua. Chi ama il bel parlare e il bello scrivere le deve, quindi, aborrire.
Ci sono espressioni schiettamente italiane che fanno alla bisogna: tè con ballo; veglia con danza; serata di ballo e simili.
Soffiare il naso alle galline
Ecco un modo di dire, cortesi amici, veramente sconosciuto ai più e soprattutto a coloro che, senza saperlo, lo mettono in pratica con il loro atteggiamento.
La locuzione si adopera, infatti, allorché si vuole mettere in evidenza il fatto che una persona si ostina a cimentarsi in un’impresa impossibile o si comporta in modo ridicolo, ma soprattutto si dice di persone che si danno molto da fare senza concludere nulla o si atteggiano a geni capaci di fare qualunque cosa. Se ripercorrete a ritroso la vostra vita vi accorgerete di aver conosciuto moltissimi soffiatori di naso.
L’origine dell’espressione non è molto chiara: sembra sia un semplice scherzo partorito dal mondo contadino che sa trovare modi di dire pregni di sagacia. L’espressione è ben visibile nel Cecchi che tratta di un parassito che deride un oste esprimendosi con queste parole: «Vuol dare di becco, e commentar la legge, e parere il Tantusso, e quel che soffia il naso alle galline, e fare il dotto».
La stessa locuzione possiamo trovarla nell’arte poetica del Sacchetti il quale, apostrofando un tale che voleva a tutti i costi darsi arie di letterato, dice: «E tu con lo stampar quattro dozzine di sonettucci, credi immortalarti? Eh va’ a soffiar il naso alle galline».
Inoltrare? Meglio inoltrarsi
Checché ne dicano i vocabolari, lasciamo il verbo inoltrare al solo linguaggio burocratico: la pratica è stata inoltrata all’ufficio competente.
Noi, che amiamo il bel parlare e il bello scrivere, useremo il verbo suddetto, correttamente, solo nella forma intransitiva pronominale: inoltrarsi: ieri mi sono inoltrato nel bosco. Inoltrarsi cosa significa, infatti, se non proseguire verso l’interno, andare oltre?
Per quanto attiene al linguaggio burocratico, si potrebbe ovviare all’errore sostituendo inoltrare con altri verbi che fanno alla bisogna: inviare, spedire, sottoporre, trasmettere, presentare ecc. Ma tant’è.
Etimo.it - inoltrare

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