La sindaca
Ci scrive Enrico T.: "Le terminazioni in A delle desinenze in O indicano sovente la moglie e non il grado della militare vedere lo zingarelli dove marescialla indica la moglie del maresciallo in più con tono dispregiativo come nel film pane amore e dove la lollo viene nominata la bersagliera potrei le sue caratteristiche comandesche e via di seguito quindi maresciallo colonello architetto devono essere al maschile che in questo caso diventa neutro
ciao."
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Rispondiamo con le parole del linguista Luciano Satta:
Senza fare discussioni e raffronti morfologici, indichiamo alcuni femminili di professioni e di cariche da usare, secondio noi, liberamente: la deputata, la presidente, la magistrata, la consigliera, la vigile, la giudice, la soldata, la ministra, la sottosegretaria, la segretaria (anche di un partito), la sindaca.
Sappiamo tuttavia che ci sono molte resistenze; e siamo pronti ad arrenderci. Ma un momento. È lecito osservare che, quando ci sono parole composte con “vice-” per esempio, si rimane nel dubbio, perché non si sa se la “vicesindaca”, sicuramente donna, abbia la desinenza in “-a” anche perché è vice di una sindaca o solo perché è donna lei e può essere vice di un sindaco.
Però si converrà che lo stesso accade se diciamo “la vicesindachessa”, o “la vicesindaco” avendo scelto di chimare 'sindaco' una donna. Si arriva all'assurdo (teorico) che, detto “il sindaco” di una donna, dovremo fare lo stesso con la sua vice, chiamandola “il vicesindaco”; se manca il nome di battesimo abbiamo perciò i seguenti dubbi: “il vicesindaco” può essere un uomo, può essere una donna, può essere uomo vice di un uomo, uomo vice di una donna, donna vice di un uomo, donna vice di una donna. Si dovrà ammettere che con “la vicesindaca”, l'angosciosa incertezza di sesso e di anagrafe si riduce.
Rimarcare...
Un altro verbo che, a nostro modo di vedere e checché ne dicano i sacri testi, molto spesso viene adoperato impropriamente: rimarcare. Si sentono e si leggono, sovente, frasi del tipo “Gli sono stati fatti rimarcare, in quella circostanza, i suoi numerosi errori”. Bene, anzi male.
In questi casi, a nostro avviso, il verbo rimarcare è adoperato, se non in modo scorretto, impropriamente.
Rimarcare significa “marcare di nuovo”, cioè “segnare nuovamente”, “contrassegnare, di nuovo, con una marca”: tutti i cavalli della scuderia sono stati rimarcati. Non ci sembra corretto, dunque, adoperare il verbo in questione fuor di questo significato. A nostro avviso, insomma, non si può dare al verbo rimarcare un significato che non ha: notare, considerare, osservare e simili. Nel su citato esempio, quindi, si deve dire, "correttamente": Gli sono stati fatti notare, osservare...
Come dicevamo, i sacri testi ci contraddicono. Ma tant’è.
Turlupinare
Tutti conosciamo il significato di turlupinare, se non altro basta aprire un qualsivoglia vocabolario e leggere: ingannare, raggirare, gabbare, abbindolare.
È un francesismo che sconsigliamo decisamente essendoci, per l’appunto, i corrispettivi verbi italiani. Riteniamo interessante, però, portare a conoscenza degli amici blogghisti l’origine del verbo. Ci affidiamo a Enzo La Stella.
Verbo di uso non comunissimo, che significa prendere in giro o, peggio, imbrogliare e che deriva dal nome d’arte di Henry le Grand Belleville, famoso attore comico francese del Seicento; a un certo punto della sua carriera, Henry scelse il nomignolo di “Turlupin”, con cui interpretò varie parti satiriche di grande successo.
Tale nomignolo si rifaceva a una setta di eretici trecenteschi, che non usavano vestiti e che erano accusati di ogni sorta di eccessi, tanto che il loro nome aveva preso a indicare, genericamente, chiunque avesse fatto scherzi di dubbio gusto.
Tuttavia, il loro nome non sarebbe entrato nel lessico francese (“turlupiner”) e nel nostro senza la mediazione artistica di Henry che, supponiamo, scelse maliziosamente il nomignolo citato nella convinzione che esso, contenente il vocabolo “pine” (uno dei molti modi francesi per chiamare il membro virile) avrebbe fatto scompisciare dalle risa le platee di bocca buona.

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