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Gian Domenico Romagnosi
(✶1761 †1835)
«Sei tu romantico? – Signor no – Sei tu classico? – Signor no – Che cosa dunque sei? – Sono ilichiastico, se vuoi che te lo dica in greco, cioè adattato alle età – Misericordia! che strana parola! spiegatemela ancor meglio, e ditemi perché ne facciate uso, e quale sia la vostra pretensione.
La parola che vi ferisce l'orecchio è tratta dal greco, e corrisponde al latino aevum, aevitas, e per sincope aetas, la quale indica un certo periodo di tempo, e in un più largo senso, il corso del tempo. Col denominarmi pertanto ilichiastico io intendo tanto di riconoscere in fatto una letteratura relativa alle diverse età, nelle quali si sono ritrovati e si troveranno i popoli colti, quanto di professare principj, i quali sieno indipendenti da fittizie istituzioni, per non rispettare altre leggi che quelle del gusto, della ragione e della morale…
Ma la divisione di romantico e classico (voi mi direte) non è dessa forse più speciale? Eccovi le mie risposte: o voi volete far uso di queste parole per indicare nudamente il tempo, o volete usarne per contrassegnare il carattere della letteratura delle diverse età. Se il primo, io vi dico essere strano il denominare classica l'antica, e romantica la media e moderna letteratura. I tre periodi della storia antica, media e moderna sono fra loro distinti non da una divisione artificiale e di convenzione, ma da effettive rivoluzioni. Se poi volete adoperare le parole di classico e di romantico per contrassegnare il carattere dell'europea letteratura nelle diverse età, a me pare che usiate di una denominazione impropria…
Quando piacesse di contrassegnare la poesia coi caratteri delle diverse età, parmi che dividere si potrebbe in teocratica, eroica e civile. Questi caratteri hanno successivamente dominato tanto nella prima coltura, che fu sommersa dalle nordiche invasioni, quanto nella seconda coltura, che fu ravvivata e proseguita fin qui. Questi caratteri non esistettero mai puri, ma sempre mescolati. Dall'essere l'uno o l'altro predominante si determina il genere, al quale appartiene l'una o l'altra produzione poetica…
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Vengo ora alla domanda che mi faceste, se io classico o romantico; e ponendo mente soltanto allo spirito di essa, torno a rispondervi che io non sono né voglio essere né romantico, né classico, ma adattato ai tempi ed ai bisogni della ragione, del gusto e della morale. Ditemi in primo luogo: se io fossi nobile ricco, mi condannereste voi perché io non voglia professarmi o popolano grasso, o nobile pitocco? Alla peggio, potreste tacciarmi di orgoglio, ma non di stravaganza. Ecco il caso di un buon italiano in fatto di letteratura. Volere che un italiano sia tutto classico, egli è lo stesso che volere taluno occupato esclusivamente a copiare diplomi, a tessere alberi genealogici, a vestire all'antica, a descrivere o ad imitare gli avanzi di medaglie, di vasi, d'intagli e di armature, e di altre anticaglie, trascurando la coltura attuale delle sue terre, l'abbellimento moderno della sua casa, l'educazione odierna della sua figliuolanza. Volere poi che egli sia affatto romantico, è volere ch'egli abiuri la propria origine, ripudj l'eredità de' suoi maggiori per attenersi soltanto a nuove rimembranze specialmente germaniche…
Voi mi domanderete se possa esistere questo terzo genere, il quale non sia né classico né romantico? Domandarmi se possa esistere è domandarmi se possa esistere una maniera di vestire, di fabbricare, di conversare, di scrivere, che non sia né antica, né media, né moderna. La risposta è fatta dalla semplice posizione della quistione. Ma questo terzo genere sarà desso preferibile ai conosciuti fra noi? Per soddisfarvi anche su tale domanda osserverò primamente che qui non si tratta più di qualità, bensì di bellezza o di convenienza. In secondo luogo, che questa quistione non può essere decisa che coll'opera della filosofia del gusto, e soprattutto colla cognizione tanto dell'influenza dell'incivilimento sulla letteratura, quanto degli uffizj della letteratura a pro dell'incivilimento.
Non è mia intenzione di tentare questo pelago. Osserverò soltanto che questo terzo genere non può essere indefinito; ma dovrà essere necessariamente un frutto naturale dell'età, nella quale noi ci troviamo, e si troveranno pure i nostri posteri. Noi dunque non dobbiamo sull'ali della metafisica errare senza posa nel caos dell'idealismo, per cogliere qua e là le idee archetipe di questo genere; ma dobbiamo invece seguire la catena degli avvenimenti, dai quali nelle diverse età, essendo stata introdotta una data maniera di sentire, di produrre, e quindi di gustare e di propagare il bello letterario, ne nacque un dato genere, il quale si poté dire perciò un frutto di stagione di quella età. Per quanto vogliamo sottrarci dalla corrente, per quanto tentiamo di sollevarci al di sopra della ignoranza e del mal gusto comune, noi saremo eternamente figli del tempo e del luogo in cui viviamo. Il secolo posteriore riceverà per una necessaria figliazione la sua impronta dal secolo anteriore. E tutto ciò derivando primariamente dall'impero della natura che opera nel tempo e nel luogo, ne verrà che il carattere poetico o letterario, comunque indipendente dalle vecchie regole dell'arte, perché flessibile, progressivo, innovato dalla forza stessa della natura, sarà necessariamente determinato, come è determinato il carattere degli animali e delle piante, che dallo stato selvaggio vengono trasportate allo stato domestico.
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Posto tutto ciò, l'arbitrario nel carattere della letteratura cessa di per sé. Si potrà allora disputare bensì se il bello ideale coincide o no col bello volgare; se il gusto corrente possa essere più elevato, più puro, più esteso; ma non si potrà più disputare se le sorgenti di questo bello debbano essere la mitologia pagana piuttosto che i fantasmi cristiani, i costumi cavallereschi piuttosto che gli eroici, le querce, i monti o i castelli gotici, piuttosto che gli archi trionfali, le are e i templi greci e romani. Il carattere attuale sarà determinato dall'età o dalla località: vale a dire dal genio nazionale eccitato e modificato dalle attuali circostanze, il complesso delle quali forma parte di quella suprema economia, colla quale la natura governa le nazioni della terra…
Finisco quest'articolo col pregare i miei concittadini a non voler imitare le femminette di provincia in fatto di mode, e ad informarsi ben bene degli usi della capitale. Leggano gli scritti teoretici, e soprattutto le produzioni della letteratura settentrionale, e di leggieri si accorgeranno che se havvi in essa qualche pizzo di romantica poesia, niuno si è mai avvisato né per teoria né per pratica di essere né esclusivamente romantico né esclusivamente classico nel senso che si dà ora abusivamente a queste denominazioni. Troveranno anzi essersi trattati argomenti, e fatto uso di similitudini e di allusioni mitologiche anche in un modo, che niun latino si sarebbe permesso. Il solo libro dell'Alemagna della signora di Staël ne offre parecchi esempi.
Il pretendere poi presso di noi il dominio esclusivo classico, egli è lo stesso che volere una poesia italiana morta, come una lingua italiana morta. Quando il tribunale del tempo avrà decretata questa pretensione, io parlerò con coloro che la promossero. »
Romagnosi e la Massoneria
Durante il periodo del Regno italico, Romagnosi fu iniziato massone nella Loggia "Reale Giuseppina" di Milano, di cui fu in seguito Maestro Venerabile. Fu Grande Esperto all'atto della fondazione del Grande Oriente d'Italia, esponente di primo piano della Massoneria di Palazzo Giustiniani, fu Grande Oratore aggiunto del Grande Oriente d'Italia e in questa funzione autore di vari discorsi massonici.
Fonte: Wikipedia, l'enciclopedia libera
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