Nomi propri abbreviati
13. I nomi propri di persona nel parlare familiare, nelle commedie e nei dialoghi più confidenziali si usano spesse volte accorciati per vezzo e per lo più con assimilazione della penultima sillaba all'ultima. Alcune delle più frequenti abbreviature sono Gigi per Luigi; Cecco per Francesco; Gianni o Nanni per Giovanni; Beppe o Geppe per Giuseppe; Tonio o Togno per Antonio; Cencio per Vincenzo; Maso per Tommaso; Betta per Elisabetta; Gegia per Teresa; Gigia per Luisa; Nena per Maddalena, ed altre.
Non parliamo di quelle abbreviature che sono ormai riguardate come nuovi nomi; per esempio Corso da Accurzio, Manno da Alamanno, Neri da Ranieri, Nuto da Benvenuto, Vieri da Olivieri, Gino da Ambrogino, Cino da Guittoncino; le quali per conseguenza si conservano sempre.

Nomi propri al plurale
14. I nomi propri di persona si possono adoperare in plurale nei seguenti casi:
per indicare più persone dello stesso nome
per maggiore enfasi, e per mettere un personaggio più in evidenza. Al quale uso corrisponde nel singolare l'uso del nome proprio con l'articolo indeterminato un.
quando il nome proprio è adoperato come tipo d'una classe di persone, d'una virtù, d'un vizio ecc. (figura d'antonomasia).
quando si vuole indicare col nome dell'autore quello dell'opera da lui fatta o messa in luce; per esempio vidi tre Raffaelli, possiedo cinque Danti, ho dodici Aldi, per dire: tre quadri di Raffaello Senzio, tre copie della Divina Commedia, dodici edizioni di Aldo Manuzio.
Anche i nomi propri geografici si fanno talvolta al plurale.

Sostantivi verbali
15. I sostantivi verbali in -tore, -trice non si possono formare a capriccio da tutti quanti i verbi, ma conviene restringersi a quelli soli che sono già nell'uso moderno della lingua, e adoperarli in senso nominale, piuttosto ché verbale. Invece di tali sostantivi si usa la costruzione del relativo con un verbo; per esempio invece di toccatore si dice chi li tocca: invece di fui la cominciatrice, fui quella che cominciò.