Andiamo a pusignare
State tranquilli, amici blogghisti, il verbo che avete appena letto non ha nulla di osceno anche se non molto adoperato; per taluni, forse, addirittura sconosciuto.
Alcuni vocabolari lo classificano fra i termini di uso regionale, ma è attestato nel vocabolario degli Accademici della Crusca quindi — a nostro modesto avviso — di uso nazionale.
Ma cosa sta a indicare? È presto detto: consumare un piccolo pasto dopo aver cenato. È un cosiddetto verbo denominale perché derivato dal sostantivo pusigno.
Questo indica un pasto leggero che si fa a tarda ora, generalmente dopo il teatro o il cinema o quando si è cenato da parecchio tempo ma si sente una certa languidezza di stomaco.
Etimo.it
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La «tripanofobia»
«Gentilissimo dott. Raso,
il suo prezioso sito mi è stato segnalato da un amico, che lo ha scoperto per caso: cercava una regoletta grammaticale non riportata nelle comuni grammatiche. Ho visto che risponde anche ai quesiti che le vengono sottoposti. Approfitto, quindi, della sua non comune cortesia per sapere se esiste un termine atto a indicare la paura delle iniezioni. Ho cercato, invano, nei vocabolari in mio possesso. Può dirmi qualcosa in merito? Grato se avrò una risposta.
Corrado S.
Carbonia»
Cortese Corrado, il termine che lei cerca, effettivamente, non esiste, per questo non è a lemma nei vocabolari. Si potrebbe creare, però, tripanofobia, composto con le voci greche τό τρύπανον (trypanon), arnese chirurgico acuminato, e -φοβία (-fobia), paura, sulla scia di agorafobia, claustrofobia ecc.
PS. Il prof. Marco Grosso, moderatore del sito Cruscate, mi fa notare che per quanto attiene alla paura degli aghi (iniezioni) si usa il termine belenofobia. Il vocabolo non è a lemma nei comuni vocabolari, si trova, però, in alcune pubblicazioni.
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Il per concessivo
Il linguista Luciano Satta consiglia un uso parco del così detto per concessivo. «Il tipo sintattico per + aggettivo + verbo al congiuntivo (Per ricco che tu sia) è assai frequente.
Non diremo di condannarlo del tutto, ma è consigliabile non abusarne. Alcuni esempi.
"Odiava... quel figuro, per biondo che fosse" (Gadda); "Per dura che fosse la vita di quella gente..." (Cassola); "Per tremende che fossero le verità" (Pratolini); "L'acqua, per profonda che sia..." (Moravia); (...).
E c'è anche l'esempio autorevole del filologo Giorgio Pasquali: "Per straniera che sia la parola..."».
A nostro modestissimo avviso crediamo che coloro che amano il bel parlare e il bello scrivere...

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