Il filo, i fili; la fila, le file

Chi di voi, gentili navigatori, non ha mai fatto una fila davanti a uno sportello bancario o a quello di un ufficio postale? Seguivate le file o le fila? In altre parole, cortesi amici e amatori della lingua, bisogna dire file o fila? Perché questi due plurali confondono le idee e fanno cadere in errori marchiani un po' tutti?
Non c'è discorso in cui l'illustre oratore non inciampi nelle fila del partito o non inviti i suoi sostenitori a stringere le fila dove questo fila è errato. La nostra lingua, si sa, è piena di regole e sottoregole, di eccezioni e controeccezioni, ma forse è troppo ignorata anche da chi, per mestiere, non dovrebbe farlo: la stampa. Tempo fa, su un grande giornale d'informazione, abbiamo letto un serrare le fila che ci ha fatto strabuzzare gli occhi. Vediamo, quindi, di fare un po' di chiarezza.
In italiano esiste un sostantivo femminile singolare la fila, cioè una serie di persone o cose più o meno allineate una dietro l'altra (la fila all'ufficio postale, per esempio), che ha un plurale le file. Diremo, perciò, che davanti a quel negozio — in occasione dei saldi — si sono formate lunghissime file (non fila) di persone, e che i militari rompono le file, rompono, cioè, il loro allineamento.
Vi è, poi, un altro sostantivo di genere maschile, il filo, esattamente il prodotto di una filatura (un filo di lana, di cotone, ecc.) con due plurali, uno regolare maschile e uno irregolare femminile: i fili e le fila. Il plurale più comune e, per tanto, più adoperato è quello regolare: i banditi hanno tagliato i fili del telefono; alla signora hanno rubato quattro fili di perle; si sono sfilati tutti i fili delle calze.
L'altro, quello irregolare (il femminile le fila), si adopera, generalmente, in senso collettivo per indicare più fili presi assieme: le fila del formaggio. Ma più spesso in senso figurato o traslato: le fila della congiura. Attenzione, quindi, amici, abbiamo le file del partito, dell'esercito, di un'associazione, ecc., non le fila.

11-02-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink


Fra Peppino o fra' Peppino?

Stupisce il constatare che molte persone, anche quelle così dette acculturate, mettano l'apostrofo a fra, troncamento di frate e scrivono, per esempio, fra' Peppino. Le parole tronche, in linea generale, non si apostrofano mai.
Chi metterebbe l'apostrofo in altri simili troncamenti, come bel, per bello, gran, per grande, signor per signore ecc.? Scriveremo correttamente, quindi, fra Giuseppe, fra Paolo, fra Cristiano.
Davanti a nomi propri che cominciano con vocale non è consigliabile, però, per ragioni di suono, il troncamento: frate Antonio meglio che fra Antonio; frate Evaristo meglio che fra Evaristo; frate Emiliano meglio che fra Emiliano.
E per quanto attiene al plurale? La forma tronca resta invariata: è un monastero pieno di fra Giuseppi. Il troncamento di frate con l'apostrofo (fra') che, ripetiamo, è errato, lo abbiamo visto immortalato, purtroppo, in alcuni testi grammaticali.
Qui segnaliamo la grammatica di Bocchiola e Gerolin. Si clicchi sul collegamento in calce e al punto 12 della voce "elisione" si potrà leggere: «Fra' Tazio».
Google.it - iato

08-02-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink


Monastero e convento

«Gentilissimo dott. Raso,
monastero e convento si possono adoperare indifferentemente o c'è una differenza semantica tra i due termini? Complimenti per il suo lodevole impegno in difesa della nostra soave lingua, oggi, ahimè, sempre più succuba della lingua d'Albione.
Grazie e cordiali saluti
Cristoforo A.
Terracina (LT)
»

Cortese amico, nel linguaggio corrente i due termini sono considerati uno sinonimo dell'altro e vengono, quindi, adoperati indifferentemente. Ma una differenza semantica c'è e chi ama il bel parlare e il bello scrivere ne deve tener conto.
Questa differenza la spiega magistralmente Ottorino Pianigiani, al quale passo la 'parola'. Clicchi su:
Etimo.it - monastero
Etimo.it - convento

07-02-2019 — Autore: Fausto Raso — permalink