Passare in razza
A proposito di dirazzare, di cui abbiamo parlato giovedì scorso, per associazione di idee ci è venuto alla mente il modo di dire passare in razza. Questa locuzione è affine a quella latina promoveatur ut amoveatur (gli si dia una promozione per rimuoverlo).
Chi passa in razza, dunque? Colui (o colei) che viene insignito di un'alta carica puramente onorifica che in realtà, però, comporta l'allontanamento dai compiti importantissimi espletati dall'interessato. Si dice, insomma, di personaggi che vengono promossi di grado perché cessino di occuparsi di determinate e importanti attività.
L'espressione allude al trattamento riservato agli animali da competizione — in particolare cavalli e cani — i quali al tramonto della loro carriera agonistica vengono adibiti esclusivamente alla riproduzione; passano, quindi, in... razza. Di qui, per l'appunto, l'uso figurato della locuzione, adoperata anche in senso ironico o scherzoso.
Estatare e appulcrare
Ci piace segnalare, agli amici che seguono le nostre noterelle, due verbi forse poco conosciuti: estatare e
appulcrare.
Il primo è attuale perché significa trascorrere l'estate in una località diversa da quella usuale; il secondo, dal
sapore antico, significa abbellire.
Vediamo, in proposito, il Treccani e il Tommaseo-Bellini.
Alloppicare
Un altro vocabolo relegato nella soffitta della lingua e che ameremmo fosse rimesso a lemma nei vocabolari dell'uso, per l'esattezza il verbo alloppicare.
Adoperato nella forma pronominale sta (stava) per sonnecchiare, dormicchiare, appisolarsi e simili. Giulio, al cinema, s'alloppica sempre.

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