Dietro
Come preposizione impropria vale nella parte posteriore; al di là di un'altra cosa e si unisce direttamente al nome che segue: dietro la casa; dietro la piazza. Alcuni preferiscono accompagnarlo con la preposizione (semplice o articolata) a: dietro alla facciata; dietro al mobile. Riteniamo, questo, un uso non molto corretto e, quindi, da evitare in buona lingua italiana.
Dietro è di per sé una preposizione, sebbene impropria, per quale motivo (grammaticale) farlo seguire da un'altra preposizione? È obbligatoria, invece, la preposizione di quando dietro è seguito da un pronome personale: dietro di voi; dietro di loro. Quest'ultima preposizione (di) si tramuta in a, però, quando è espresso un concetto di moto a luogo (reale ofigurato): andava sempre dietro a lei; correva sempre dietro alla moda.
In funzione avverbiale dietro significa nella parte posteriore e spesso è accompagnato con altri avverbi di luogo o preceduto dalla preposizione di: sedeva dietro o di dietro, vale a dire nella parte posteriore.
E, sempre come avverbio, può assumere un valore temporale con il significato di dopo: ha commesso un errore dietro' l'altro.
Concludiamo queste due parole, due riportando quanto dice in proposito l'illustre linguista, ormai scomparso, Aldo Gabrielli, un padre della lingua:
«Con dietro si costruiscono numerose locuzioni scorrette che è necessario evitare; non si dica dietro sua domanda, ma a sua domanda; dietro consegna, ma alla consegna; dietro versamento ma contro versamento, all'atto del versamento; dietro il vostro intervento ma per il vostro intervento; dietro la vostra assicurazione ma dopo la vostra assicurazione (...)».
E tante altre ancora che omettiamo per non tediarvi oltre misura.
Mangiare un pollo alla Marengo
Ciò che avete appena letto non è un modo di dire, è interessante, però, conoscerne la storia. Chissà quanti amici lettori, amanti della buona cucina, hanno spesso assaporato un pollo così chiamato, anzi... cucinato, senza sapere che ciò che stavano gustando era un piatto partorito dalla Storia. Ma andiamo con ordine.
Tutti sappiamo che cos'è il marengo. Se non altro basta aprire un vocabolario e leggere: antica moneta d'oro da venti franchi. Questa moneta fu fatta coniare da Napoleone in seguito alla vittoria riportata sugli Austriaci il 14 giugno 1800 nei pressi di Marengo*, vicino ad Alessandria.
E il pollo che c'entra? È presto detto. Si narra che in quella storica giornata i cuochi militari dell'armata napoleonica, per festeggiare la vittoria, prepararono alla bell'e meglio un pollo cucinato con vino bianco, aglio, uova, funghi e pomodori.
Il piatto piacque moltissimo all'imperatore, che volle fosse chiamato, appunto, pollo alla Marengo affinchè i posteri, mangiandolo, ricordassero quello storico avvenimento.
* Battaglia di Marengo.
Malevole, malevolo
Navigando in Internet abbiamo scoperto che buona parte delle persone di cultura ritengono che si dica malevole e non, correttamente, malevolo.
Credono, insomma, che l'aggettivo in oggetto appartenga alla seconda classe, come facile, per esempio e abbia, quindi, un'unica desinenza, tanto per il maschile quanto per il femminile (-e, maschile e femminile singolare; i, maschile e femminile plurale).
No, la forma corretta è malevolo perché viene dall'aggettivo latino malévolus, della seconda declinazione, e la desinenza -us latina si tramuta normalmente nella terminazione -o del maschile italiano. È, quindi, un aggettivo della prima classe, come buono, le cui desinenze sono -o e -i per il maschile singolare e plurale, -a e -e per il femminile singolare e plurale.
Diremo, quindi, uno scritto malevolo, con il plurale malevoli e una critica malevola con il plurale malevole. Identico discorso per benevolo.

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